• Migranti, patto Italia-Albania : sì dalla Corte costituzionale albanese all’accordo

    Cinque giudici supremi su nove non si oppongono all’intesa Roma-Tirana sui centri temporanei di accoglienza. Ora l’ultimo passaggio parlamentare in Albania, poi l’implementazione dell’accordo

    La Corte costituzionale albanese vota a favore dell’accordo per la realizzazione dei centri di accoglienza dei migranti siglato dai governi italiano e albanese. A sostenerlo è una nota della Consulta che conferma così le anticipazioni del Corriere.

    La decisione

    Secondo le fonti 5 giudici – su 9 – della Consulta locale hanno stabilito che l’intesa siglata a Roma dai premier Giorgia Meloni ed Edi Rama risulta «conforme» alla costituzione albanese. Dopo questo pronunciamento ora è atteso un veloce passaggio parlamentare per approvare l’accordo.

    Le motivazioni

    «La Corte ha valutato che il “protocollo sulla migrazione” non stabilisce confini territoriali e neppure altera l’integrità territoriale della Repubblica d’Albania, pertanto non costituisce un accordo relativo al territorio dal punto di vista fisico», si legge nella nota ufficiale. E ancora: «La Corte ha valutato che nelle due zone in cui agisce il protocollo, si applica il diritto albanese, oltre al diritto italiano» e che «la Corte ha constatato che per i diritti e le libertà umane opera una giurisdizione duplice, il che significa che la giurisdizione italiana nelle due zone in questione non esclude la giurisdizione albanese». L’accordo, poi, «non crea nuovi diritti e libertà costituzionali e non impone restrizioni aggiuntive ai diritti e alle libertà umane esistenti, al di là di quanto previsto dall’ordinamento giuridico albanese».

    Il patto

    Lo scorso novembre Meloni e Rama hanno siglato l’intesa che prevede la realizzazione in Albania di due centri per l’identificazione e l’accoglienza dei migranti salvati nel Mediterraneo. La prima struttura, quella di «registrazione», secondo l’accordo dovrebbe sorgere al porto di Shëngjin, nel nord del Paese, mentre nell’entroterra dovrebbe essere costruito un centro di permanenza a Gjadër. Tirana si è offerta di accogliere fino a 3 mila migranti in attesa di sapere se possono mettere piede nel territorio italiano o devono essere rimpatriati, il tutto a spese di Roma. Il protocollo ha una validità di cinque anni, prorogabili automaticamente di altri cinque in assenza di rilievi da parte italiana o albanese.

    Il ricorso

    L’accordo era stato però fortemente osteggiato dall’opposizione albanese che, dopo aver raccolto le firme necessarie, aveva portato il patto Roma-Tirana alla Corte costituzionale. Il 13 dicembre scorso i giudici albanesi hanno ammesso il ricorso e lo scorso 18 gennaio hanno iniziato a esaminarlo. Due i punti da chiarire, in particolare: il presunto mancato rispetto della procedura di negoziazione e firma e la possibile violazione dei diritti umani.

    Il voto

    Negli ultimi giorni la Consulta ha poi ricevuto ulteriori documenti dalla parte ricorrente – oltre alle «memorie» difensive del governo – e dopo diverse ore di confronto, anche acceso, 5 giudici non muovono obiezioni all’accordo, gli altri 4 sì.

    https://www.corriere.it/politica/24_gennaio_29/migranti-patto-italia-albania-si-corte-costituzionale-albanese-all-accordo-

    #Italie #asile #migrations #réfugiés #Albanie #accord #externalisation #centres #cour_constitutionnelle #justice #accord

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    ajouté à la métaliste sur l’#accord entre #Italie et #Albanie pour la construction de #centres d’accueil (sic) et identification des migrants/#réfugiés sur le territoire albanais...
    https://seenthis.net/messages/1043873

    • Accordo Meloni-Rama: via libera della Corte costituzionale albanese

      Con cinque voti a favore e quattro contrari, la Corte costituzionale albanese ha convalidato il protocollo stipulato tra il premier Rama e la sua omologa Meloni sulla creazione di centri di accoglienza per migranti sul suolo albanese

      Ieri pomeriggio (29 gennaio) la Corte costituzionale albanese si è pronunciata sulla conformità del protocollo bilaterale stipulato il 6 novembre scorso sul trasferimento dei migranti nei centri situati a Gjadër e presso il Porto di Shëngjin.

      Il protocollo “è conforme alla Costituzione” cita il comunicato stampa della Corte, dando così il via libera al processo di ratifica da parte del Parlamento.

      Nella sua argomentazione, la Corte sostiene che il protocollo non incide sull’integrità territoriale dell’Albania sotto l’aspetto fisico. Nelle due aree previste per l’accoglienza dei migranti vige la giurisdizione albanese, oltre a quella italiana. Rimangono inoltre in vigore le norme del diritto internazionale in materia di migrazione e diritto di asilo, le cui convenzioni sono già ratificate da entrambi i paesi.

      La firma del protocollo tra i due premier si basa sul trattato di amicizia stipulato tra i due paesi nel 1995, il quale secondo la Corte funge da accordo quadro che permette al governo albanese di non necessitare della previa concessione di un mandato plenipotenziario di negoziazione da parte del Presidente della Repubblica.

      Il ricorso per incostituzionalità è stato presentato il 6 dicembre scorso da 30 deputati dell’opposizione provenienti dalle file del Partito Democratico e del Partito della Libertà.

      A seguito del pronunciamento della Corte, immediata è stata la reazione del promotore del ricorso, l’onorevole Gazment Bardhi sui social, il quale ha dichiarato : “Negare la trasparenza e soprattutto eludere l’opportunità di un parere consultivo da parte della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo sono una chiara indicazione che la Corte costituzionale ha perso fin dall’inizio l’opportunità di fare giustizia su questo caso”.

      Non sono mancate neanche le reazioni da parte delle organizzazioni della società civile. “La Corte costituzionale ha ignorato il fatto che sull’accordo non sono stati consultati i cittadini, soprattutto gli abitanti di quelle aree, e non sono stati nemmeno interpellati i gruppi di interesse”, recita il comunicato di Qëndresa Qytetare (Resistenza civica), associazione civica attiva nella promozione dei diritti dei cittadini.

      In segno di protesta, un gruppo di giovani ha deposto simbolicamente una corona di fiori all’ingresso della Corte costituzionale, per simboleggiare il “decesso” della giustizia.

      Nelle prossime settimane verrà pubblicata la decisione della Corte sulla Gazzetta Ufficiale, dando così il via al processo di ratifica da parte del Parlamento. Il Partito Socialista al governo detiene attualmente la maggioranza di 74 deputati sui 140 complessivi.

      https://www.balcanicaucaso.org/aree/Albania/Accordo-Meloni-Rama-via-libera-della-Corte-costituzionale-albanese-2

    • Albanie : la Cour constitutionnelle approuve l’accord avec l’Italie sur l’externalisation des demandes d’asile

      Bloqué par une procédure judiciaire, l’accord migratoire entre Rome et Tirana a finalement obtenu le feu vert de la Cour constitutionnelle albanaise. D’ici quelques mois, l’Albanie accueillera donc deux centres d’accueil pour les demandeurs d’asile secourus dans les eaux italiennes, malgré les nombreuses critiques visant le projet.

      Feu vert pour le projet italien. Lundi 29 janvier, la Cour constitutionnelle albanaise a approuvé la construction dans le pays de deux centres d’accueil pour les migrants secourus dans les eaux italiennes. L’accord entre Tirana et Rome « ne nuit pas à l’intégrité territoriale de l’Albanie », a tranché la Cour, faisant fi des nombreuses critiques d’ONG et de l’opposition albanaise qui l’avait saisie estimant que l’accord « violait la Constitution albanaise ».

      « Nous ne vendons pas un morceau de terre de l’Albanie », s’est défendu dans une interview à l’AFP le ministre albanais de l’Intérieur, Taulant Balla. « Nous offrons ces terres à l’Italie comme nous le faisons habituellement lorsque nous établissons une ambassade ».

      Cet accord ne nuit pas non plus, selon le communiqué de la Cour, « aux droits humains et aux libertés », et est « conforme à la Constitution albanaise ». Il doit maintenant être ratifié par le Parlement, ce qui devrait être une formalité puisque le Premier ministre et signataire de l’accord, le socialiste Edi Rama, y dispose d’une majorité.

      https://twitter.com/ecre/status/1752248412777353397

      Signé en novembre entre les deux pays, le texte prévoit l’ouverture d’un centre dans le port de Shëngjin (nord), servant à l’enregistrement des demandeurs d’asile. La structure sera construite sur un périmètre d’environ 240 mètres, et sera entouré d’une clôture de 4 mètres de haut, rehaussée de barbelés. Le centre de Gjader, lui, hébergera les migrants dans l’attente d’une réponse à leur demande d’asile.

      Ces deux centres qui seront gérés par l’Italie sur le territoire d’un pays qui ne fait pas partie de l’Union européenne (UE) - mais y aspire - pourront accueillir jusqu’à 3 000 migrants arrivés en Italie par voie maritime.
      Entre 650 et 750 millions d’euros

      Avec ce traité, les migrants récupérés en mer ne débarqueront pas en Italie, et ne fouleront même pas son sol. Ils seront directement emmenés vers les ports albanais. Rome contourne ainsi la responsabilité légale d’accueil qui lui incombe lorsqu’un demandeur d’asile est secouru sur son territoire, maritime en l’occurrence.

      En Italie, l’accord, avant même son éventuelle entrée en vigueur, a suscité de très nombreuses critiques. « Publicité électorale » en vue des élections européennes de juin, « inutile et coûteux », « inhumain et illégitime » : les députés d’opposition italiens n’ont pas manqué de dénoncer durement cet accord au cours du débat parlementaire.

      Ils en ont également critiqué le coût, estimé entre 650 et 750 millions d’euros sur cinq ans. Les dépenses pour la construction de ces deux centres et des infrastructures nécessaires, pour leur fonctionnement, pour la sécurité ainsi que pour les soins médicaux des demandeurs d’asile seront en effet couvertes à 100% par la partie italienne, selon les autorités albanaises.

      Un coût prohibitif qui s’ajoutent aux nombreuses critiques d’ONG et d’institutions contre le projet. L’International Rescue Committee (IRC) a fustigé un accord « déshumanisant », quand Amnesty International dénonçait une « proposition irréalisable, nuisible et illégale ».

      Le Conseil de l’Europe, lui, avait considéré en novembre que ce « régime d’asile extraterritorial se caractérise par de nombreuses ambiguïtés légales ». Il risque « d’aboutir à un traitement différent entre ceux dont les demandes d’asile seront examinées en Albanie et ceux pour qui cela se déroulera en Italie », avait estimé la commissaire aux droits de l’Homme du Conseil de l’Europe, Dunja Mijatovic dans un communiqué.

      Cela n’a pas empêché les députés italiens d’adopter le projet le 24 janvier, par 155 voix pour et 115 contre, avec deux abstentions. Le Sénat, où la coalition ultraconservatrice au pouvoir de Giorgia Meloni dispose d’une large majorité parlementaire, devrait aussi l’approuver sans difficulté.
      Faciliter les expulsions

      Le nombre de personnes tentant de rejoindre l’Europe via l’Italie a beaucoup augmenté l’an dernier. Selon le ministère italien de l’Intérieur, 157 652 personnes ont débarqué sur les côtes italiennes en 2023, contre 105 131 en 2022.

      Depuis quelques mois, Rome multiplie donc les mesures pour dissuader les exilés de débarquer sur son sol. Le 28 novembre, la Chambre des députés a voté à la majorité le décret Cutro 2, qui fixe notamment les conditions d’hébergement des exilés sur son sol. Avec la nouvelle législation par exemple, toute personne reconnue coupable, même avec une peine non définitive, de blessures corporelles sur des individus mineurs ou infirmes ne pourra entrer en Italie.

      Aussi, le délai de recours contre l’expulsion d’un étranger titulaire d’un titre de séjour de longue durée dans l’Union européenne est réduit de 30 à 15 jours.

      Le 24 septembre, un centre d’hébergement flambant neuf a par ailleurs été inauguré à Pozzallo en Sicile. Il accueillera uniquement les exilés provenant de « pays sûrs », qui ont donc très peu d’espoir d’obtenir une protection en Italie. Objectif affiché de cette nouvelle structure ? Accélérer le traitement des demandes d’asile, et donc les expulsions.

      https://www.infomigrants.net/fr/post/54855/albanie--la-cour-constitutionnelle-approuve-laccord-avec-litalie-sur-l

    • La Corte costituzionale albanese approva il Protocollo Meloni-Rama con un voto politico, ma contro la legislazione dell’Unione Europea

      1. Le notizie di agenzia diffuse in Italia non hanno fornito le motivazioni del voto della Corte Costituzionale albanese che, a stretta maggioranza (5 contro 4), ha dichiarato che il Protocollo Italia-Albania sulla esternalizzazione delle procedure di identificazione e asilo non viola la Costituzione albanese. Una decisione che non chiude affatto la questione della conrarietà del Protocollo con la legislazione dell’Unione Europea e con principi altrettanto rilevanti e di immediata applicazione sanciti dalla Costituzione italiana. Rimane poi una consistente parte dei parlamentari albanesi, oggi all’opposizione, che continua a ritenere che non sia stata rispettata la procedura per la negoziazione e la stipula dell’accordo, in quanto il suo oggetto rientrerebbe nella categoria di accordi che necessitano dell’autorizzazione preventiva del Presidente della Repubblica ai sensi dell’articolo 121, co. 1, lett. a) e b) della Costituzione, in quanto riguarda questioni di territorialità e diritti fondamentali. Se la decisione della Corte Costituzionale albanese sembra escludere la necessità della autorizzazione preventiva del Presidente della Repubblica, rimane aperta, anche in Albania la questione della possibile lesione dei diritti fondamentali della persona nei due nuovi centri che l’Italia dovrebbe aprire e gestire sotto giurisdizione italiana in territorio albanese.

      La ratifica del Protocollo da parte della Camera dei deputati in Italia ha lasciato aperte questioni che neppure la Corte costituzionale albanese ha risolto. Il riconoscimento dell’Albania non solo come “paese terzo sicuro”, ma come territorio nel quale si dovrebbe esercitare la “giurisdizione italiana”, non potrà certo legittimare respingimenti collettivi, vietati dall’art. 19 della Carta dei diritti fondamentali del’Unione Europea, pratiche illegali di privazione dela libertà personale o procedure di rimpatrio vietate dalla Direttiva 2008/115/CE, e dalle Direttive n. 32 e 33 del 2013, in materia di procedure e di accoglienza per richiedenti asilo.

      La Direttiva “rimpatri” 2008/115/CE si applica esclusivamente ai “cittadini di paesi terzi il cui soggiorno nel territorio di uno Stato membro è irregolare” (art.2). salva la possibilità di deroga nei casi di respingimento in frontiera, nel rispetto del principio di non refoulement (art.33 Conv. Ginevra 1951), delle procedure e delle garanzie fissate dall’art. 13 del Codice frontiere Schengen e in ogni caso dei divieti di respingimento collettivo richiamati anche dall’art. 19 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

      Secondo il vigente Regolamento Dublino n.604/2013, “ Ogni Stato membro mantiene la possibilità di inviare un richiedente in un paese terzo sicuro, nel rispetto delle norme e delle garanzie previste dalla direttiva 2013/32/UE”. La norma fa però riferimento a persone che comunque abbiano già uno status di richiedente asilo. Al riguardo la direttiva procedure appena citata individua chiaramente come ambito di applicazione il territorio degli Stati membri. In particolare, l’articolo 3 della direttiva 2013/32/UE (procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale) prevede che la direttiva si applichi “a tutte le domande di protezione internazionale presentate nel territorio, compreso alla frontiera, nelle acque territoriali o nelle zone di transito degli Stati membri” e che invece non si applichi “alle domande di asilo diplomatico o territoriale presentate presso le rappresentanze degli Stati membri”. Analogamente, l’articolo 3 della direttiva 2013/33/UE (norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale) prevede che la direttiva si applichi a “tutti i cittadini di paesi terzi e agli apolidi che manifestano la volontà di chiedere la protezione internazionale nel territorio di uno Stato membro, comprese la frontiera, le acque territoriali, o le zone di transito, purché siano autorizzati a soggiornare in tale territorio inqualità di richiedenti, nonché ai familiari, se inclusi nella domanda di protezione internazionale ai sensi del diritto nazionale” e che la direttiva non si applica invece “alle domande di asilo diplomatico o territoriale presentate presso le rappresentanze degli Stati membri”.

      Non si può neppure ritenere che il Protocollo firmato da Giorgia Meloni e da Edi Rama si collochi al di fuori del diritto dell’Unione europea, come pure era stato rilevato da qualche esponente della Commissione a Bruxelles, perchè se si arrivasse a questa conclusione la discriminazione tra le persone soccorse in acque internazionali e sbarcate in Albania, rispetto a quelle salvate nelle stesse acque internazionali, sempre da navi militari italiane, risulterebbe incompatibile con il principio di non discriminazione, affermato nella Costituzione italiana (art.3), nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e nella Convenzione europea sui diritti dell’Uomo. Come rileva la stessa Commissione europea, peraltro, al Protocollo “si applicano le leggi italiane, che comunque devono rispettare quelle comunitarie”.

      In ogni caso, non si può valutare il Protocollo Italia-Albania, e il relativo Disegno di legge di ratifica in Italia, come se il nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo approvato con una intesa politica dal Conisglio dell’Unione Europea del dicembre dello scorso anno, fosse già un atto legislativo. Si deve dunque considerare ancora come termine di paragone la vigente legislazione europea, comprensiva anche della Direttiva rimpatri 2008/115/CE e del Regolamento Dublino n. 604/2013, che non sono stati ancora sostituiti, modificati o rifusi secondo le norme più restrittive che si vorrebbero introdurre con il nuovo Patto sulle migrazioni e l’asilo, concordato tra rappresentanti del Consiglio, e del Parlamento pochi mesi fa, ma ancora privo di qualsiasi valenza normativa.

      2. Come al solito le notizie sui fatti reali, dunque sulla reale portata della sentenza della Corte costituzionale albanese sono assai rare ma, per quanto accessibili, possiamo riprendere le poche fonti di informazione che hanno riportato i contenuti della decisione dei giudici albanesi, mentre in Italia si è rimasti al livello della propaganda politica a favore, o contro i partiti di governo. Partiti che nel parlamento italiano hanno una tale maggioranza da fare approvare tutti i provvedimenti che varano, anche nelle forme semplificate dei decreti legge, che di fatto espropriano le assemblee elettive, grazie anche al ricorso sistematico al voto di fiducia, di quel potere di controllo sull’esecutivo che rimane l’ultima traccia di un pluralismo democratico che oggi in Italia, come del resto in altri paesi europei, e nella stessa Albania, non esiste più. E la vicenda del Protocollo Italia-Albania lo conferma in pieno, sempre che poi dai progetti di legge e dalle campagne elettorali si passi ai fatti. E dunque alla realizzazione delle due grandi strutture di accoglienza/detenzione che il Protocollo prevede siano costruite in Albania e gestite “sotto la piena giurisdizione italiana”, anche se ormai è chiaro che sarà necessario ricorrere al concorso delle forze di polizia albanesi, quantomeno per i trasferimenti in territorio albanese e per le procedure di rimpatrio forzato dagli aeroporti di quel paese.

      Secondo quanto riferito dal sito “Politiko”, la Corte costituzionale albanese ha ritenuto che “il diritto internazionale vincolante per la Repubblica d’Albania, relativo alle questioni relative all’immigrazione e all’asilo, è applicabile anche dalle autorità italiane a causa della ratifica degli accordi internazionali da parte della Repubblica d’Italia. In base a questa analisi, la Corte non non ha messo in dubbio l’esistenza della responsabilità dello Stato albanese per le questioni regolate dal Protocollo sulle Migrazioni, che trae origine non solo da norme costituzionali, ma anche dal diritto internazionale che regola la responsabilità degli Stati nell’ambito della sua attuazione extraterritoriale”. La Corte Costituzionale albanese ha quindi ritenuto che “in materia di diritti e libertà dell’uomo opera una doppia giurisdizione, il che significa che la giurisdizione italiana nei due ambiti in questione non esclude la giurisdizione albanese,”

      Sulla base di questa considerazione, come riferisce la stessa fonte, la Corte Costituzionale albanese è giunta alla conclusione che il Protocollo sulle migrazioni non rientra nella categoria degli accordi internazionali previsti dalla lettera b) del punto 1 dell’articolo 121 della Costituzione perché, in sostanza, non crea nuovi diritti e libertà costituzionali, né comporta ulteriori restrizioni ai diritti umani e alle libertà esistenti, oltre a quelle previste dall’ordinamento giuridico albanese. E dunque, “tenendo conto che da un lato la questione costituzionale in esame costituisce una innovazione nella giurisprudenza albanese, in particolare per la nozione di accordo internazionale sotto il profilo giurisdizionale relativo alla sovranità, e dall’altro il Protocollo sulla Migrazione non afferma in una qualsiasi delle sue disposizioni che il governo albanese è privato della giurisdizione sul territorio albanese, la Corte ha analizzato se il governo albanese disponesse dei poteri adeguati per la negoziazione e la firma del protocollo in questione. A questo proposito, “la Corte ha valutato che il Trattato di Amicizia e Cooperazione tra la Repubblica d’Albania e la Repubblica Italiana, del 1995, costituisce un accordo quadro internazionale che, ai sensi dell’articolo 180 della Costituzione, si considera ratificato ai sensi della Costituzione e costituisce base sufficiente per il Protocollo sulla migrazione dovrà essere negoziato con l’autorizzazione del Primo Ministro e poteri conferiti dal Ministro degli Affari Esteri, nonché firmato dallo stesso Primo Ministro. Per questi motivi, la Corte Costituzionale della Repubblica d’Albania, in base agli articoli 131, comma 1, lettera “b” e 134, punto 1, lettera “c”, della Costituzione, nonché degli articoli 52 e 52/a , lettera “a”, della legge n. 8577 del 10.02.2000 “Sull’organizzazione e il funzionamento della Corte Costituzionale della Repubblica d’Albania”, decide a maggioranza che il Protocollo tra il Consiglio dei Ministri della Repubblica d’Albania e il Governo della Repubblica italiana, “Sul rafforzamento della cooperazione nel campo dell’immigrazione”, è conforme alla Costituzione consentendo la sua ratifica da parte dell’Assemblea. Secondo quanto riportato dalla stessa fonte, “La decisione finale sarà resa motivata entro i termini di legge previsti dalla legge n. 8577 del 10.02.2000 “Sull’organizzazione e il funzionamento della Corte Costituzionale della Repubblica d’Albania”, come modificato dal Regolamento sulle procedure giudiziarie della Corte Costituzionale. In base all’articolo 52/a, comma 2, della legge organica, la decisione finale è comunicata al Presidente, all’Assemblea e al Consiglio dei ministri ed è inviata per la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. La decisione definitiva entra in vigore al momento della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e con l’entrata in vigore decade automaticamente la misura sospensiva”.

      3. Fatta la dovuta riserva sulla mancanza di una decisione finale e di un iter parlamentare che in Albania, a differenza di quanto successo in Italia, non si presenta affatto agevole, anche alla luce della strettissima maggioranza con cui la Corte costituzionale albanese ha dato via libera all’approvazione della legge di ratifica del Protocollo Meloni-Rama, le motivazioni della decisione dei giudici albanesi fin qui trapelate sembrerebbero corrispondere alle integrazioni apportate in Italia, in sede di ratifica del Protocollo, con una aggiunta importante sulla doppia giurisdizione, italiana e albanese, alla quale sarebbero sottoposti i due centri di accoglienza/detenzione, ammesso che si riesca ad aprirli, a Shengjin porto nel quale dovrebbe effettuarsi la identificazione e la selezione delle persone migranti e a Gijader struttura ubicata nella regione più interna del paese. Dove si dovrebbe realizzare la coesistenza, all’interno dell’area concessa all’Italia dalle autorità albanesi, di una parte destinata ad Hotspot, per le procedure accelerate in frontiera, ed una parte destinata a funzionare come centro per i rimpatri (CPR), alle quali dovrebbe aggiungersi una terza sezione destinata a carcere vero e proprio per quei migranti che si dovessero rendere responsabili di reati all’interno delle altre strutture. Insomma persino un carcere di alta sicurezza, il tutto formalmente sotto giurisdizione italiana, ma apprendiamo adesso dalla legge di ratifica in Italia, e dalla Corre costituzionale albanese, anche sotto la legislazione albanese, non sappiamo con quale compatibilità con il dettato della Costituzione italiana.

      La previsione che i centri in Albania, e dunque le persone che ci saranno deportate, potranno essere soggette alla legislazione, e dunque alla giurisdizione “europea, italiana ed albanese” costituisce soltanto un sotterfugio per aggirare gli ostacoli che venivano da parte albanese per la ratifica del Protocollo, di fronte alla previsione di una “piena giurisdizione italiana” da esercitare in territorio albanese, come hanno affermato da mesi i politici italiani, ma la soluzione inventata per quadrare il cerchio solleva problemi di compatibilità con il diritto internazionale dei rifugiati, con le normative europee vincolanti (alle quali l’Albania non è tenuta) in materia di procedure di protezione internazionale e di rimpatri forzati, e con le norme della Costituzione italiana in materia di uguaglianza (art.3), di asilo (art.10), di libertà personale (art.13), di diritti di difesa (art.24) e di ordine gerarchico delle fonti normative (art.117). Di certo la presenza di persone private della libertà personale all’interno delle strutture che si dovrebbero aprire in base al Protocollo Italia-Albania rende impossibile qualunque assimilazione al regine territoriale delle ambasciate italiane all’estero. Come rimane una mera dichiarazione di principio che il trattamento e la condizione giuridica delle persone sbarcate in Albania da navi militari italiane possa risultare del tutto corrispondente alla condizione giuridica delle persone migranti sbarcate in Italia e accolte o trattenute in centri italiani, siano Hotspot o Centri per il rimpatrio (CPR). Nè sembra che siano state richiamate con la dovuta evidenza, anche per le persone sbarcate in Albania, le norme che in Italia permettono il riconoscimento di una delle diverse forme di protezione speciale, soprattutto nei casi in cui ricorrano divieti di espulsione o di respingimento, anche con riferimento agli obblighi costituzionali dello Stato italiano.

      Gravi criticità rimangono evidenti nella individuazione dei soggetti cd. “vulnerabili”, che nella maggior parte dei casi dovrebbe avvenire nel tragitto dal luogo dei soccorsi in acque internazionali al porto di sbarco in Albania. Come si ricava dagli atti parlamentari, nella seduta della Camera dei deputati del 15 gennaio 2024, il rappresentante del Governo ha affermato che lo screening dei soggetti vulnerabili (considerando tali, “secondo la vigente normativa, i minori, minori non accompagnati, disabili, anziani, donne, genitori singoli con figli minori, vittime della tratta, persone affette da gravi malattie o disturbi mentali, persone che hanno subito torture, stupri o altre forme gravi di violenza psicologica, fisica o sessuale, vittime di mutilazioni genitali”) dovrebbe essere effettuato “nelle fasi immediatamente successive al loro soccorso o recupero, per mezzo di assetti navali a disposizione delle autorità statali, in modo da escludere che coloro che presentino vulnerabilità siano condotti in Albania”; il rappresentante del Governo ha anche affermato che “l’obiettivo dello screening preventivo da esperire a bordo di strutture idonee in mare, ove il migrante possa trovare un luogo sicuro in attesa della prossima destinazione, sarebbe dunque quello di alleviare l’impatto delle attività sui soggetti fragili riducendo il numero di stranieri da trasportare in Italia in un momento successivo, in relazione alle diverse posizioni accertate”. Il rappresentante del Governo ha rilevato infine che “resta ferma la possibilità di effettuare eventuali, ulteriori valutazioni di condizioni di vulnerabilità successivamente allo sbarco in Albania, presso le strutture adibite all’identificazione e alla primissima accoglienza. Al riguardo, osserva che non di rado la condizione di vulnerabilità può non essere immediatamente rilevabile mediante lo screening preventivo a bordo (ad esempio, coloro che si dichiarano vittime di tratta di esseri umani), richiedendo approfondimenti in una fase successiva” (Camera dei deputati, Commissioni I e III, seduta del 15 gennaio 2024)

      Si nota come nelle prime notizie diffuse dal governo Meloni circa navi di soccorso che trasferissero migranti salvati, o “recuperati” in acque internazionali si facesse ricferimento esclusivamente a navi militari italiane, e nel testo del Protocollo a “mezzi delle competenti autorità italiane, mentre con il disegno di legge di ratifica si è passati alla formula “assetti navali a disposizione delle autorità statali,“,con la previsione di una ingente somma di danaro da destinare evidentememte al noleggio di navi civili, per il trasporto dei naufraghi, perchè di naufraghi si tratta, verso l’Albania (e forse anche dall’Albania verso l’Italia). Rimangono assolutamente oscure, ed a alto rischio di violazione di diritti fondamentali, a partire dal diritto alla vita, le modalità di trasferimento e/o trasbordo (in acque internazionali ?) degli stessi naufraghi dalla prima nave soccorritrice, che presumibilmente sarà una nave militare italiana, verso una seconda nave (civile ?) che dovrebbe poi trasferirli e sbarcarli in un porto albanese. Si potrebbe anche configurare una ennesima forma anomala (senza convalida giurisdizionale) di trattenimento amministrativo a bordo dei traghetti, come si è già verificato durante l’emergenza da Covid 19 a bordo delle cd. “navi quarantena”.

      Non sembra comunque ammissibile operare una qualsiasi sorta di pre-idntificazione in assenza di mediatori, interpreti e di una adeguata informazione, già a bordo delle navi militari o civili che siano, che hanno operato i soccorsi in acque internazionali, e ritornare dunque alla prassi degli “sbarchi selettivi”, distinguendo, e separando, già su queste stesse navi soggetti vulnerabili e non vulnerabili, operando di fatto quella stessa distinzione tra i naufraghi già ritenuta illegittima dal Tribunale di Catania lo scorso anno.

      In ogni caso non sembra possibile escludere che, già a bordo degli “assetti navali a disposizione delle autorità statali”, le persone soccorse in acque internazionali godano dei diritti fondamentali riconosciuti dalle Convenzioni internazionali e dall’ordinamento italiano.. Quanti saranno soccorsi in acque internazionali e si trovano a bordo di ” assetti navali a disposizione delle autorità statali”, non possano essere sbarcati in Albania, dove veranno sottoposte anche alla legislazione albanese, ed ai poteri concorrenti della polizia albanese, senza una preventiva convalida giurisdizionale, e dunque sulla base della mera discrezionalità di polizia, subendo nei fatti un respingimento collettivo, senza alcuna possibilità di ricorso. Come se le persone soccorse in mare, dunque naufraghi, fossero riducibili alla condizione di oggetto e non più di soggetto di diritti, forse non “carichi residuali”, ma pur sempre “carichi” da sbarcare in un porto straniero, una volta esclusa, in modo che non potrà che risultare approssimativo, la loro vulnerabilità. Per non parlare dei trattamenti inumani o degradanti ai quali gli stessi naufraghi potrebbero essere sottoposti durante i lunghi trasferimenti, fino a quando rimarranno su navi militari evidentemente prive di adeguati spazi ricettivi, dai luoghi degli eventi di soccorso al porto albanese.

      4. Con il voto della Camera in Italia, e adesso con questa decisione della Corte costituzionale albanese, si è completamente disattesa la dichiarazione dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Türk, che aveva espresso “preoccupazione” per l’accordo. Secondo Turk, “Questi trasferimenti in Albania per adempiere alle procedure di asilo e di rimpatrio evitano importanti questioni relative ai diritti umani, in particolare la libertà dalla detenzione arbitraria e la necessità di garantire adeguate procedure di asilo, compresi lo screening e l’identificazione”.

      Non si vede soprattutto come le “procedure accelerate in frontiera” pure previste da Direttive europee e dalla legislazione italiana, possaono essere applicate sulla base di una finzione, come se la frontiera o il territorio prossimo alla frontiera (italiana) potesse delocalizzarsi fino all’esterno dell’Unione europea, in Albania. E dunque come se il diritto dell’Unione Europea fosse applicabile su persone che si trovano all’esterno degli Stati membri, Ed è proprio la recentissima decisione della Corte costituzionale albanese, che afferma il principio della doppia giurisdizione, a svelare i diversi profili di contrasto tra le prevision delle Direttive europee e il Protocollo Italia-Albania, come specificato nel disegno di legge di ratifica approvato in Italia dalla Camera.

      Per avviare i lavori di costruzione dei nuovi centri di accoglienza detenzione previsti in Albania “sotto giurisdizione italiana”, ma anche albanese, occorre ancora un voto del Parlamento albanese, dopo che la Corte costituzionale albanese avrà pubblicato tutte le sue motivazioni, ed il completamento dell’iter della legge di ratifica in Italia, con il voto del Senato. Non sembra prevedibile che le maggioranze assolute di cui dispongono Giorgia Meloni ed Edi Rama nei rispettivi parlamenti nazionali possano fallire l’obiettivo della ratifica del Protocollo. Dunque si può attendere l’ennesima ventata di propaganda con l’avvio dei lavori di costruzione e di riadattamento delle strutture previste a Shengjin e a Gijader proprio quando la campagna elettorale per le europee entrerà nel vivo. Difficile atttendersi in questa fase una posizione critica da parte di esponenti delle istituzioni europee, come la Presidente della Commissione Ursula Von der Leyen, o la Commissaria europea agli Interni Ylva Johansson, che hanno in vista il supporto della Meloni per uno scambio di voti nell’indicazione delle prossime presidenze europee. Al di là della propaganda, imane però il nodo del contrasto tra le norme internazionali, i principi costituzionali italiani, e le previsioni del Protocollo Italia-Albania. Una questione democratica, che non riguarda soltanto le persone migranti che saranno sbarcate in Albania.

      Si dovranno monitorare da vicino tutte le prassi amministrative che potrebbero seguire in materia di “procedure accelerate in frontiera” per i richiedenti asilo, e di trattenimento e di allontanamento forzato, per tutti coloro che neppure saranno ammessi ad una procedura di protezione internazionale, oppure saranno denegati in tempi tanto brevi da non consentire un esercizio effettivo dei diritti di difesa. Ammesso che, oltre la propaganda elettorale, le strutture di contenimento e di deportazione in Albania (perchè di questo si tratta) dei migranti soccorsi nelle acque internazionali del Mediterraneo siano davvero attivate. Anche se, a fronte dei tempi di trattenimento sempre più lunghi, non si raggiungeranno i numeri iperbolici promessi dalla Meloni (3000 persone al mese, 36.000 persone trattenute in un anno), ci si dovrà preparare ad una raffica di ricorsi a difesa delle singole persone soccorse in alto mare, pre-identificate su una nave italiana, deportate in Albania. Ricorsi che si dovranno sostenere ai più alti livelli della giurisdizione nazionale ed internazionale. Perchè fino a quando i governi non riusciranno a controllare del tutto la magistratura, rischio sempre più concreto anche a fronte della prevedibile valanga di destra che caratterizzerà le prossime elezioni europee, la giurisdizione, come l’informazione indipendente, rimangono gli unici argini per la difesa della democrazia e dei diritti umani in Europa, ed anche in Albania, se gli albanesi sperano davvero tanto di entrare nell’Unione Europea.

      https://www.a-dif.org/2024/01/30/la-corte-costituzionale-albanese-approva-il-protocollo-meloni-rama-con-un-vot

    • La Cassazione rinvia il “Decreto Cutro” alla Corte di Giustizia UE: in dubbio le “procedure accelerate in frontiera”, e dunque anche il Protocollo Italia-Albania

      1. Come era prevedibile dopo la requisitoria della Procura generale, la Corte di Cassazione, a sezioni unite, con una “ordinanza interlocutoria”, ha chiesto alla Corte di giustizia dell’Unione europea di pronunciarsi, in via pregiudiziale, sulla norma del Decreto Cutro che prevede il pagamento di una cauzione da parte dei richiedenti asilo provenienti da paesi terzi sicuri per evitare il trattenimento amministrativo durante la cd. “procedura accelerata in frontiera”. La stessa Corte di Cassazione ha chiesto che la questione pregiudiziale sia trattata con procedimento d’urgenza; sospendendo il giudizio sui ricorsi presentati dal governo, tramite l’Avvocatura dello Stato, contro la mancata convalida dei decreti di trattenimento emessi dal Questore di Ragusa, pronunciata dai giudici Apostolico e Cupri del Tribunale di Catania. Il procedimento di fronte alla Corte di Cassazione proseguirà dunque dopo la pronuncia della Corte di giustizia dell’Unione europea, ma alcune motivazioni adottate dai giudici della Cassazione potranno avere effetti immediati sulle procedure accelerate in frontiera, in particolare sulle norme che a tale riguardo prevedono il trattenimento amministrativo generalizzato dei richiedenti asilo provenienti da “paesi terzi sicuri, qualora in assenza di documenti identificativi non venga prestata una garanzia finanziaria , e quindi anche sulla attuazione del Protocollo Italia-Albania, che punta proprio ad esternalizzare le procedure accelerate in frontiera e la detenzione amministrativa prevista nei loro confronti dal “Decreto Cutro”.

      Per quanto la Corte di Cassazione sembri accogliere quasi per intero le motivazioni della Procura generale che, a sua volta, riprendeva le principali tesi del ricorso del governo rappresentato dall’Avvocatura dello Stato, è evidente che il dubbio e quindi la questione posta dai giudici italiani alla Corte di Giustizia dell’Unione europea riguarda un punto centrale del “Decreto Cutro” (legge 50 del 2023) e dunque la legittinità dei provvedimenti adottati dalla questura di Ragusa, nella fase di prima applicazione del decreto nel centro Hotspot di Modica-Pozzallo, con il trattenimento dei richiedenti asilo provenienti da “paesi terzi sicuri”, trattenimento che non era stato convalidato dai giudici del Tribunale di Catania. Tra le altre motivazioni di fatto e di diritto per cui i decreti di trattenimento adottati dal questore di Ragusa non potevano essere convalidati, i giudici Apostolico e Cupri osservavano che l’art. 6-bis del d.lgs. n. 142 del 2015, come modificato dal cd. “Decreto Cutro”, prevede una garanzia finanziaria la cui prestazione si configura non come misura effettivamente alternativa al trattenimento, ma come un requisito imposto al richiedente asilo, proveniente da un “paese terzo sicuro”, per evitare il trattenimento amministrativo, requisito che nella pratica non si sarebbe mai potuto adempiere.

      La Corte di Cassazione, a sezioni unite, riconduce la maggior parte dei motivi di ricorso del governo alla questione pregiudiziale che solleva davanti alla Corte di Giustizia UE e dunque ” al rapporto tra la valutazione caso per caso – che si richiede sia espressa in motivazione da parte dell’autorità amministrativa per il trattenimento alla frontiera onde stabilirne la necessità, la ragionevolezza e la proporzionalità a fronte della effettiva impraticabilità di misure alternative – e la prestazione della garanzia finanziaria, che, per come disciplinata dal diritto interno, non appare sintonica con il fine perseguito”. Tutte le altre motivazioni dei ricorsi presentati dal governo sembrano dunque assorbite da questa questione, e pertanto la Corte di Cassazione non tratta, e quindi neppure smentisce, i diversi rilievi di fatto e di diritto che avevano spinto il Tribunale di Catania, con diversi provvedimenti, a negare la convalida dei decreti di trattenimento adottati dal Questore di Ragusa. Anche se poi si afferma “La necessità di sollevare questione pregiudiziale interpretativa degli articoli 8 e 9 della direttiva 2013/33/UE per emanare la sentenza discende altresì da una prognosi, ad una prima valutazione, di non manifesta infondatezza dei motivi del ricorso del Ministero dell’interno e del Questore della Provincia di Ragusa attinenti al profilo della “erronea affermazione della non applicabilità della procedura accelerata ai sensi dell’art. 28-bis d.lgs. n. 25/2008 e degli artt. 31, 33 e 43, direttiva 2013/32/UE”. “Prognosi ad una prima valutazione” che però non affronta specificamente i diversi problemi di legittimità dei decreti di trattenimento del questore di Ragusa non convalidati dal Tribunale di Catania. Il rinvio alla Corte di Giustizia riguarda comunque i primi casi affrontati dalla dott.ssa Apostolico, mentre la Cassazione si è riservata di decidere su altri otto successivi ricorsi del governo, sui quali potrebbe pronunciarsi dopo la decisione dei giudici di Lussemburgo, magari per giustificare comunque la legittimità degli ulteriori decreti di trattenimento adottati dal Questore di Ragusa.

      2. Dopo un richiamo a vari precedenti della Corte di Giustizia UE, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione affermano come “Da tali pronunce si evince, tra l’altro, che gli articoli 8 e 9 della direttiva 2013/33 ostano a che un richiedente protezione internazionale venga trattenuto per il solo fatto che non può sovvenire alle proprie necessità; ostano pure a che tale trattenimento abbia luogo senza la previa adozione di una decisione motivata che disponga il trattenimento e senza che siano state esaminate la necessità e la proporzionalità di una siffatta misura. L’eccezionalità della misura del trattenimento e la soggezione della stessa ai principi di necessità e proporzionalità inducono a giustificare il trattenimento solo qualora non siano applicabili efficacemente misure alternative meno coercitive, il cui catalogo è esemplificato dall’art. 8, paragrafo 4. Le misure «alternative» al trattenimento non sono definite nel dettaglio; si tratta comunque di limitazioni dei diritti umani dei richiedenti che, se non ingerenti quanto il trattenimento, non di meno devono applicarsi, quando comunque vi siano motivi legittimi per il trattenimento, sulla base di una valutazione caso per caso di necessità, ragionevolezza e proporzionalità”. Si osserva in particolare come “Il punto fondamentale – allora – è dato dal nesso tra la previsione della garanzia come misura alternativa al trattenimento e la valutazione caso per caso che si richiede ai fini della decisione di trattenimento, da esprimere necessariamente nella motivazione del provvedimento dell’autorità amministrativa”. Sfidiamo chiunque a trovare una qualsiasi traccia di motivazione individuale su questo specifico punto nei decreti di trattenimento adottati dalla questura di Ragusa, nei casi di mancata convalida da parte della giudice Apostolico di Catania. Oggetto a suo tempo di una violenta campagna di odio e di diffamazione. Ma analoghe perplessità sulla motivazione persistono anche nei casi delle successive mancate convalide dei decreti di trattenimento adottati dalla Questura di Ragusa sulle quali è intervenuto il giudice Cupri, dello stesso Tribunale di Catania, a fronte di una parvenza di motivazione, che però le Sezioni Unite della Cassazione non hanno preso in considerazione, limitandosi al rilievo della questione pregiudiziale ed al rinvio ai giudici di Lussemburgo. Questioni complesse, che comunque impongono considerazioni differenziate sui dieci procedimenti, esaminati in tempi diversi dai giudici Apostolico e Cupri, con riferimento ai singoli casi, che non potrano certo essere eluse dopo la soluzione della questione pregiudiziale da parte della Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Intanto prendiamo atto che i dubbi sollevati dai giudici catanesi che non hanno convaldato i decreti di trattenimento amministrativo disposti dal Questore di Ragusa sono stati, almeno in parte, condivisi anche dalla Corte di Cassazione a Sezioni unite.

      La Corte, dopo avere affermato con la richiamata ” prognosi ad una prima valutazione”, di condividere i motivi di ricorso del governo e del Questore di Ragusa, afferma infatti un principio di diritto che va decisamente in favore dei provvedimenti di mancata convalida del trattenimento adottati dal Tribunale di Catania, ed a tale riguardo basta leggere le motivazioni dei giudici catanesi e confrontarle con la carente motivazione che si riscontra nei provvedimenti adottati dalla Questura di Ragusa nei confronti dei richiedenti asilo trattenuti in procedura accelerata “in frontiera” nel centro Hotspot di Modica-Pozzallo. Nelle ordinanze della dott.ssa Apostolico che non convalidava il trattenimento amministrativo si leggeva appunto come il provvedimento del questore non fosse corredato da una motivazione “idonea”, in quanto privo di una “valutazione su base individuale delle esigenze di protezione manifestate, nonché della necessità e proporzionalità della misura in relazione alla possibilità di applicare misure meno coercitive”.

      Secondo la Corte di Cassazione, “Il provvedimento che dispone il trattenimento deve essere corredato da motivazione, la quale esamini la necessità, la ragionevolezza e la proporzionalità di una siffatta misura rispetto alla specifica finalità, nonché l’effettiva impraticabilità delle misure alternative, sulla base di una valutazione caso per caso. Se così è, dovrebbe ostare all’osservanza del diritto dell’Unione una normativa nazionale che sia interpretata ed applicata nel senso che un richiedente protezione internazionale sia trattenuto per il solo fatto che non abbia consegnato il passaporto o altro documento equipollente, e ancor più che sia trattenuto perché non abbia prestato idonea garanzia finanziaria, stabilita in maniera rigida e non adattabile alla situazione individuale; vale a dire con modalità come quelle che si evincono nella riportata legislazione nazionale” .Nei provvedimenti adottati dal Questore di Ragusa non si rinviene traccia della valutazione “caso per caso” che la Corte di cassazione sembra ritenere una condizione imprescindibile di legittimità del trattenimento amministrativo dei richiedenti asilo provenienti da paesi terzi sicuri. Non si vede dunque su quali elementi la Corte di Cassazione, in sede di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione europea, fondi la sua”prognosi, ad una prima valutazione, di non manifesta infondatezza dei motivi del ricorso del Ministero dell’interno e del Questore della Provincia di Ragusa attinenti al profilo della “erronea affermazione della non applicabilità della procedura accelerata ai sensi dell’art. 28-bis d.lgs. n. 25/2008 e degli artt. 31, 33 e 43, direttiva 2013/32/UE“. E’ probabile che i giudici della Cassazione su questo punto dirimente non si pronuncino in attesa della decisione della Corte di giustizia UE, ma comunque. al di là della loro “prognosi ad una prima valutazione” (politica?),sembrano confermare i rilievi del Tribunale di Catania che ha rilevato il carattere illegittimo dei decreti di trattenimento adottati dalla Questura di Ragusa.

      3. Quanto riportato dalle principali agenzie di informazione e contenuto nella parte finale della decisione della Cassazione, secondo cui “ Il rinvio pregiudiziale attiene a una questione sul sistema europeo comune di asilo, il quale costituisce uno degli elementi fondamentali dell’obiettivo dell’Unione europea relativo all’istituzione progressiva di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia aperto a quanti, spinti dalle circostanze, cercano legittimamente protezione nell’Unione”, contiene una affermazione ovvia che non può coprire la contraddizione interna presente nella decisione della stessa Corte di Cassazione. La Corte, a sezioni unite, afferma pregiudizialmente di propendere per le tesi del governo e del questore di Ragusa, ricorrenti rappresentati dall’avvocatura dello Stato, ma fornisce motivazioni che vanno a rafforzare le motivazioni dei giudici catanesi, che non vengono certo definite “apparenti” come nel ricorso presentato dalla stessa avvocatura dello Stato. Motivazioni che, almeno sul punto della “garanzia finanziaria”, vengono sostanzialmente riprese proprio dai giudici delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione.

      Non sappiamo per quanto tempo resterà sospeso il procedimento davanti alla Corte di Cassazione relativo ai ricorsi del governo e del questore di Ragusa contro i provevdimenti del Tribunale di Catania, in attesa di una decisione, che pure è stata richiesta con procedura d’urgenza, da parte della Corte di Giustizia dell’Unione europea. Procedura d’urgenza che può essere adottata solo” in casi eccezionali”, e su questo punto di ammissibilità dovranno pronunciarsi entro alcune settimane i giudici europei. Di certo questa questione rimane aperta a Lussemburgo e lascia in sospeso l’operatività del cd. Decreto Cutro con riferimento alle procedure accelerate in frontiera previste per i richiedenti asilo provenienti da paesi terzi sicuri. Le conseguenze dei profili dubbi del trattenimento amministrativo generalizzato dei richiedenti asilo provenienti da “paesi terzi sicuri” , che si sono già tradotti nel blocco delle “procedure accelerate in forntiera” presso il centro Hotspot di Modica-Pozzallo, potrebbero ricadere anche sull’attuazione del Protocollo Italia-Albania, ammesso che si riesca a superare le gravi problematiche attinenti le strutture logistiche e gli adempimenti procedurali, previsti dalla legge di ratifica in corso di approvazione al Senato, per non parlare degli ineludibili profili di conrrasto con la normativa euro-unitaria, se non di incostituzionalità, che sembrano tanto gravi da bloccarne la effettiva applicazione. Se la prestazione di una “garanzia finanziaria” per evitare il trattenimento amministrativo dei richiedenti asilo provenienti da “paesi terzi sicuri” desta già tali perplessità per le persone che vengono sbarcate in territorio italiano, cosa potrebbero pensare i giudici italiani e le corti internazionali di una analoga “garanzia finanziaria” nel caso di persone “trasportate” in Albania ? Oppure, queste persone sarebbero escluse dalla possibilità di prestare una analoga garanzia finanziaria, ancora prevista dalla legislazione italiana, con evidente violazione della normativa europea e del principio di non discriminazione?

      Non rimane che attendere un esercizio imparziale della giurisdizione, con provvedimenti motivati sulla base del principio di legalità e non per ragioni politiche, sia in Italia che davanti alla Corte di Giustizia UE, per garantire il prncipio di non discriminazione, la certezza del diritto, le garanzie sulla libertà personale previste dalla Costituzione italiana e dalla normativa cogente europea, i diritti di difesa e, non da ultimo, il diritto alla protezione internazionale ed il divieto di espulsioni o respingimenti collettivi. Intanto nella fase finale della ratifica da parte del Parlamento italiano del controverso Protocollo Italia-Albania, sarebbe opportuno che si tenesse conto di quanto osservato dalla Corte di Cassazione a sezioni unite, e del rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione europa, anche al fine di evitare i ricorsi alla Corte costituzionale italiana che si potrebbero sollevare se si arriverà ad una prima applicazione del trattenimento amministrativo “generalizzato” nelle “procedure accelerate in frontiera” in territorio albanese, nelle aree concesse in uso alle autorità italiane, ma sotto la “doppia giurisdizione” italiana ed albanese, come ha ribadito ancora di recente la Corte Costituzionale albanese.

      GIOVEDÌ 08 FEBBRAIO 2024 17.04.27

      == Migranti: avvocata, Cassazione conferma rilievi Apostolico =

      (AGI) – Ragusa, 8 feb. – “La Corte di Cassazione ha confermato i dubbi interpretativi che sono sorti dalla emissione del decreto Cutro”. Lo ha detto all’AGI Rosa Emanuela Lo Faro, avvocata di buona parte dei Migranti coinvolti nel procedimento per il quale la Corte Suprema ha sospeso la decisione sui trattenimenti nel Cpr di Pozzallo rinviado la materia alla Corte di giustizia europea. “Con questa ordinanza interlocutoria – ha proseguito Lo Faro – si chiarisce che le ordinanze della dott.ssa Apostolico avevano il solo scopo di applicare il diritto italiano in maniera conforme al diritto Unionale. Non fare politica o attaccare i politici, ma preservare la liberta’ di ogni singolo individuo”. (AGI) Rg3/Fab 081704 FEB 24

      GIOVEDÌ 08 FEBBRAIO 2024 16.34.05

      >>>ANSA/’Corte Ue si pronunci su fidejussione per i migranti’

      Ordinanza della Cassazione. Legale,confermati dubbi sul dl Cutro (di Marco Maffettone) (ANSA) – ROMA, 08 FEB – Il decreto Cutro finisce all’attenzione dei giudici della Corte di Giustizia Europea. E’ quanto stabilito dalle Sezioni unite civili di Cassazione che chiedono ai giudici della Ue di pronunciarsi, in tema di migranti provenienti da Paesi sicuri, sul segmento del decreto approvato dal Governo a settembre relativo alla garanzia finanziaria di circa 5mila euro che un richiedente asilo deve versare per evitare di essere trattenuto in un centro alla frontiera in attesa dell’esito dell’iter della domanda di protezione. In due ordinanze “interlocutorie” i giudici della Suprema Corte, accogliendo sostanzialmente la richiesta del procuratore generale, sollecitano ai giudici europei un intervento in via d’urgenza. Le Sezioni unite erano chiamate a vagliare 10 ricorsi del ministero dell’Interno sulle ordinanze con cui il tribunale di Catania non ha convalidato, nei mesi scorsi, i trattenimenti di alcuni migranti tunisini a Pozzallo, in applicazione di quanto disposto dal decreto Cutro. Nei due provvedimenti, entrambi di una ventina di pagine, le Sezioni Unite civili chiedono alla Corte Ue se le norme del Parlamento europeo e del Consiglio del 2013 “ostino”, in tema di garanzia finanziaria, “una normativa di diritto interno”. In particolare il quesito posto ai giudici con sede in Lussemburgo riguarda “gli articoli 8 e 9 della direttiva Ue del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale” e se “ostino a una normativa di diritto interno che contempli, quale misura alternativa al trattenimento del richiedente (il quale non abbia consegnato il passaporto o altro documento equipollente), la prestazione di una garanzia finanziaria il cui ammontare è stabilito in misura fissa – spiega la Cassazione – anziché in misura variabile senza consentire alcun adattamento dell’importo alla situazione individuale del richiedente, né la possibilità di costituire la garanzia stessa mediante intervento di terzi, sia pure nell’ambito di forme di solidarietà familiare”. In questo modo “imponendo modalità suscettibili di ostacolare la fruizione della misura alternativa da parte di chi non disponga di risorse adeguate, nonché precludendo la adozione di una decisione motivata che esamini e valuti caso per caso la ragionevolezza e la proporzionalità di una siffatta misura in relazione alla situazione del richiedente”. Per il legale di sei dei 10 migranti trattenuti dal questore di Ragusa e poi liberati dai giudici etnei Iolanda Apostolico e Rosario Cuprì, con questa decisione la “Cassazione ha confermato i dubbi interpretativi che sono sorti dalla emissione del decreto Cutro. Qui in Italia le leggi non sono chiare, perché dovrebbero essere compatibili con le norme internazionali e non si capisce se lo sono. Per questo la Suprema Corte ha investito della questione la Corte Ue”, afferma l’avvocato Rosa Maria Lo Faro. In merito alla “proceduta accelerata” nei trattenimenti, nell’udienza del 30 gennaio scorso, l’ufficio del pg rappresentato in aula da dall’avvocato generale Renato Finocchi Ghersi e dal sostituto procuratore generale Luisa De Renzis, l’ha definita “legittima e conforme alla legge”. Nella requisitoria il Pg ha sostenuto che “non si può trascurare quanto affermato dall’Avvocatura dello Stato circa la situazione di emergenza a Lampedusa, caratterizzata da flussi consistenti e ravvicinati in quella zona e dall’elevato numero delle domande di protezione internazionale così da rendere difficilmente gestibile la trattazione della domanda nel luogo di arrivo”. (ANSA). 2024-02-08T16:33:00+01:00 ANSA

      GIOVEDÌ 08 FEBBRAIO 2024 15.20.22

      Migranti: Albano (Md), verdetto Cassazione conferma Apostolico

      Migranti: Albano (Md), verdetto Cassazione conferma Apostolico (ANSA) – ROMA, 08 FEB – “La decisione delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione di chiedere la verifica di conformità al diritto Ue di alcune norme del decreto Cutro – dichiara la presidente di Magistratura democratica Sivia Albano – conferma che gli attacchi nei confronti della giudice Apostolico erano privi di senso anche sul piano giuridico. Le Sezioni unite confermano che c’è un problema di conformità alla direttiva delle norme che prevedono una garanzia finanziaria come alternativa alla detenzione nei centri”. “Quando il giudice rileva profili di illegittimità delle norme per la non conformità al diritto della Ue o alla Costituzione, – prosegue Albano – non lo fa certo per fare opposizione al Governo, ma esercita la funzione che la Costituzione e i trattati gli attribuiscono”. “Ciò significa anche – conclude Albano – che la pronuncia delle Sezioni unite non dovrebbe essere caricata di significati, in un senso o nell’altro. E’ un fisiologico controllo di legittimità: quello della Corte di Cassazione, quello della giudice Apostolico, quello di tutti i giudici che hanno ragionevolmente espresso dubbi su quel decreto”. (ANSA). 2024-02-08T15:20:00+01:00 COM-ANSA

      https://www.a-dif.org/2024/02/08/la-cassazione-rinvia-il-decreto-cutro-alla-corte-di-giustizia-ue-in-dubbio-le

  • Interior aplicará las devoluciones en caliente por el aval del Constitucional

    El Tribunal Constitucional respaldará en el pleno que se inicia mañana las devoluciones en caliente o rechazos en frontera regulados en la Ley de Seguridad Ciudadana que aprobó el Gobierno del PP en 2015. El Ministerio del Interior aplicará esta medida pese a que los dos partidos que forman el Gobierno la rechazaban. El PSOE recurrió la ley ante el Constitucional por entender que “vulneraba el derecho de los inmigrantes a la tutela judicial efectiva”. Unidas Podemos prometió impulsar la derogación de la Ley de Seguridad Ciudadana, conocida como ley mordaza, para prohibir las devoluciones en caliente.

    El Gobierno quiere esperar a conocer la redacción final de la sentencia al tratarse de un asunto muy delicado que ya enfrentó a los dos socios, PSOE y Unidas Podemos. Fuentes del Ministerio del Interior sostienen que las sentencias del Constitucional están para cumplirse y, por tanto, se seguirá aplicando esta medida con normalidad. Estas fuentes recuerdan, además, que el fallo llega avalado por un pronunciamiento similar del Tribunal Europeo de Derechos Humanos. “La política migratoria”, señalan en Interior, “es comunitaria y, por tanto, es difícil adoptar una medida sin contar con el consenso europeo”. La medida a la que se refieren sería una reforma legal para prohibir las devoluciones en caliente, algo que no parece entrar en la agenda del Ejecutivo.

    Fuentes de la dirección de Unidas Podemos admiten que para ellos es un tema “muy importante” pero no han tomado una decisión sobre cómo responderán a un fallo del Constitucional que todavía no conocen. En el pasado hubo enfrentamientos entre el ministro del Interior, Fernando Grande-Marlaska, y Pablo Iglesias por este asunto. El acuerdo al que llegaron fue esperar a la sentencia. Una vez publicada, solo quedaría el margen de cambiar la ley. Pero Interior prefiere aplicar el fallo sin más.

    El Constitucional avalará en su pleno de esta semana las expulsiones en caliente con algunas excepciones que afectan a los menores y personas o colectivos vulnerables. El texto ha sido acordado en una comisión compuesta por tres magistrados: Ricardo Enríquez, Antonio Narváez y Juan Antonio Xiol. Los dos primeros pertenecen al sector conservador, mayoritario, y el tercero, al progresista. El pacto alcanzado supone un giro radical respecto al texto que había elaborado el anterior encargado de la ponencia, Fernando Valdés, quien renunció a su puesto en el tribunal el mes pasado tras ser procesado por el Supremo por un supuesto delito de maltrato en el ámbito familiar.

    Lo que proponía Valdés en su proyecto de sentencia era que solo se consideraran legales las expulsiones en caliente cuando las personas afectadas hubieran entrado en España mediante un asalto masivo y de forma violenta. Valdés entendía que esta era la lectura más correcta de la sentencia dictada en febrero pasado por el Tribunal Europeo de Derechos Humanos. Ese fallo dio un aval al Estado español respecto a las devoluciones en caliente al considerar que las autoridades de Melilla no violaron la legalidad cuando acordaron la expulsión inmediata de dos inmigrantes de Mali y Costa de Marfil que saltaron la valla fronteriza en agosto de 2014.

    La sentencia pactada en la comisión tendrá un amplio respaldo en el pleno del Constitucional, según fuentes del tribunal. Hasta ahora, lo había impedido la persistencia de Valdés en defender que se pusieran condiciones a estas devoluciones. De hecho, en junio pasado se discutió un proyecto de sentencia que fue rechazado al entender la mayoría conservadora que el fallo de Estrasburgo no requería que solo pudieran acordarse legalmente las devoluciones en caliente para los asaltos masivos y violentos a las vallas de Ceuta o Melilla. De ahí que se formara una comisión paritaria entre conservadores y progresistas de la que, aparte de los tres mencionados, formó parte el propio Valdés hasta su renuncia.

    Al producirse la dimisión de este magistrado, el asunto quedó formalmente asignado al presidente del tribunal, Juan José González Rivas, quien como ponente de la resolución asumiría el criterio de la comisión. Ahora bien, este punto fue incluido a mediados de la semana pasada, mediante una adición al orden de día del próximo pleno, ya sobrecargado de materias. Ello provocó gran malestar en un sector minoritario del Constitucional, opuesto a debatir con prisas los aspectos más sensibles de la Ley de Seguridad Ciudadana, entre ellos el de los derechos de los inmigrantes.

    Dos factores han influido en las prisas con las que ahora se quiere ventilar un recurso que lleva cinco años pendiente. En primer lugar, el consenso existente sobre la cuestión. El tribunal no quiso hincarle el diente al asunto hasta que se pronunciara Estrasburgo, pero desde febrero, en que falló el Tribunal Europeo de Derechos Humanos, hubiera podido abordarlo. La urgencia que se quiere dar a este fallo deriva del interés del presidente del tribunal por dejar despejado el asunto antes de la posible renovación de los mandatos caducados en la institución, entre ellos el de la propia presidencia.
    Dos décadas de rechazos en frontera

    Las devoluciones en caliente llevan realizándose desde que se concluyó la construcción de las vallas de Ceuta y Melilla a finales de los años noventa. Al principio, las fuerzas de seguridad lo ocultaban, pero esta práctica comenzó a ser ampliamente documentada por diversas ONG a partir de 2002. Desde que el Gobierno de Mariano Rajoy las amparó con la Ley de Seguridad Ciudadana de 2015, tanto el PSOE como Unidas Podemos han prometido desde la oposición que acabarían con ellas, pero la realidad es que se han mantenido independientemente del color de quien gobierne.

    La sentencia del 20 de febrero del Tribunal de Estrasburgo, en la que se absolvía a España de haber vulnerado los derechos de dos migrantes cuando fueron entregados a las autoridades marroquíes inmediatamente después de saltar la valla de Melilla en agosto de 2014, generó las primeras tensiones en el Gobierno de coalición apenas seis semanas después de conformarse.

    El ministro del Interior, Fernando Grande-Marlaska, recibió con agrado la decisión que justificaba la devolución en el uso de la violencia de los inmigrantes y ya sugirió que la aplicaría, una postura que generó malestar entre los miembros de Unidas Podemos. “Elogiar sentencias que avalan la violación de derechos humanos no solo es lo contrario a lo que figura en el acuerdo de coalición, es además lo contrario de lo que desean la inmensa mayoría de los votantes del PSOE y de Unidas Podemos”, afirmaron entonces a EL PAÍS fuentes del grupo parlamentario de la formación. La polémica, sin embargo, acabó enterrada rápidamente por otras batallas y la emergencia sanitaria.

    Las entradas irregulares por tierra a Ceuta y Melilla (que incluyen los saltos, pero también otras vías como el ingreso con documentación falsa o escondidos en vehículos) apenas superan este año las 1.500 personas (la inmensa mayoría en Melilla) frente a las casi 5.000 del año anterior, según datos del Ministerio del Interior. La caída en picado de los intentos de colarse en ambas ciudades autónomas responde a las restricciones de movimientos y el cierre de fronteras impuesto por la pandemia. El foco se ha desviado de las vallas, pero las devoluciones se han seguido realizando, según el veterano activista de Melilla, José Palazón, fundador de la ONG Prodein.

    “No ha habido un cambio en la forma de actuación. Ni antes, ni después de la sentencia. En un intento de salto, los que pillan entre vallas han continuado siendo devueltos en caliente a Marruecos”, mantiene Palazón. “Lo conocemos por declaraciones de los que entran o por testimonios de los propios afectados, pero no son expulsiones documentadas”. Desde Ceuta, fuentes de la Guardia Civil, afirman que con la pandemia han dejado de detectarse movimientos de subsaharianos en torno a la valla, por lo que no se han ejecutado devoluciones.

    https://elpais.com/espana/2020-11-15/interior-aplicara-las-devoluciones-en-caliente-por-el-aval-del-constituciona
    #Ceuta #Melilla #Espagne #frontières #devoluciones_en_caliente #push-backs #renvois #expulsions #refoulements #Maroc #justice

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    FR : « Lors de la session plénière qui commence demain, la #Cour_constitutionnelle appuiera les #refoulements_express à la frontière régis par la loi de sécurité citoyenne que le gouvernement du PP a adoptée en 2015. Le ministère de l’intérieur appliquera cette mesure bien que les deux partis qui forment le gouvernement l’aient rejetée ».

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    Sur les « devoluciones en caliente » (https://seenthis.net/tag/devoluciones_en_caliente)
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    • Una riflessione sul rapporto tra migrazione e sicurezza a partire dalla questione della iscrizione anagrafica

      Io sono un uomo invisibile. No, non sono uno spettro, come quelli che ossessionavano Edgar Allan Poe; e non sono neppure uno di quegli ectoplasmi dei film di Hollywood. Sono un uomo che ha consistenza, di carne e di ossa, fibre e umori, e si può persino dire che possegga un cervello. Sono invisibile semplicemente perché la gente si rifiuta di vedermi: capito? (…) Quando gli altri si avvicinano, vedono solo quello che mi sta intorno, o se stessi, o delle invenzioni della loro fantasia, ogni e qualsiasi cosa, insomma, tranne me”.
      (R.W. Ellison, L’uomo invisibile - 1952 - Einaudi Torino 2009, p. 3).
      1.

      In questi ultimi giorni si è tornato a parlare molto dei c.d. Decreti sicurezza e di una loro possibile revisione. A riaprire il dibattito, da ultimo, la pronuncia della Corte costituzionale dello scorso 9 luglio con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 13 comma 1, lett. a) n. 2 del primo “decreto sicurezza” (Decreto Legge 4 ottobre 2018 n. 113) per violazione dell’art. 3 della Costituzione.

      Prima di dare conto del contenuto della decisione della Corte costituzionale, è opportuno ripercorrere, seppur brevemente, le tappe del percorso che ha portato i giudici della Consulta a intervenire. Per chiarire i termini precisi della discussione che è scaturita in questi anni e il senso della decisione finale assunta il 9 luglio, occorre inquadrare la questione in primo luogo da un punto di vista giuridico.

      Questa importante pronuncia ha riguardato appunto la legittimità costituzionale del primo Decreto Sicurezza approvato nel 2018 che doveva servire a impedire, almeno nelle intenzioni del legislatore, l’iscrizione dei richiedenti asilo, sulla base del titolo di soggiorno provvisorio loro rilasciato, nei registri anagrafici dei Comuni. Una modifica normativa volta a rendere ancor più precario lo status giuridico dei richiedenti asilo presenti nel nostro Paese, negando a costoro anche un legame fittizio con il territorio che avrebbe dovuto accoglierli. Una restrizione dal forte valore simbolico e di carattere tutto politico, frutto dei tempi.

      La nuova previsione normativa introdotta dall’art. 13 cit. ha animato, anche per questo, un forte dibattito e numerose sono state le prese di posizione da parte sia dei commentatori politici che dei tecnici del diritto. Un dibattito che purtroppo si è fermato alle problematiche più strettamente giuridiche sollevate dalla nuova normativa, tralasciando invece la questione della ratio ispiratrice della nuova disciplina. Una ratio che imporrebbe una riflessione più generale sulle problematiche legate ai fenomeni migratori e, nello specifico, sul tema dell’asilo e del rispetto dei diritti umani.

      Il tema della iscrizione anagrafica, infatti, ci consente non solo una riflessione sul contesto normativo che è stato oggetto di modificazione, ma anche sul significato profondo che assume il concetto di “asilo” nel nostro Paese.
      2.

      Negli anni il diritto d’asilo è stato più volte ridefinito generando anche confusione. Un diritto che affonda le sue radici nella storia antica, lo conoscevano bene i greci che riconoscevano al fuggiasco una sorta di inviolabilità per il solo fatto di trovarsi in un determinato luogo. “Veniva chiamata asilia l’inviolabilità a cui quel luogo dava diritto” [1].

      Un diritto che nel corso del tempo ha subito non pochi cambiamenti e che oggi è diventato uno strumento nelle mani dello Stato che ne dispone a proprio piacimento.
      Viene da pensare a quanto scrive la professoressa Donatella Di Cesare proprio a proposito del diritto d’asilo. Nel chiedersi se si tratti di un diritto del singolo che lo chiede o dello Stato che lo concede, la Di Cesare evidenzia come l’asilo sia divenuto “un dispositivo di cui gli Stati si servono per esercitare, anche in concreto, il loro potere sui migranti” [2]. Accade così che si assiste ad una duplice deriva che porta lo Stato a moltiplicare le barriere giuridiche e poliziesche e ad aumentare le restrizioni burocratiche e procedurali, con il fine dichiarato (non celato) di scoraggiare le richieste di asilo politico.

      Questo dibattito, direttamente connesso alla questione della iscrizione anagrafica “negata” ai richiedenti asilo, è stato purtroppo poco presente ed è stato messo in secondo piano rispetto invece alle questioni, non meno importanti, della discriminazione in essere nella normativa introdotta dal Decreto Legge n. 113 del 2018.

      Una precisa “discriminazione” nei confronti di una determinata categoria di soggetti, appunto i richiedenti asilo, rispetto ai quali, secondo i primi commenti, diveniva impossibile procedere all’inserimento nelle liste anagrafiche dei Comuni di residenza.

      Una norma, peraltro che, come osservato da autorevoli commentatori, si poneva in netto contrasto con la logica stessa dell’istituto dell’iscrizione anagrafica e con l’articolo 6 comma 7 del Testo Unico Immigrazione.
      3.

      Le discussioni che sono scaturite e lo scontro tra numerosi Sindaci, da una parte, e il Ministro dell’Interno dell’epoca, dall’altra, con i primi disposti anche a disapplicare la norma sui loro territori, sono state di fatto mitigate dagli interventi dei Tribunali italiani chiamati a decidere sui ricorsi d’urgenza presentati dai richiedenti asilo che si sono visti negato il diritto di procedere all’iscrizione presso i registri suddetti.
      Infatti, nella pratica, la modifica prevista dall’art. 13 del Decreto 113 del 2018 è stata immediatamente disinnescata dagli interventi dei giudici di merito chiamati a pronunciarsi sui ricorsi proposti. Numerose pronunce hanno riconosciuto il diritto del richiedente asilo alla iscrizione anagrafica addivenendo a una interpretazione della norma secondo la quale l’affermazione contenuta nell’art. 13 comma 1 lett. a) n. 2 avrebbe avuto soltanto l’effetto di far venire meno il “regime speciale” introdotto dall’art. 8 D.L. 17.2.17 n. 13 conv. in L. 13.4.17 n. 46 (secondo il quale i richiedenti asilo venivano iscritti all’anagrafe sulla base della dichiarazione del titolare della struttura ospitante) per riportare il richiedente asilo nell’alveo del regime ordinario (quello cioè della verifica della dimora abituale, come previsto anche per il cittadino italiano, al quale lo straniero regolarmente soggiornante è parificato ai sensi dell’art. 6, comma 7 TU immigrazione). Solamente in tre procedimenti i Tribunali di Trento e Torino hanno optato per una interpretazione diversa della norma optando per un divieto di iscrizione.
      4.

      Per rendere più chiara la comprensione dell’operazione compiuta dalla giurisprudenza di merito, proviamo a ricostruire, brevemente, uno dei tanti casi portati all’attenzione dei giudici italiani, nello specifico il caso di un cittadino di nazionalità somala che ha proposto ricorso d’urgenza dinanzi al Tribunale di Firenze contro il diniego all’iscrizione nei registri anagrafici opposto dal Comune di Scandicci. Nel ricorso proposto dal richiedente asilo si evidenziava come il requisito del regolare soggiorno nel territorio dello Stato potesse essere accertato mediante documenti alternativi al permesso di soggiorno rilasciati ai soggetti che hanno presentato domanda di riconoscimento della protezione internazionale, quali, ad esempio, il modello C3 di richiesta asilo presentato in Questura, oppure la ricevuta rilasciata da quest’ultima per attestare il deposito della richiesta di soggiorno o la scheda di identificazione redatta dalla Questura. Il Tribunale di Firenze ha ritenuto di poter accogliere il ricorso esprimendosi in favore del ricorrente.

      Nel motivare la propria decisione, il Tribunale, analizzando il contenuto letterale del nuovo comma 1-bis citato, sottolinea come esso si riferisca al permesso di soggiorno per richiedenti protezione internazionale quale titolo per l’iscrizione anagrafica e che, tuttavia, il sistema normativo di riferimento dalla stessa disposizione richiamato (il DPR n. 223 del 1989 e l’art. 6, comma 7 del T.U.I.), non richieda alcun “titolo” per l’iscrizione anagrafica, ma solo una determinata condizione soggettiva, i.e. quella di essere regolarmente soggiornante nello Stato. Inoltre, riconoscendo che l’iscrizione anagrafica ha natura di attività amministrativa a carattere vincolato, in relazione alla quale il privato ha una posizione di diritto soggettivo, evidenzia come «l’iscrizione anagrafica registra la volontà delle persone che, avendo una dimora, hanno fissato in un determinato comune la residenza oppure, non avendo una dimora, hanno stabilito nello stesso comune il proprio domicilio», sulla base non di titoli, ma delle dichiarazioni egli interessati o degli accertamenti ai sensi degli artt. 13, 15, 18-bis e 19 del citato DPR n. 223/1989. Pertanto, non essendo intervenuta alcuna modificazione dell’art. 6, comma 7, del T.U.I., sulla base del quale «le iscrizioni e variazioni anagrafiche dello straniero regolarmente soggiornante sono effettuate alle medesime condizioni dei cittadini italiani con le modalità previste dal regolamento di attuazione, ritiene il Tribunale che il nuovo comma 1-bis dell’art. 4 D.lgs. n. 142/2015 non possa essere interpretato nel senso di aver introdotto un divieto, neppure implicito, di iscrizione anagrafica per i soggetti che abbiano presentato richiesta di protezione internazionale.

      In conclusione, secondo la giurisprudenza di merito richiamata, se il legislatore avesse voluto introdurre un divieto, avrebbe dovuto modificare il già citato art. 6, comma 7 T.U.I., anche nella parte in cui considera dimora abituale di uno straniero il centro di accoglienza ove sia ospitato da più di tre mesi.
      5.

      Nonostante l’interpretazione prevalente della nuova normativa, la questione è stata portata all’attenzione della Corte costituzionale dai Tribunali di Milano, Ancona e Salerno che hanno comunque ritenuto fondata la questione di illegittimità costituzionale per violazione dei diritti fondamentali dei richiedenti asilo e per violazione del principio di eguaglianza.

      In data 9 luglio 2020 la Corte costituzionale ha così dato l’ultimo colpo alla normativa di cui all’art. 13 sancendone la illegittimità per violazione dell’art. 3 della Costituzione. In effetti, nel comunicato stampa diramato dalla stessa Consulta, in attesa di leggere le motivazioni complete della decisione, è scritto che “la disposizione censurata non è stata ritenuta dalla Corte in contrasto con l’articolo 77 della Costituzione sui requisiti di necessità e di urgenza dei decreti legge. Tuttavia, la Corte ne ha dichiarato l’incostituzionalità per violazione dell’articolo 3 della Costituzione sotto un duplice profilo: per irrazionalità intrinseca, poiché la norma censurata non agevola il perseguimento delle finalità di controllo del territorio dichiarate dal decreto sicurezza; per irragionevole disparità di trattamento, perché rende ingiustificatamente più difficile ai richiedenti asilo l’accesso ai servizi che siano anche ad essi garantiti”.

      I giudici costituzionali sono stati perentori nell’affermare che la norma censurata si pone in contrasto con l’art. 3 della Costituzione sotto molteplici profili e “sostanzialmente perché introdurrebbe una deroga, priva dei requisiti di razionalità e ragionevolezza, alla disciplina dell’art. 6, comma 7, del D.lgs. n. 286 del 1998” [3].

      In particolare il legislatore si troverebbe a contraddire la ratio complessiva del decreto-legge n. 113 del 2018 al cui interno si colloca la disposizione portata all’attenzione della Corte costituzionale. Infatti, “a dispetto del dichiarato obiettivo dell’intervento normativo di aumentare il livello di sicurezza pubblica, la norma in questione, impedendo l’iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo, finisce con il limitare le capacità di controllo e monitoraggio dell’autorità pubblica sulla popolazione effettivamente residente sul suo territorio, escludendo da essa una categoria di persone, gli stranieri richiedenti asilo, regolarmente soggiornanti nel territorio italiano” [4].

      In conclusione, finanche l’obiettivo primario perseguito dal legislatore verrebbe contraddetto dalla disposizione in esame che proprio per questa ragione sarebbe paradossalmente in contrasto persino con le esigenze dichiarate di maggiore controllo e sicurezza del fenomeno migratorio.

      Un vero paradosso se pensiamo che l’esclusione dalla registrazione anagrafica di persone che invece risiedono sul territorio comunale accresce anziché ridurre i problemi connessi al monitoraggio degli stranieri che soggiornano regolarmente nel territorio statale anche per lungo tempo.
      6.

      È sulla base di queste ultime osservazioni che è possibile articolare una breve riflessione complementare sulla giustapposizione ideologica e strumentale di “migrazione” e “sicurezza” e considerare la necessità/possibilità di ripensare, ancora rimandando tra gli altri ai lavori di Di Cesare, le modalità di coabitazione e di residenza in un territorio.

      In effetti oggi l’asilo e la “protezione internazionale” sono divenuti strumenti di gestione statale della migrazione (in senso generale) e dei corpi delle persone migranti (in senso più concreto), in un crescendo di categorizzazioni che hanno progressivamente ridotto il numero degli “aventi diritto”: da una parte attraverso processi di “vulnerabilizzazione” che hanno estremizzato le logiche selettive a detrimento del diritto di altri individui a presentare una richiesta di protezione. Non stiamo dicendo che i vulnerabili non vadano protetti, ma che non è possibile escludere gli altri dalla procedura perché non lo sono abbastanza.

      D’altra parte, attraverso un’evoluzione intimamente legata ai processi di esternalizzazione dei controlli e della gestione della migrazione da parte dell’UE, si sono fatti saltare i “fondamentali” del diritto d’asilo come diritto individuale, riducendo la questione a un’economia geopolitica che seleziona e distingue sempre più esplicitamente su base nazionale, a partire da assunti quali i “paesi terzi sicuri”, come l’Afghanistan, o i porti sicuri, come la Libia.

      Lo smantellamento e la limitazione dell’asilo come diritto fondamentale individuale, e il ridimensionamento delle prerogative e dei diritti dei richiedenti asilo che vanno inevitabilmente a minare le loro condizioni di vita e i loro percorsi di integrazione come nel caso dei decreti Salvini, rappresentano tra l’altro soltanto una parte, molto importante anche per la sua valenza simbolica, ma non preponderante di una degenerazione complessiva delle politiche in materia di migrazione in UE. Perché al peggioramento delle condizioni di vita dei richiedenti asilo corrispondono purtroppo anche un progressivo aumento dei dinieghi, e una sempre maggiore “esclusione” dei potenziali aventi diritto (e chiunque dovrebbe averlo) dalla procedura, a causa di pratiche espeditive di espulsione, a causa dei ritardi di compilazione della documentazione necessaria (C3), ecc. Volendo essere espliciti, chi accede alla procedura d’asilo rappresenta, oggi, alla fine, il “resto”, la rimanenza dell’insieme delle persone in migrazione che il dispositivo di controllo e di gestione globale (IOM, UE, Stati europei e paesi vicini collaborativi) non è riuscito a bloccare, nei paesi di partenza, di transito, nel Mediterraneo, negli hotspot, ecc...

      Rileggendo il deterioramento del sistema di asilo in questi anni, sia in termini di rispetto dei diritti fondamentali che in termini materiali di accoglienza, divenuta sempre meno una politica etica e sempre più un business e un terreno di confronto elettorale, non possiamo che constatare che il dispositivo di asilo (ideologico e pratico) si riduce sempre più, come conferma Di Cesare, ad uno strumento di gestione della migrazione, allo stesso modo che i regolamenti interni di gestione (Dublino), la gestione emergenziale dell’accoglienza, i dispositivi di gestione della frontiera (Frontex, Eunavformed) i processi di esternalizzazione, ecc. In questo senso, il deterioramento del sistema d’asilo rappresenta l’ultimo anello, il livello finale di una progressiva e generale “lotta alla migrazione”, dissimulata dietro retoriche di approcci globali e pratiche di politiche di esternalizzazione sempre più feroci (si veda il riferimento di Di Maio alla condizionalità negativa migrazione/sviluppo come forma istituzionalizzata di ricatto alla Tunisia) : lotta alla migrazione che ha visto estendersi progressivamente le categorie (e il numero) di indesiderabili, ridotti genericamente a “migranti economici” provenienti da paesi “’sicuri” o comunque “bloccati” dal dispositivo di controllo e gestione della mobilità imposto ai paesi terzi. L’erosione del diritto d’asilo va dunque letta anche all’interno di una più generale dinamica generale di riduzione dei diritti alla mobilità e all’installazione nei confronti di una certa tipologia di persone straniere da parte dei paesi dell’UE.
      7.

      Il presupposto problematico è che questi “diritti” destinati a persone straniere vengono sempre definiti e manovrati da coloro i quali sono nelle condizioni di doverli applicare, e le norme internazionali vengono ignorate, trascurate, aggirate invocando situazioni di “urgenza” e di sicurezza, che evidentemente si sono amplificate in questa stagione pandemica, e che si accompagnano all’armamentario ideologico dei nuovi sovranisti. Questo è vero per quanto riguarda le situazioni di frontiera, ontologicamente più fosche e meno trasparenti, all’interno delle quali norme meno restrittive (Cuttitta etc) si associano a pratiche in esplicita violazione dei diritti fondamentali, ma è vero anche per quanto riguarda l’articolazione dei dispositivi di accoglienza e più in generale la gestione della presenza sul territorio di persone straniere con status amministrativi differenti, e condizioni di marginalità (e sfruttamento) differenti. La difesa della patria, il “prima gli italiani” che si declina a livello regionale, provinciale e iperlocale in un ripiegamento identitario in abisso, rappresentano il corrispettivo ideologico delle politiche di esclusione e di “chiusura” che i paesi dell’UE hanno integrato trasversalmente, con qualche sfumatura più o meno xenofoba. E purtroppo la retorica xenofoba, che mixa ignoranza e paura, paura di invasione e di contagio, si abbatte sulla popolazione con la forza di media conniventi e ripetizione ad oltranza di notizie false, fuorvianti, imprecise, volte ad alimentare diffidenza e timore: “insicurezza”.

      In questo senso, sarebbe utile come accennavamo sopra, provvedere ad una genealogia della convergenza di “immigrazione” e “sicurezza”, al di là dell’assunto antropologico “atavico” che il pericolo arrivi da fuori, da ciò che non si conosce: ma è già possibile, attraverso la vicenda dell’iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo legata all’applicazione dei decreti salviniani, osservare che la “geografia” di questi decreti immigrazione e sicurezza è a geometria variabile.

      Come ha parzialmente evidenziato la mappa prodotta dalla geografa Cristina del Biaggio e pubblicata su VisionCarto, che ha recensito le reazioni dei vari sindaci e dei differenti comuni alla stretta di Salvini sull’iscrizione anagrafica dei RA, la logica securitaria “sovranista” a livello nazionale, ossessionata dalla difesa delle patrie frontiere, con toni nazionalisti postfascisti e modi - come prova la vicenda di Open Arms - spesso al limite o oltre la legalità, è sfasata rispetto ad una nozione di “sicurezza” ad un livello territoriale più circoscritto, di comunità urbana e di amministrazione locale. Perché inevitabilmente tanti amministratori locali, di fronte ad un’operazione che ha concretamente destabilizzato la gestione locale dell’accoglienza e dell’integrazione buttando letteralmente per strada o comunque esponendo a situazioni di marginalità estrema un numero estremamente rilevante di persone (il rapporto «La sicurezza dell’esclusione - Centri d’Italia 2019» realizzato da ActionAid e Openpolis parlava di 80.000 persone toccate nei primi mesi di applicazione, con stime di 750.000 persone “irregolarizzate” entro gennaio 2021), hanno reagito sottolineando, a diverso titolo e con toni diversi, che gli effetti reali dei decreti sul territorio avrebbero inevitabilmente prodotto insicurezza e difficoltà (correlando più o meno direttamente una situazione amministrativa marginale/irregolare e l’aumento possibile di situazioni di criminalità, extralegalità, sfruttamento, ecc.).

      Dunque possiamo dedurre che la lettura della relazione tra sicurezza ed immigrazione non è la stessa a livello nazionale e a livello locale, dove, in ragione da una parte della ricaduta concreta e dell’applicazione pratica di normative e politiche che regolano la presenza di cittadini stranieri (a diverso titolo) sul territorio (permessi di soggiorno ecc.), e dall’altra dell’evoluzione delle dinamiche quotidiane di accoglienza/convivenza/integrazione, la presenza di persone migranti (richiedenti asilo etc.) rappresenta un elemento reale, contingente, relazionale e non semplicemente una nozione teorica, astratta, amministrativa. In questo senso, tutte le politiche legate alla migrazione, più o meno inclusive o esclusive, più o meno ammantate di un argomentario ideologico nazionalista/identitario, devono poi fare i conti con le condizioni concrete di coabitazione, con le possibilità e gli strumenti di integrazioni in possesso o da fornire alle persone “in arrivo” e con la volontà, la possibilità e la capacità di una comunità locale di interagire con le persone “straniere”, e più in generale “esterne” ad essa, nel modo più vantaggioso e utile, positivo e ragionevole possibile.
      8.

      Se il pericolo arriva da fuori, da cioè che non si conosce, le alterative sono due: chiudersi a riccio e difendersi a priori da qualsiasi cosa venga a perturbare il nostro quotidiano, la nostra “tradizione”, la nostra “identità”, o conoscere quello che c’è fuori, quello che arriva da fuori: accettando che questa dinamica di apertura e di incontro è stato il fondamento dell’evoluzione delle comunità umane.

      Alla presa di posizione dei sindaci, che osteggiano i decreti Salvini nel nome di una prospettiva accogliente o nel nome di un realismo politico e di organizzazione della vita sociale della comunità distinto dall’ottica di “gestione dell’ordine” dell’ex ministro degli interni e di tante prefetture (basta ricordare che Salvini ha invocato, nel marzo 2019 anche la possibilità di attribuire più poteri straordinari ai prefetti riducendo quelli dei sindaci), corrisponde anche una reazione “accogliente” dal basso, una capacità di adattamento della collettività (autonoma, indotta dall’amministrazione o in antitesi a posizioni di chiusura delle municipalità) : al di là dei comuni impegnati in politiche locali di accoglienza attraverso i dispositivi SPRAR, o di reti come RECOSOL, non sono poche le collettività che sono passate dal “rifiuto” e alla reticenza, legati agli spettri mediatici e politici, alle retoriche di invasione o alle presenze imposte in via straordinaria a livello prefetturale senza consultazione dell’amministrazione - e che hanno creato, quasi fosse una finalità connessa una pressione su comunità locali “impreparate” -, a modalità di apertura, graduali, mediate, progressive che si sono risolte spesso (a livello urbano come rurale) constatando che una presenza accettata, accolta, “accompagnata”, tutelata, sostenuta non è affatto “nociva” per la comunità che accoglie, ma anzi rappresenta un valore aggiunto, arricchisce e offre opportunità, in una logica di reciprocità che si affranca dalle pratiche assistenziali che annullano i potenziali di azione e partecipazione delle persone accolte.

      Il diritto internazionale relativo all’asilo, per ovvie ragioni storiche e geopolitiche, si appoggia alle strutture nazionali e “inevitabilmente” si confronta con le dimensioni dell’appartenenza come la cittadinanza e la “nazionalità”; tuttavia, la discussione è focalizzata sempre essenzialmente sul potenziale beneficiario/destinatario di questo diritto, dell’asilo o della “protezione internazionale”, come più in generale, eticamente, dell’accoglienza/ospitalità. Mentre rimane sempre implicita, troppo spesso data per scontata la soggettività collettiva che accorda questo diritto, che lo elargisce, che lo offre.

      Se il diritto internazionale tende ad inquadrarlo, a concederlo/garantirlo è di solito una comunità politica, un paese che concede asilo ad un cittadino straniero proveniente da un altro paese sulla base di principi “universali” e attraverso strumenti come, per l’Italia, la carta costituzionale.

      Ora, se appare evidente che l’accanimento xenofobo di un Salvini sia strumento elettoralista e strumentale che passa per una lettura quantomeno originale della stessa Costituzione, andando a “scegliersi” qualche articolo conveniente (come quelli che invocano la patria) ma snobbando completamente altri che si riferiscono a diritti fondamentali ( e dunque più “ampi” di quelli legati all’appartenenza nazionale), possiamo anche considerare che nel corso degli ultimi anni la questione “asilo” e più generalmente accoglienza in Italia è rimasta questione tecnica di specialisti nella sua dimensione normativa giuridica (avvocati, Commissioni territoriali ecc.), mentre dal punto di vista etico-politico (la questione) è rimasta sempre secondaria rispetto ad un discorso politico e mediatico focalizzato ossessivamente (come del resto avviene in tutta Europa) sulla difesa delle frontiere e sul controllo della migrazione: la presenza di persone straniere sul territorio diventa visibile solo quando appare “deviante” o “problematica”, mentre le “buone prassi” di integrazione e partecipazione rimangono escluse dalla narrazione quotidiana.

      In sostanza il “popolo” italiano, che attraverso la Costituzione garantisce a individui stranieri la possibilità di ricevere sostegno e protezione sul territorio nazionale, viene chiamato in causa e sollecitato (politicamente e mediaticamente) in concreto quasi esclusivamente in quanto corpo sociale minacciato (economicamente, culturalmente, socialmente, ecc.) dalla migrazione, dalla presenza di stranieri, e praticamente mai in quanto attore implicato in percorsi di accoglienza, impegnato in un percorso di evoluzione sociale e culturale che implica obbligatoriamente un confronto con la migrazione, come con tutti gli altri temi essenziali della convivenza politica.

      La “gestione” tecnica dell’accoglienza rimane invece questione tecnica, esposta a mistificazioni e speculazioni, e “astratta” fino a quando non si materializza sul territorio, spesso “precipitata” dall’alto, come è accaduto dal 2011 attraverso la gestione emergenziale, e inscritta come gestione dell’ordine pubblico piuttosto che all’interno delle politiche sociali: da un punti di vista “sovranista” e più in generale di depotenziamento dei livelli di partecipazione e implicazione critica della collettività, la comunità locale rimane “spettatrice” di processi di gestione che sono finalizzati sempre più solo al controllo delle persone e sempre meno alla loro integrazione (e che va di pari passo con una deresponsabilizzazione generale della popolazione a tutti i livelli).

      Ora, se la teoria costituzionale dell’asilo in Italia ha radici storiche determinate, le pratiche di accoglienza sono quasi sempre locali, territorializzate, e implicano l’investimento più o mendo diretto e esplicito della collettività: un investimento che, attraverso l’implicazione delle amministrazioni locali e percorsi partecipativi riporta la questione dell’accoglienza dell’altro, e la sua potenziale integrazione, nell’alveo di una realtà politica concreta, quotidiana, locale; diventa quindi interessante interrogarsi sulla consapevolezza di questa potenzialità da parte delle comunità locali (come in altri ambiti diversi) di autodeterminarsi politicamente, di impattare in modo significativo su una serie di questioni che le riguardano direttamente, puntualmente o sul lungo periodo.

      Se il diritto d’asilo va tutelato a livello internazionale e nazionale, e iscritto in quadri normativi che possano garantire un accesso inalienabili ai diritti fondamentali, diventa importante sottolineare la capacità delle comunità locali di rivendicare il dovere/diritto di andare oltre, e di integrare questo quadro giuridico con pratiche di accoglienza e partecipazione che, concertate collettivamente, possono rappresentare percorsi di evoluzione comuni, non solamente eticamente gratificanti ma anche vantaggiosi tanto per chi è accolto che per chi accoglie.

      Indipendentemente quindi anche dal parere della Corte Costituzionale che ha contestato una serie di elementi del decreti sicurezza tecnicamente difformi dal mandato costituzionale stesso, diventa estremamente rilevante l’espressione pubblica e politica di comunità locali, di andare oltre e di rivendicare il diritto di garantire l’iscrizione anagrafica - e con essa l’accesso ad un insieme di altri diritti in grado di migliorare sensibilmente le condizioni di esistenza delle persone sul territorio e all’interno della comunità, e di favorire dinamiche di interazione e cooperazione indipendenti da distinzioni legate alla provenienza e alla nazionalità.

      È in questo senso che evolve in questi ultimi anni la configurazione politica delle città rifugio (città accoglienti, città dell’asilo, città santuario, …), che si fonda precisamente sulla volontà e la capacità delle amministrazioni e delle comunità locali di pensare forme di accoglienza che superino le forme di gestione/ricezione legate ad una nozione di asilo sempre più sacrificate all’altare della geopolitica internazionale e delle politiche di esternalizzazione della UE.

      Se da un lato dunque occorre difendere il diritto d’asilo, e anzi incentivarlo ed aggiornarlo rispetto ad un orizzonte globalizzato, dall’altra è necessario resistere alla gestione differenziale della mobilità umana da una parte, rivendicando per tutti il diritto di movimento e di installazione, da combinare all’invenzione di nuove forme di coabitazione e accoglienza legate alla residenza e alla presenza sul territorio più che a origini nazionali e rivendicazioni identitarie.

      https://www.meltingpot.org/Una-riflessione-sul-rapporto-tra-migrazione-e-sicurezza-a.html
      #droit_d'asile #asile #justice #Scandicci #Testo_Unico_Immigrazione #jurisprudence #sécurité #prima_i_nostri #frontières #externalisation #peur #accueil #résistance #citoyenneté #nationalité #menace #droits #villes-refuge #liberté_de_mouvement #liberté_de_circulation

  • En Turquie, les #universitaires subissent une répression d’ampleur inégalée

    Plus de 6 000 enseignants et chercheurs ont perdu leur poste à l’université ces dernières années, accusés, sans aucune explication, de « liens » ou « d’appartenance à un groupe terroriste ».

    #Tuna_Altinel, professeur de mathématiques à l’université Lyon 1, a été acquitté vendredi 24 janvier par le tribunal de Balikesir, une ville de la région de Marmara, en Turquie. Cet acquittement a eu lieu au terme d’un procès qui l’avait privé de ses élèves – il avait interdiction de quitter la Turquie – mais aussi de sa liberté, puisque le mathématicien a passé près de trois mois dans une prison turque, accusé de « propagande terroriste ».


    Même s’il a été acquitté, la décision ne doit pas faire oublier qu’au pays du président Recep Tayyip Erdogan, les universitaires subissent une répression d’ampleur inégalée.
    6 081 enseignants limogés

    En Turquie, 6 081 enseignants et chercheurs ont perdu leur poste à l’université ces dernières années. Ils ont tous été limogés, virés par décret dans les deux ans qui ont suivi le coup d’État manqué du 15 juillet 2016. Accusés, sans aucune explication, de « liens » ou « d’appartenance à un groupe terroriste ». Une partie d’entre eux (407, précisément) le savent : ils ont été punis pour avoir signé, en janvier 2016, une #pétition réclamant l’arrêt des violences dans le sud-est de la Turquie à majorité kurde. La plupart – et c’était le cas du mathématicien Tuna Altinel, qui affrontait en fait deux procès – ont été jugés pour « #propagande_terroriste » à cause de cette signature.

    Sauf qu’il y a six mois, le 26 juillet 2019, la #Cour_constitutionnelle turque a donné raison à ces « #universitaires_pour_la_paix », ainsi qu’ils se désignent eux-mêmes. Et pourtant, ils restent bannis de l’#enseignement_supérieur... alors qu’ils ont finalement été acquittés ! Or, être limogé, en Turquie, cela veut dire perdre son salaire, ses droits à la sécurité sociale et à la retraite, et toute possibilité d’enseigner à nouveau dans le public ou le privé. Ils n’ont plus qu’un seul recours : une commission d’état d’urgence, qui traîne à se prononcer pour finalement, souvent, rejeter les requêtes.

    Un « sentiment d’insécurité »

    Ces situations sont très difficiles pour ces enseignants, professionnellement et personnellement. C’est ce que raconte Hülya Dinçer. Cette francophone a été limogée en février 2017, alors qu’elle venait juste de terminer son doctorat en droit à l’université publique Marmara. Depuis quelques jours, la jeune femme travaille à nouveau au sein d’un Institut de recherche européen à Istanbul. Mais elle ne s’en cache pas : les trois dernières années ont été éprouvantes.

    C’est très difficile de se concentrer et de rester motivé pour la recherche dans une situation où vous êtes complètement privé de statut de chercheur, où vous n’avez aucune légitimité institutionnelle… Ce sentiment d’#insécurité quant à l’avenir me rend émotionnellement très fragile.

    Cette répression qui frappe les universitaires turcs provoque-t-elle ce qu’on pourrait appeler une « fuite des cerveaux » vers des pays plus accueillants ? Non, parce qu’être limogé, en Turquie, cela signifie aussi que votre #passeport est annulé. Vous ne pouvez pas quitter le pays, sauf à bénéficier d’une autre nationalité. C’est le cas de #Hülya_Dinçer. Grâce à sa double nationalité turco-bulgare, elle a pu se rendre à Paris dans le cadre d’une bourse post-doctorale accordée par le #programme_Pause, programme de soutien aux universitaires en danger instauré par le #Collège_de_France. Elle y est restée un an et huit mois.

    Cette liberté retrouvée n’a pas pour autant été une parenthèse enchantée : « Quand vous partez, certes vous pouvez travailler et vous avez la tranquillité d’esprit et les moyens de faire votre recherche, mais vous êtes beaucoup plus isolé ». Selon elle, « il y a une #solidarité en Turquie entre les universitaires, un soutien régulier qui vous permet de survivre, de garder espoir. Ça m’a beaucoup manqué et c’est une des raisons pour lesquelles j’ai toujours voulu rentrer. »

    Depuis quelques mois, certains universitaires limogés peuvent déposer une requête auprès du ministère de l’Intérieur pour tenter de récupérer leur passeport. Une requête à l’issue très incertaine. Mais c’est la seule avancée concrète en trois ans et demi pour ces milliers d’enseignants turcs.

    https://www.francetvinfo.fr/replay-radio/en-direct-du-monde/en-turquie-les-universitaires-subissent-une-repression-dampleur-inegale

    #université #Turquie #répression #terrorisme

  • Fil de discussion sur les résistances au #Decreto_Salvini

    Une #carte :


    http://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2019/01/04/-sicurezza-salvini-legge-stato-firmata-da-mattarella-_04c71304-ad4c-4b71-9287-0

    Décompte : 157 communes qui s’opposent plus ou moins ouvertement au décret salvini.

    La région #Sicile, par contre, a décidé de ne pas faire recours :
    Sicurezza, Musumeci non segue Orlando. « La Sicilia non farà ricorso alla Consulta »
    https://www.lasicilia.it/news/politica/213400/sicurezza-musumeci-non-segue-orlando-la-sicilia-non-fara-ricorso-alla-cons

    Et une #carte, que je vais essayer de mettre à jour régulièrement :


    http://u.osmfr.org/m/279671
    En rouge : les maires qui disent NON
    En orange : des oppositions citoyennes et de la société civile
    #cartographie #visualisation

    Des maires italiens se lèvent contre les mesures anti-migrants de Salvini

    Plus d’une centaine de maires italiens font front contre la loi 132 sur la sécurité, tant voulue par le ministre de l’intérieur, Matteo Salvini. Ils dénoncent les mesures qui concernent les migrants, inconstitutionnelles selon eux.

    https://www.mediapart.fr/journal/international/120119/des-maires-italiens-se-levent-contre-les-mesures-anti-migrants-de-salvini

    #villes-refuge #ville-refuge

    • ANCHE IL COMUNE DI BRINDISI CHIEDE LA SOSPENSIONE DEL DECRETO SALVINI

      È appena passato in Consiglio Comunale l’ordine del giorno presentato dai gruppi di maggioranza: Brindisi Bene Comune, PD, Ora tocca a noi e Liberi e Uguali riguardo l’impatto sui territori del decreto Legge 4 ottobre 2018, n.113 in materia di immigrazione e sicurezza.
      Insieme alla giunta mi impegno a chiedere al Ministro dell’interno Matteo Salvini ed al Governo di sospendere, in via transitoria fino a conclusione dell’iter parlamentare, gli effetti dell’applicazione del Decreto Legge n.113/2018 e ad aprire un confronto con la Città di Brindisi e con la sua Provincia, oltre che in generale le città italiane, al fine di valutare le ricadute concrete di tale Decreto sull’impatto in termini economici, sociali e sulla sicurezza dei territorio.
      Mettere in discussione il modello di accoglienza degli SPRAR significa compromettere la dignità degli immigrati e la sicurezza dei cittadini e delle cittadine.
      Paradossalmente il Decreto Salvini alimenta e genera insicurezza.

      https://www.facebook.com/riccardo.rossi.90475/posts/10215191533634416
      #Brindisi

    • Il Comune di #Senigallia ha respinto il decreto Salvini

      «Stravolge il senso dell’accoglienza, non ne sentivamo proprio il bisogno».

      Il Comune di Senigallia, così come tanti Comuni grandi e piccoli, ha respinto il cosiddetto decreto “Salvini”. Di questo decreto non se ne sentiva proprio il bisogno!

      Il nostro Comune dal 2007 fa parte del Network dei primi 100 Comuni europei per le buone pratiche di accoglienza e integrazione riconosciuto dal Consiglio d’Europa. Pratiche attuate non per “buonismo” ma nell’interesse di tutti, anche del migrante.

      Senigallia aveva aderito al progetto SPRAR (gestito dalla Caritas non dalla ‘ndrangheta o da mafia capitale!) che prevedeva fino ad un massimo di 55 migranti, attualmente ne accogliamo 36. Aver accettato questa quota ci ha garantito di non dover accogliere altri migranti quando la prefettura si trova in emergenza.

      Il decreto stravolge in peggio il sistema dell’accoglienza. Fino ad ora esisteva un sistema di prima accoglienza e seconda accoglienza. La prima formata dai CAS, i Centri di accoglienza straordinaria dove si procede all’identificazione del migrante, si esamina la domanda di asilo, si valuta lo stato di salute e la sussistenza di eventuali condizioni di vulnerabilità , come aver subito stupro, violenza, stato di gravidanza e presenza di un nucleo famigliare. La seconda lo SPRAR, sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, si attiva una volta esaurita la prima fase e punta non solo al mantenimento delle condizione essenziali di vita ma si preoccupa di facilitare l’integrazione in attesa della valutazione delle Commissioni territoriali provinciali. Il decreto toglie ogni riferimento alla seconda accoglienza per i richiedenti asilo, riduce drasticamente la possibilità di accedere allo status di rifugiato e prevede i Centri di permanenza per il rimpatrio (CPR) dove possono essere avviati (reclusi) per 6 mesi tutti gli altri, anche persone che hanno subito violenza, stupro e dove sono separati i mariti dalle mogli e dai figli.

      Una vergogna di cui presto o tardi, ma inevitabilmente, verrà chiesto conto a tutti, anche a coloro che non si sono opposti!

      E veniamo alla parte che riguarda la sicurezza. Siamo d’accordo con Salvini, la qualità di una democrazia si misura nella sicurezza che infonde ed assicura ai propri cittadini. E gli italiani non si sentono affatto sicuri, tanto che tutta una serie di patologie legate a stress o ansia e depressione sono in drammatico aumento. In tutte le indagini sociologiche risulta che le persone non si sentono al sicuro per la mancanza di lavoro, di discontinuità del reddito, per il timore di perderlo, per una pensione o uno stipendio che non è sufficiente a pagare l’affitto o il mutuo o a mantenere i figli all’Università o a pagare gli esami medici o ad acquistare le medicine.

      Però Salvini e la sua imponente macchina comunicativa ci sta distogliendo dai veri obiettivi, dai responsabili del nostro disagio e sta riuscendo a convincerci che la nostra sicurezza dipende dall’emergenza migranti (che non c’è e non c’è mai stata!), reati predatori e incolumità personale e decoro urbano e quindi serve polso di ferro contro gli ultimi arrivati e più pistole per tutti per la legittima difesa. Bisognerebbe ricordare che la Norvegia, paese multietnico, dove si investe di più nel welfare, è il paese d’Europa dove la percezione di sicurezza è più elevata e la polizia è disarmata!

      http://www.senigallianotizie.it/1327473188/il-comune-di-senigallia-ha-respinto-il-decreto-salvini

    • A.A.A. COMUNICATO STAMPA SUL DECRETO SICUREZZA DELLE FAMIGLIE ACCOGLIENTI dei RAGAZZI RIFUGIATI

      “Dovrete espellere anche noi”

      Come famiglie che hanno un ragazzo africano o asiatico con loro siamo indignate e offese dal fatto che il governo abbia posto la fiducia sul Decreto n. 113/2018, bugiardamente definito “Decreto sicurezza” quando in realtà aumenterà il numero di migranti in situazione irregolare e creerà maggiore insicurezza nelle nostre città.
      Si tratta di un decreto che non avrebbe mai dovuto nascere, poiché non esisteva alcun motivo di “urgenza” per regolare una materia complessa e variegata com’è l’immigrazione: si tratta di un vizio di legittimità costituzionale che non viene sanato dalla conversione in legge attraverso i voti della Camera e del Senato. Inoltre il decreto è palesemente incostituzionale perché disomogeneo al suo interno, senza parlare della violazione degli obblighi internazionali dell’Italia e dell’articolo 10 della Costituzione dovuta all’abolizione del permesso di soggiorno per motivi umanitari.
      Queste ragioni sono state ignorate dai 336 deputati che hanno votato “sì” alla fiducia ieri, un voto che non aveva altra ragione se non quella di impedire un dibattito parlamentare dal quale sarebbero emerse le crepe all’interno della maggioranza, all’interno della quale è stato effettuato uno scambio tra temi che interessavano il Movimento 5 stelle (la riforma della prescrizione) e materie che interessavano alla Lega (il decreto 113/2018). Uno scandaloso mercimonio su misure che ledono i fondamentali diritti delle persone.
      Come famiglie accoglienti vi vogliamo dire solo questo: la nostra battaglia non finisce qui. Non metterete in pericolo la vita e la felicità di ragazzi che parlano italiano, lavorano, studiano, vogliono vivere e amare nel nostro paese. Questo decreto è ignobile e noi lo combatteremo in tutte le sedi, dalla Corte Costituzionale fino alla Corte Europea di Strasburgo.
      Se vorrete cacciare questi preziosi giovani dovrete farlo espellendo anche noi.

      Famiglie Accoglienti di Bologna
      famiglie.accoglienti.bologna@gmail.com

      con Diego Rufillo Passini Stefania Andreotti Giovanni Sean Panettiere Sara Forni Marina Amaduzzi Alessandro Alvisi Ilaria Venturi Francesca Paron Dina Galli Pietro Andriotto Giacomo Rondelli Angelo Dattilo Benito Fusco Anna Salfi Paolo Brighenti Gianni Brandani Fabio Brandani Benedetto Brandani Giacomo Brandani Giovanni Genova

      Reçu d’une amie via whatsapp

    • Migranti, il borgo di #Sutera contro il dl Salvini: ‘Nessuno per strada. Pagheremo l’accoglienza con il bilancio comunale’

      «Anche il Comune ha tratto beneficio dal progetto Sprar», spiega il sindaco. «Sei ragazzi sono stati assunti dall’associazione che lo gestisce». Ora i 15 migranti che non hanno ottenuto lo status di rifugiati ma attendono la decisione della Commissione territoriale dovrebbero essere espulsi dal sistema di protezione

      https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/12/11/migranti-il-borgo-di-sutera-contro-il-dl-salvini-nessuno-per-strad

    • #Leoluca_Orlando sospende il decreto Salvini. Il ministro: «Pensi ai problemi di Palermo»

      L’ira del leader leghista: "Il sindaco sinistro pensa a fare «disobbedienza» sugli immigrati"

      https://www.huffingtonpost.it/2019/01/02/leoluca-orlando-sospende-il-decreto-salvini-il-ministro-pensi-ai-prob
      #Palerme

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      Leoluca Orlando sur twitter: «La sospensione dell’applicazione della l. 132/18 per quanto riguarda le competenze del sindaco non è un atto di disobbedienza civile né di obiezione di coscienza, ma la semplice applicazione dei diritti costituzionali che sono garantiti a tutti coloro che vivono nel nostro paese»
      https://twitter.com/LeolucaOrlando1/status/1080525653768843264

      #désobéissance_civile #droits_constitutionnels

    • I sindaci contro il decreto sicurezza: #Orlando, #De_Magistris, #Nardella, #Pizzarotti, #Falcomatà, #Pascucci, #Alessandrini. Disobbedienza umanitaria dei sindaci.

      L’annuncio del primo cittadino di Palermo - che sospende il provvedimento bandiera del vicepremier leghista - scuote la politica. E apre una riflessione anche tra i primi cittadini. Nardella: «Non ci pieghiamo al ricatto del dl Salvini». Pizzarotti: «Con le nuove norme difficoltà nell’avere documenti». Falcomatà: «Chiediamo un incontro al Viminale». Il ministro dell’Interno: «Legge firmata da Mattarella»

      Ha aperto una breccia, il sindaco di Palermo. Leoluca Orlando ha annunciato la sospensione, nella sua città, degli effetti del decreto sicurezza. In particolare - ma non solo - per quanto riguarda l’impossibilità di iscriversi all’anagrafe alla scadenza del permesso di soggiorno per motivi umanitari (con l’esclusione quindi da una serie di servizi sociali). «È disumano e criminogeno», dice Orlando. E poi rincara la dose: «Puzza di razziale». Orlando ha toccato un tasto dolente. Innescando reazioni politiche. E il consenso di altri sindaci. Per questo Salvini gli risponde in modo durissimo.

      De Magistris: "Noi obbediamo alla Costituzione"Il sindaco di #Napoli, Luigi de Magistris, rivendica di aver fatto subito la scelta di sospendere il decreto. Fin dall’approvazione del provvedimento: «Ho schierato la mia città dalla parte dei diritti - dice a Repubblica - noi applichiamo le leggi ordinarie solo se rispettano la Costituzione repubblicana. È obbedienza alla Carta e non disobbedienza civile. L’iscrizione all’anagrafe è fondamentale, consente alle persone di avere diritti. Sono in ballo interessi primari della persona: l’assistenza, l’asilo. Ci muoviamo in questa direzione anche per il sistema Sprar che è un’esperienza da tutelare mentre questo governo punta a riaprire centri affollati, depositi di persone che rischiano di trasformarsi in vere e proprie bombe umane».
      #Naples

      L’Anci: «Servono correttivi» Il primo cittadino di #Reggio_Calabria, Giuseppe #Falcomatà, è amareggiato: «Come sindaci avevamo rilevato queste problematiche fin da ottobre - dice a Repubblica - e non c’è stata alcuna concertazione e condivisione. Nella nostra città mai applicheremo norme che vanno contro i principi costituzionali e di accoglienza. A questo punto auspichiamo che il Viminale voglia incontrare l’Anci».

      In realtà sono molti gli aspetti del decreto contestati: «Ci dicono di sgomberare gli irregolari e non ci dicono dove collocarli», spiega Falcomatà. Ma i problemi non riguardano solo la gestione dei migranti: «Un aspetto che mi inquieta molto è anche la possibilità di vendere beni sequestrati alla mafia senza alcuna selezione. In questo modo il mafioso rischia, attraverso un prestanome, di rientrare in possesso del bene confiscato».

      Federico #Pizzarotti, primo cittadino di #Parma, è preoccupato: «Da subito abbiamo segnalato che questo decreto, per come è scritto, crea solo problemi, difficoltà nell’avere documenti e quindi nell’inserirsi in un percorso regolare, anche per ottenere un lavoro. Queste persone ovviamente non scompaiono con il decreto sicurezza, ma restano sul territorio, con difficoltà dal punto di vista del riconoscimento. Cercheremo di capire come si muovono gli altri Comuni, di coordinarci. Certo non basta una lettera di un sindaco per modificare il funzionamento dell’anagrafe e sospendere una legge dello Stato».
      #Parme

      Si schiera anche il sindaco di #Firenze, Dario #Nardella: «Firenze non si piegherà al ricatto contenuto nel decreto sicurezza che espelle migranti richiedenti asilo e senza rimpatriarli li getta in mezzo alle strade. Ci rimboccheremo le maniche perché Firenze è città della legalità e dell’accoglienza, e quindi in modo legale troveremo una soluzione per questi migranti, fino a quando non sarà lo Stato in via definitiva a trovare quella più appropriata».
      #Florence

      Alessio #Pascucci, sindaco di #Cerveteri, è anche coordinatore nazionale di Italia in Comune e denuncia: «Ai Comuni ora toccherà sobbarcarsi 280 milioni di euro di costi per la gestione del decreto, in termini di servizi sociali e sanitari rivolti ai soggetti vulnerabili. Chiediamo lo stralcio della parte relativa allo Sprar. E serve un tavolo di concertazione con l’Anci». E il presidente dell’Anci, Antonio Decaro, sindaco di Bari: «A questo punto è necessario un tavolo a livello ministeriale per introdurre i correttivi. La norma così com’è non tutela i diritti della persona».

      E il sindaco di #Pescara, Marco #Alessandrini: «Quella di Palermo è una scelta da studiare, su cui rifletterò. Ma questa è una situazione in cui noi sindaci ci troviamo a causa delle scelte criminogene, sul piano dei diritti, fatte da Matteo Salvini. Per me valgono le parole di Mattarella. La questione della sicurezza - e della convivenza - si declina attraverso diritti e doveri. E ricordo che a Pescara, come in molte altre città d’Italia, il primo nato dell’anno è figlio di una famiglia di migranti».

      Pd: «I sindaci reagiscono per tutelare le città»
      Il Pd si schiera con la mobilitazione dei sindaci. «Gli effetti del decreto Salvini purtroppo sono evidenti - dice a Repubblica Maurizio Martina - più insicurezza per tutti e meno gestione delle situazioni più delicate. Capisco i sindaci che per difendere i loro cittadini reagiscono a tutela delle città». Più tardi aggiunge: «Bisogna lavorare alla raccolta firme per un referendum abrogativo».

      Nicola #Zingaretti, altro candidato in corsa per la segreteria dem: «Mi sento vicino al sindaco Orlando al suo impegno contro l’odio e capisco la sua fatica per porre rimedio a norme confuse scritte solo per l’ossessione di fare propaganda e che spesso producono caos, più diffidenza e insicurezza per tutti. Tutto sulle spalle dei territori e degli amminisitratori locali. Dall’odio non è mai nata la sicurezza e il benessere per le persone, ma solo macerie per i furbi e i piu forti».

      https://www.diritti-umani.org/2019/01/i-sindaci-contro-il-decreto-sicurezza.html?spref=fb

    • Salvini: «Via i sindaci contrari al decreto sicurezza». Ma il sindaco di Milano #Beppe_Sala: così non va

      Sempre più aspro lo scontro tra sindaci e governo sul decreto sicurezza. Il vicepremier e ministro dell’Interno Matteo Salvini replica al sindaco di Palermo Leoluca Orlando e agli altri sindaci «dissidenti» sul decreto sicurezza. «Se c’è una legge, si rispetta. E se c’è qualche sindaco che non è d’accordo, si dimetta: dimettetevi ragazzi miei, siamo in democrazia e governano gli italiani, non qualche professorone o intellettualone o cantante o giornalista», attacca Salvini. In diretta su Facebook, dal rifugio sulla neve dove è in vacanza, il ministro dell’Interno si rivolge a «quei poveretti di sindaci di Palermo, Pescara, Napoli, Firenze, Reggio Calabria, che invece di preoccuparsi dei milioni di italiani in difficoltà per la casa, per il lavoro, per le liste d’attesa negli ospedali, per i reati che si moltiplicano, si preoccupano di dare documenti e diritti agli immigrati irregolari»: «Dico a questi sindaci che è finita la pacchia, che ne risponderanno ai loro cittadini, che gli pagano lo stipendio, ai loro figli, agli italiani che verranno, perché noi abbiamo accolto fin troppo in passato. Se pensano di intimidire qualcuno- sottolinea Salvini- hanno trovato il governo e il ministro sbagliato». Nonostante le «intromissioni» divertite della figlia piccola, Salvini mantiene toni durissimi nei confronti di «Orlando, de Magistris, Nardella, gli assessori di Milano, di Bologna»: «Non si molla di un millimetro», conclude brandendo un bombardino, la bevanda «energetica» degli sciatori.

      Milano

      Il riferimento all’assessore di Milano non è casuale. Perché il capoluogo lombardo si è unito ufficialmente al fronte della disobbedienza al decreto sicurezza lanciato mercoledì dal sindaco di Palermo, Leoluca Orlando. Beppe Sala infatti ha scritto su Facebook: «Ministro Salvini, ci ascolti e riveda il decreto sicurezza, così non va!». «Da settimane noi sindaci avevamo richiesto, anche attraverso l’Anci, di ascoltar la nostra opinione su alcuni punti critici, per esempio ampliando i casi speciali e garantendo la stessa tutela della protezione internazionale ai nuclei familiari vulnerabili, anche attraverso lo Sprar, oggi escluso dal decreto sicurezza per i richiedenti asilo» prosegue il sindaco. «Occorre inoltre valutare l’impatto sociale ed economico del decreto per le nostre città: più persone saranno per strada senza vitto e alloggio, più saranno i casi di cui noi Sindaci dovremo prenderci cura», ricorda Sala.

      Già mercoledì con un tweet (https://mobile.twitter.com/pfmajorino/status/1080478300735184896) aveva ribadito le intenzioni dell’amministrazione l’assessore al Welfare, Pierfrancesco Majorino. «Non abbiamo nessuna intenzione - ha detto in accordo con #Sala - di togliere l’iscrizione anagrafica ai richiedenti asilo che l’hanno già fatta, legge o non legge». Non solo il Comune, ha aggiunto Majorino, in queste settimane sta accogliendo nei centri per senzatetto «italiani e stranieri, senza porci il problema se siano regolari o meno: meglio averli nei centri che saperli per strada».

      https://milano.corriere.it/notizie/cronaca/19_gennaio_03/majorino-pronti-disobbedire-decreto-sicurezza-ma-sala-tace-8d306c74-

      #Milan

    • Nardella contro Salvini: «Non ci pieghiamo al ricatto del decreto sicurezza»

      Nardella contro Salvini: «Non ci pieghiamo al ricatto del decreto sicurezza»

      Un gruppo di primi cittadini, guidati dal sindaco di Palermo Leoluca Orlando, si è schierato apertamente contro il ministro degli interni Matteo Salvini decidendo di non applicare il decreto sicurezza. In prima fila anche il sindaco Dario Nardella.

      «Firenze non si piegherà al ricatto contenuto nel decreto sicurezza che espelle migranti richiedenti asilo e senza rimpatriarli li getta in mezzo alle strade - ha detto Nardella al quotidiano la Repubblica -. Ci rimboccheremo le maniche perché Firenze è città della legalità e dell’accoglienza, e quindi in modo legale troveremo una soluzione per questi migranti, fino a quando non sarà lo Stato in via definitiva a trovare quella più appropriata».

      Nardella ha incontrato poco prima di Natale il ministro degli Interni con il quale si era reso disponibile per l’apertura di un centro per i rimpatri in città. «Il governo non sta facendo i rimpatri che aveva promesso di fare. Come Comune ci prenderemo l’impegno di non lasciare nessuno in mezzo alla strada, anche se questo comporterà per noi un sacrificio in termini di risorse economiche - ha aggiunto Nardella - Ma non possiamo permetterci di assistere a questo scempio umanitario: espellere persone dai centri di accoglienza, sulla base del nuovo decreto, lasciandoli in mezzo alla strada. Il fatto grave del decreto è che individua un problema ma non trova una soluzione».

      In sostanza i sindaci hanno ordinato ai dirigenti dell’anagrafe di continuare a iscrivere nel registro dei residenti i migranti con regolare permesso di soggiorno presenti solo per motivi umanitari (secondo il decreto tali persone non dovrebbe vedersi rinnovato il permesso).


      http://www.firenzetoday.it/cronaca/nardella-salvini-decreto-sicurezza.html

    • #Siracusa, il sindaco Italia a fianco dei «disobbedienti» al Decreto Sicurezza

      Il primo cittadino auspica che il Governo ascolti i sindaci e le forze politiche che hanno evidenziato le conseguenze di questo dispositivo

      Il sindaco di Siracusa, #Francesco_Italia, al fianco dei sindaci disobbedienti verso il Decreto sicurezza.

      “Ritengo che l’articolo di legge di conversione del cosiddetto «decreto sicurezza» - dichiara il primo cittadino - negando la possibilità di iscriversi all’anagrafe e di ottenere la residenza ai possessori di permesso di soggiorno, presenti evidenti profili di illegittimità costituzionale, si ponga in contrasto con i principi comunitari e sia deprecabile da un punto di vista etico e morale".

      Da qui il suo schierarsi apertamente con i sindaci dissidente in nome dei principi costituzionali di Uguaglianza.

      "L’applicazione di questa norma - continua Italia - equivale ad un ritorno all’indietro di decenni in termini di accoglienza in quanto, senza la concessione della residenza, i comuni non potranno rilasciare al migrante la carta di identità, negandogli di conseguenza l’accesso ai servizi sanitari e ai centri per l’impiego. Il nostro paese, profondamente legato ad una tradizione umanitaria e cristiana, - aggiunge - non può far prendere il sopravvento a sentimenti di discriminazione e di paura. Mi auguro che il Governo ascolti la voce dei Sindaci e di tutte quelle forze politiche che hanno evidenziato le conseguenze in termini di sicurezza e di incertezza derivanti dalla applicazione immediata di un tale dispositivo”.

      http://www.siracusapost.it/sites/default/files/styles/articolo/public/media/italia.PNG?itok=aDvofEes
      http://www.siracusapost.it/1.71902/nota-cronaca/sicilia-siracusa-provincia-siracusa/104/siracusa-il-sindaco-italia-fianco-dei

    • Palermo, capitale dell’accoglienza: la grande lezione della Sicilia a tutta l’Italia

      Nei quartieri più poveri volontari e Comune integrano 25 mila stranieri, Ballarò rivive con Moltivolti e con i commercianti bengalesi che denunciano gli estortori della mafia. Un modello alternativo. E ora Orlando annuncia la sospensione del decreto Salvini.

      «Di questo cambiamento culturale dobbiamo ringraziare soprattutto i migranti», afferma il sindaco, «Palermo, città migrante, per cento anni ha rifiutato i migranti: le uniche migranti erano distinte signore tedesche, rumene, austriache, francesi che avevano cura di noi bambini della Palermo aristocratica. Oggi Palermo grazie all’arrivo e all’accoglienza dei migranti ha recuperato la propria armonia perduta: davanti alle moschee passeggiano musulmani, la comunità ebraica realizza una sinagoga e, qua e là, a decine sorgono templi hindu e buddisti. Oggi grazie alla presenza di migliaia di cosiddetti migranti, i palermitani scoprono il valore dell’essere persona e difendono i diritti umani, i loro diritti umani. Una ragazza disabile in sedia a rotelle, palermitana, mi ha detto: “Grazie Sindaco, da quando accogliamo i migranti io mi sento più eguale, più normale, meno diversa”. E se cominciassimo a puntare in alto? Ad accettare che i migranti ci aiutino a recuperare il ruolo del merito? Non più a chi appartieni? Ma finalmente chi sei? Chi hai deciso di essere, cosa sai fare? Don Pino Puglisi, il mio carissimo amico Pino, non combatteva la mafia con le armi e con le denunce, chiedeva venisse rispettato il diritto dei bambini del quartiere di avere una scuola, una scuola degna di questo nome e non più una scuola collocata in appartamenti di proprietà di mafiosi lautamente ricompensati con canoni di affitto gonfiati. A Palermo difendiamo l’unica razza: quella umana. Non ci sono migranti a Palermo: chi vive a Palermo è palermitano. E chi distingue gli esseri umani secondo le razze prepara Dachau e Auschwitz».

      http://espresso.repubblica.it/attualita/2019/01/02/news/palermo-accoglienza-orlando-salvini-1.330083?ref=twhe&twitter_ca

    • À Palerme et à Naples, les maires refusent d’appliquer le “décret Salvini”

      D’après la nouvelle loi promue par le ministre d’extrême droite, les demandeurs d’asile ne pourront plus s’inscrire sur les registres de l’état civil et donc posséder un domicile légal. Une mesure anticonstitutionnelle et inhumaine, estiment certains maires italiens, qui ont fait savoir qu’ils ne l’appliqueraient pas.

      https://www.courrierinternational.com/article/palerme-et-naples-les-maires-refusent-dappliquer-le-decret-sa

    • #Caltanissetta, sindaco #Ruvolo: “Sono vicino a Leoluca Orlando, decreto sicurezza non coerente con la storia italiana”

      Il sindaco di Caltanissetta, Giovanni Ruvolo, tramite un post su facebook, si schiera a favore di Leoluca Orlando nella diatriba sul decreto Sicurezza: “Tempo fa ci eravamo espressi mostrando forti perplessità sul cosiddetto decreto Salvini, sperando che il buon senso consentisse al parlamento di produrre una legge più equilibrata e rispettosa dei diritti di chi vive nel territorio italiano. Purtroppo così non è stato. La mia sensibilità verso questi argomenti mi pone, ovviamente, in linea con quella politicamente espressa dal sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, per la tutela dei diritti delle persone che vivono in Italia, nei confronti di chi lavora, studia o è titolare di un permesso di soggiorno dopo aver fatto richiesta di asilo.
      Reputo il decreto Sicurezza, soprattutto in alcune parti, non coerente con la storia italiana che ha fatto dell’accoglienza un valore. Sul piano amministrativo ho dato mandato agli uffici competenti di approfondire la questione sotto il profilo giuridico per assumere le decisioni conseguenti. Valuteremo, come primo passo, l’opportunità di mettere per iscritto le motivazioni del diniego all’iscrizione all’anagrafe che scaturiscono dall’applicazione dell’articolo 13 del decreto Sicurezza. In questo modo i richiedenti asilo avranno la possibilità di sollevare la questione costituzionale nell’ambito di eventuali ricorsi al giudice ordinario”.


      https://www.ilfattonisseno.it/2019/01/caltanissetta-sindaco-ruvolo-sono-vicino-a-leoluca-orlando-decreto-si

    • „Il Comune dice no al decreto Salvini: «Favorirà l’illegalità sul territorio»“
      Il Comune dice no al decreto Salvini

      „Il Consiglio comunale di Torino ha detto no al decreto Salvini. Su iniziativa di Elide Tisi (Pd), prima firmataria, è stato infatti approvato - con trenta voti favorevoli e due contrari - un Ordine del giorno in materia di «Immigrazione e sicurezza». L’atto del Consiglio invita la Giunta di Palazzo Civico a chiedere al Ministero dell’Interno e al Governo di sospendere “in via transitoria fino alla conclusione dell’iter parlamentare” gli effetti dell’applicazione del Decreto Legge Salvini e ad aprire un confronto con Torino e le altre grandi città, per valutare le ricadute concrete del provvedimento in termini economici, sociali e di sicurezza dei territori.“

      http://www.torinotoday.it/politica/comune-no-decreto-salvini.html

    • Ecco i comuni che sospendono il decreto sicurezza (contro Salvini)

      È molto più di una polemica quella sollevata dal primo cittadino di Palermo Leoluca Orlando sul decreto sicurezza. Questione giuridica e ideologica che ha scatenato una fronda di sindaci ribelli, difensori dello Sprar, da Luigi de Magistris (Napoli) a Dario Nardella (Firenze), da Chiara Appendino (Torino) a Virginio Merola (Bologna). Anche Virginia Raggi, sindaca di Roma, ha chiesto al governo di mitigare gli effetti del decreto. E alla protesta si unisce la voce del sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà che chiede «un tavolo di confronto con il Viminale per capire se esistano le condizioni di dialogo per rivedere alcune parti di questo decreto sicurezza che ha evidenti ricadute negative sui territori. Effetto di un provvedimento mai concertato e condiviso con i sindaci». Altri comuni stanno valutando l’impatto della sospensione: per il primo cittadino di Parma Federico Pizzarotti «il tema va affrontato».

      Il parere (contrario) dei costituzionalisti
      I sindaci che dicono no al decreto sicurezza proclamano di fatto un atto di disobbedienza contro la legge 132/2018. Oppure, di obbedienza costituzionale: dipende dai punti di vista. È un attacco politico? Per Nardella è resistenza a uno “scempio umanitario”. Per Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte Costituzionale, «il sindaco non può disapplicare la legge». Dello stesso parere altri illustri costituzionalisti. Il ministro dell’Interno Matteo Salvini avverte i primi cittadini: «Ne risponderanno personalmente, legalmente, penalmente e civilmente perché è una legge dello Stato che mette ordine e mette regole». «Ho fatto un atto istituzionale, da sindaco. Perché ritengo che questo decreto realizza una violazione dei diritti umani. La vogliamo smettere di dire che chi rispetta i diritti umani è eversivo?», dichiara Orlando.

      La proposta dell’Anci, un tavolo ministeriale per correttivi
      E a sostegno di questi sindaci, che governano territori in cui l’accoglienza ha funzionato, avviando gli immigrati all’autonomia e in molti casi alla piena integrazione, ora Antonio Decaro, presidente dell’Anci (Associazione nazionale dei Comuni italiani) propone «un tavolo di confronto in sede ministeriale per definire le modalità di attuazione e i necessari correttivi a una norma che così com’è non tutela i diritti delle persone». C’è poi chi si spinge fino all’ipotesi di un referendum abrogativo. Come Maurizio Martina (Pd) che afferma: «Quel decreto porta solo più insicurezza sulla pelle di tutti i cittadini. È giusto contrastarlo per difendere le città dalla follia della propaganda».

      La disposizione del sindaco Orlando
      Orlando è passato ai fatti prima di Natale: con una disposizione indirizzata ai dirigenti del Comune, ha ordinato di sospendere l’applicazione della legge, dando mandato «di approfondire tutti i profili giuridici anagrafici derivanti dall’applicazione della legge 132/2018». «Nelle more di tale approfondimento - ha scritto il sindaco - impartisco la disposizione di sospendere, per gli stranieri eventualmente coinvolti dalla controversa applicazione della legge 132/2018, qualunque procedura che possa intaccare i diritti fondamentali della persona in particolare, ma non esclusivo, riferimento alle procedure di iscrizione della residenza».

      Il sistema Palermo
      Per capire la posizione netta assunta dal sindaco di Palermo è necessario conoscere il sistema per l’integrazione della sua città: «Accoglienza diffusa, organizzata d’intesa con Prefettura e Questura, in collaborazione con associazioni e università, suddivisa tra Cas, Sprar e piccole comunità», spiega Giuseppe Mattina, da 18 mesi assessore comunale alla Cittadinanza Sociale. Nel dettaglio: 40 comunità per minori non accompagnati, 12 Cas (Centri di accoglienza straordinaria, ma con numeri contenuti), 6 Sprar (di cui uno dedicato a soggetti vulnerabili). In totale, poco più di 1700 i beneficiari e circa 5500 gli operatori attivi nei progetti. «Qua è saltato un sistema organizzato, che garantiva davvero la sicurezza del territorio e a tutti gli stessi diritti», spiega Mattina. Tanti i siciliani coinvolti in attività di volontariato: «Un approccio che dimostra un processo culturale profondo. A Palermo non c’è scuola, ad esempio, che non sia partecipe di progetti di integrazione. Questa è cultura dell’accoglienza e dell’uguaglianza».

      “Ragazzi Harraga”
      Ma a riflettere lo spirito umanitario del capoluogo siciliano è soprattutto il progetto “Ragazzi Harraga”, iniziativa di inclusione sociale per minori migranti non accompagnati, gestita dal Centro italiano aiuti all’infanzia di Palermo, nata con il bando Never Alone: una rete di nove fondazioni per favorire l’autonomia e l’inclusione dei giovani migranti soli sul territorio italiano, garantendo il pieno rispetto dei loro diritti. Che si inserisce nel programma europeo EPim – European Programme on Integration and Migration - per promuovere gli stessi obiettivi anche in Grecia, Germania e Belgio.

      Le “imprese accoglienti” per l’inclusione lavorativa
      In Italia ne hanno beneficiato in più di 300. Settanta giovani hanno frequentato tirocini e laboratori e più di 20 sono stati assunti da imprese “accoglienti”, una cinquantina di attività, dall’abbigliamento alla ristorazione, impegnate a realizzare un modello di inclusione lavorativa. «Harraga è un termine arabo che indica i ragazzi che bruciano le frontiere, che attraversano i deserti e il mare, che durante il loro viaggio vengono più volte venduti e rapiti. Impiegano almeno 4 anni per arrivare in Italia, partono bambini e arrivano adolescenti. E nel loro peregrinare imparano le lingue dei posti in cui hanno vissuto e tanti mestieri. Noi qui lavoriamo per valorizzare le loro competenze, anche quelle informali. Molti frequentano la scuola, prendono la licenza media, poi quella superiore, alcuni anche la laurea. Sono brillanti, volenterosi e capaci», spiega Alessandra Sciurba, filosofa del diritto prestata alla causa umanitaria, che coordina il progetto dei Ragazzi Harraga. Said (dal Camerun), Amoud (dal Gambia) e Rita (dalla Nigeria), con una storia difficile di immigrazione alle spalle, oggi si occupano dell’inserimento abitativo dei migranti soli neomaggiorenni. Sostengono il pagamento di affitti e bollette con i proventi di una foresteria organizzata nel complesso di Santa Chiara, quartiere Ballarò, che ospita turisti solidali.

      Echi del modello Riace
      Sono echi del modello Riace, il borgo dell’accoglienza calabrese che in 20 anni di attività ha risollevato l’economia del posto e rigenerato il tessuto sociale attraverso un nuovo sistema di integrazione: un’esperienza spazzata via da un’inchiesta giudiziaria - di cui si attendono sviluppi - che ha sospeso dalle sue funzioni il sindaco Mimmo Lucano, vietandogli la dimora a Riace. Così il piccolo centro della Locride è tornato un paese fantasma. Intanto Lucano colleziona cittadinanze onorarie nei comuni d’Italia. Gli ultimi (dopo Milano, Firenze, Bologna, Scicli), i municipi di #Oriolo, #Capranica e #Sutri, con il sindaco Vittorio Sgarbi.

      https://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2019-01-03/ecco-comuni-che-sospendono-decreto-sicurezza-contro-salvini-144932.shtm

      #Roma:

      Anche Virginia Raggi, sindaca di Roma, ha chiesto al governo di mitigare gli effetti del decreto.

    • Decreto Sicurezza? #Gori: «Produce irregolarità e insicurezza»

      Il sindaco di Bergamo: «Condannerà molti immigrati a vivere di espedienti, con una crescita dei reati. Condivido la richiesta di convocare urgentemente un incontro tra ministero e sindaci»


      https://bergamo.corriere.it/notizie/cronaca/19_gennaio_03/decreto-sicurezza-gori-produce-irregolarita-insicurezza-330f1474-0f
      #Bergamo

    • 1. Leoluca Orlando (Palermo)
      2. Luigi De Magistris (Napoli)
      3. Dario Nardella (Firenze)
      4. Federico Pizzarotti (Parma)
      5. Giuseppe Falcomatà (Città Metropolitana Reggio Calabria)
      6. Alessio Pascucci (Cerveteri, RO)
      7. Elisabetta Serra (Vaie, TO)
      8. Marco Alessandrini (Pescara)
      9. Vincenzo Giannone (Scicli, RG)
      10. Virginio Merola (Bologna)
      11. Francesco Italia (Siracusa)
      12. Nicola Sanna (Sassari)
      13. Vittorio Sgarbi (Oriolo, Capranica e Sutri,CS)
      14. Orlando Pocci (Velletri, RO)
      15. Giorgio Gori (Bergamo)
      16. Giuseppe Sala (Milano)
      17. Valeria Mancinelli (Ancona)
      18. Francesco Martines (Palmanova,UD)
      19. Paolo Erba (Malegno, BS)
      20. Giovanni Ruvolo (Caltanissetta)
      21. Giorgio Monti (Mezzago, MB)
      22. Mario Bruno (Alghero, SS)
      23. Davide Drei (Forlì)
      24. Sergio Giordani (Padova)
      25. Rösch (Merano)
      26. Alessandro Tambellini ( Lucca)

      Questi sono i sindaci contro il decreto sicurezza.
      E in fase di aggiornamento.

      https://www.facebook.com/chiara.marchetti.3979/posts/10219235983558361?comment_id=10219236567412957&notif_id=1546706224581648&n

    • Anche #Castelbuono sfida il ministro Salvini: “Non applicheremo il decreto sicurezza”

      “Apprezziamo la scelta del Sindaco di Palermo e di altri Sindaci d’Italia di sospendere l’applicazione della Legge 132/2018 meglio conosciuta come decreto sicurezza, iniziativa che il Comune di Castelbuono ha già avviato a partire dallo scorso 29 novembre con l’approvazione da parte del Consiglio comunale di un ordine del giorno per esprimere il proprio giudizio negativo sulle misure contenute nella legge e chiederne la sospensione su tutto il territorio comunale, suscitando anche la reazione di alcuni esponenti della Lega”. Lo ha detto il capogruppo di maggioranza Andrea Prestianni.

      “La decisione del principale organo collegiale locale rappresenta la massima espressione democratica, in un ordimento costituzionale democratico come il nostro; conseguentemente l’Amministrazione comunale e il Sindaco Mario Cicero chiede ai propri uffici di approfondire i profili giuridici derivanti dall’applicazione della sopra citata legge, con particolare riferimento ai rischi di violazione dei diritti umani, come garantiti dal diritto internazionale e dalla nostra Costituzione, e nelle more sospenderne l’applicazione – dice il capogruppo – Noi non applicheremo mai nessuna legge in contrasto con i princìpi espressi dalla nostra Costituzione. Abbiamo contestato e contestiamo quella legge ritenendo che lo smantellamento del sistema Sprar e la cancellazione della “protezione umanitaria” avrebbe aumentato significativamente il numero di persone in condizione di marginalità e clandestinità nelle città e nei territori. Oggi anche gli studi dell’Ispi sui dati del Ministero dell’Interno confermano quelle previsioni”.

      Secondo Prestianni, appare chiara la volontà del governo di non risolvere i problemi, ma al contrario alimentare il clima di discriminazione, razzismo, tensione sociale e ostilità nei confronti dei migranti e tra cittadini stessi, al fine di raccogliere il massimo consenso elettorale possibile alle prossime elezioni europee. “Ci auguriamo che tanti altri Sindaci d’Italia seguano l’esempio di quelle città e comuni, come Castelbuono e Palermo, che si sono già espressi contro il decreto Salvini, e che possa allargarsi sempre di più il fronte di realtà istituzionali, politiche e sociali che difendono i valori della solidarietà, della fratellanza e della pace”.

      https://www.madoniepress.it/2019/01/04/anche-castelbuono-sfida-il-ministro-salvini-non-applicheremo-il-decreto

    • Decreto sicurezza, anche la Regione si oppone a Salvini: «600 mila euro per seconda accoglienza»

      Decreto sicurezza, anche la Regione si oppone a Salvini: «600 mila euro per seconda accoglienza»
      „Non solo i sindaci in campo contro il decreto Sicurezza in tema di migranti. Anche la Regione Lazio di Nicola Zingaretti si è schierata contro la legge che abolisce di fatto il permesso di soggiorno per motivi umanitari (mantenendo solo alcune categorie) e rivede radicalmente il sistema dell’accoglienza, aprendo le porte degli Sprar (che si chiameranno Siproimi solo ai titolari di protezione internazionale escludendo quanti sono in attesa. “

      https://www.romatoday.it/politica/decreto-sicurezza-regione-lazio.html

    • Rivolta contro il decreto sicurezza, il sindaco di #Alghero: «Salvini non ci spaventa»

      La rivolta dei sindaci di centrosinistra al decreto Salvini si estende a macchia di leopardo e arriva anche in Sardegna. #Mario_Bruno, sindaco di Alghero, si schiera con il primo cittadino di Palermo, Leoluca Orlando, e gli altri sindaci che lo hanno seguito, pubblicando su Facebook un post inequivocabile: «Salvini non ci spaventa. A volte bisogna andare controcorrente, per non appoggiare una pericolosa deriva razzista».

      Al centro della ribellione c’è, ancora una volta, la questione migranti e in particolare lo stop ai certificati di residenza voluto dal ministro dell’Interno Salvini. Il sindaco di Alghero spiega: "Lo abbiamo già scritto al presidente Conte: pronti a sospendere gli effetti nei nostri comuni se non ci sarà un confronto nel merito con i sindaci, con chi vive i problemi da vicino. Siamo abituati a risponderne. Da tutti i punti di vista. Per tutti i nostri concittadini. Faremo ciò che è giusto tenendo conto innanzitutto della nostra coscienza e della nostra umanità, come facciamo ogni giorno.

      https://www.youtg.net/v3/dal-mondo/13408-rivolta-contro-il-decreto-sicurezza-il-sindaco-di-alghero-salvini-non-c

    • Il consiglio chiede lo stop al decreto Salvini con il sì di Bindocci (M5S)

      È passata anche con il voto favorevole del capogruppo del Movimento 5 Stelle in consiglio comunale, Massimiliano Bindocci, la mozione presentata dalla maggioranza di centrosinistra che impegna il sindaco e la giunta di Lucca a chiedere al ministro dell’interno e al governo di sospendere fino alla conclusione dell’iter parlamentare gli effetti dell’applicazione del cosiddetto «decreto Salvini», per aprire un tavolo di confronto tra governo, regioni ed enti locali sulle ricadute territoriali del provvedimento.

      https://www.lagazzettadilucca.it/politica/2018/11/il-consiglio-chiede-lo-stop-al-decreto-salvini-con-il-si-di-bindoc

    • #Pocci: «Velletri modello di integrazione. No al decreto Salvini»

      #Orlando_Pocci, Sindaco di Velletri, ha preso una dura posizione sul decreto sicurezza: «Alla luce di quanto sta accadendo dopo l’approvazione del cosiddetto decreto Salvini sulla sicurezza, che di fatto ha creato dei nemici inesistenti come “il clandestino”, esprimo preoccupazione e condivido l’appello lanciato da più parti sulla necessità di aprire un tavolo di confronto tra il Governo e l’ANCI.

      https://www.ilmamilio.it/c/comuni/12538-pocci-%C2%ABvelletri-modello-di-integrazione-no-al-decreto-salvini%C

    • Decreto Salvini: 4 sindaci irpini si alleano con De Magistris

      «Come sindaci impegnati sul fronte dell’accoglienza e della integrazione di comunità mediante Sprar abbiamo in più riprese espresso netta contrarietà rispetto al decreto Salvini. Penalizzando i modelli positivi di integrazione e rendendo di fatto impossibile regolarizzare le posizioni dei migranti cui è già stato riconosciuto lo status di rifugiati più che sicurezza si produce illegalità.»

      E’ quanto affermano in una nota congiunta quattro sindaci irpini #Angelina_Spinelli di #Santa_Paolina, #Giuseppe_Lombardi di #Petruro_Irpino, #Virgilio_Donnarumma di #Torrioni e #Roberto_Del_Grosso di #Roccabascerana

      https://www.ottopagine.it/av/attualita/173691/decreto-salvini-4-sindaci-irpini-si-alleano-con-de-magistris.shtml

    • Dl Sicurezza, i sindaci dell’#Empolese_Valdelsa: «Sosteniamo il ricorso della Regione»

      Il decreto Sicurezza deve fare i conti con molti sindaci. In parecchi in Toscana hanno dichiarato di temere le conseguenze sociali del dl e pensano a frenarne lì’attuazione. Tra questi anche i primi cittadini degli undici comuni dell’Empolese Valdelsa (#Capraia e #Limite, #Castelfiorentino, #Cerreto_Guidi, #Certaldo, #Empoli, #Fucecchio, #Gambassi_Terme, #Montaione, #Montelupo_Fiorentino, #Montespertoli, #Vinci), che hanno diramato la seguente nota congiunta.

      https://www.gonews.it/2019/01/04/decreto-dl-sicurezza-sindaci-empolese-valdelsa

    • #Rimini. Anche #Gnassi contro il decreto Salvini

      Dopo altri sindaci del Pd anche quello di Rimini interviene sul decreto sicurezza: “Tutto il problema dell’immigrazione – sostiene Andrea Gnassi – si scaricherà sulle strade delle città, senza più alcun tipo di programma o progetto di integrazione e gestione”. A innescare la protesta collettiva, sfociata poi in un duro scontro con il ministro dell’Interno Salvini, è stata la decisione del sindaco di Palermo Leoluca Orlando, di sospendere l’applicazione del decreto proprio nella parte che riguarda i migranti. “Senza progetti di attività sociali varati dai comuni come, ad esempio, quello di volontariato riminese, ribattezzato ‘Civivo’, per Gnassi siamo di fronte ad “una vera bomba che rischia di esplodere nelle comunità locali, altro che sicurezza. Credo – osserva – che il percorso di revisione di questo provvedimento debba adesso passare prima di ogni cosa per un tavolo di confronto tra Anci e Ministero. Bisogna apportare i necessari provvedimenti e – conclude il primo cittadino riminese – gli obbligatori emendamenti affinché tutto questo non si scarichi drammaticamente sulle città”.

      http://giornaledirimini.com/rimini-anche-gnassi-contro-il-decreto-salvini

    • I sindaci di #Lipari, #San_Piero_Patti e #Castel_di_Lucio “no al decreto Salvini ma senza scontri istituzionali”

      “Sulla legittimità del decreto sicurezza sarà la Corte costituzionale a pronunciarsi. Di certo il decreto Salvini non deve aggravare situazioni di disagio e marginalità nelle nostre città”.

      Così, in una nota, tre sindaci della provincia di Messina, Marco Giorgianni, primo cittadino di Lipari, Salvino Fiore di San Piero Patti e Pippo Nobile di Castel di Lucio.
      I tre amministratori chiedono l’avvio di “una fase di dialogo istituzionale volta all’introduzione dei necessari correttivi al decreto”.

      http://www.messinaora.it/notizia/2019/01/05/sindaci-lipari-san-piero-patti-castel-lucio-no-al-decreto-salvini-senza-scontri-istituzionali/113601

    • Sicurezza: Oliverio, ricorso a Consulta

      «Assieme alle altre Regioni che in questi giorni hanno annunciato un’analoga iniziativa, evidenziando le nostre stesse preoccupazioni, ci rivolgeremo alla Corte Costituzionale per chiedere l’annullamento della normativa al fine di stoppare una legge che viola diversi trattati internazionali sui diritti umani e i principi fondanti la nostra Costituzione». Lo afferma, in una dichiarazione, il presidente della Regione Calabria, #Mario_Oliverio, in relazione al Decreto sicurezza del Governo.
      «Avevo già espresso, in occasione del dibattito parlamentare circa l’approvazione del Decreto Sicurezza - aggiunge Oliverio - tutte le mie perplessità rispetto ad un provvedimento fortemente discriminatorio nei confronti di persone, immigrati regolari, che non potranno godere di diritti fondamentali. Oggi, gli atti di disobbedienza annunciati e praticati da diversi sindaci italiani confermano le mie preoccupazioni ed hanno il mio pieno sostegno».

      http://www.ansa.it/calabria/notizie/2019/01/05/sicurezza-oliverio-ricorso-a-consulta_df5c4b6c-3361-48cd-bc61-777e0132d730.html

    • Immigration en Italie : les maires de gauche entrent en fronde contre Matteo Salvini

      Plusieurs élus refusent d’appliquer un décret pour limiter les droits des migrants voulu par le ministre de l’intérieur d’extrême droite.

      « Je ne lâcherai pas d’un millimètre ! ». Sous son Tweet affichant sa détermination de fer, Matteo Salvini a posté, jeudi 3 janvier, un photomontage de quatre élus du Parti démocrate (gauche), affublés du slogan " les clandestins d’abord ". Une formule qui prend le contre-pied de son slogan politique (" Les Italiens d’abord "), résumant toute l’intensité du bras de fer qui commence en Italie autour du décret sur l’immigration voulu par le ministre de l’intérieur d’extrême droite.

      Figure emblématique de cette fronde, Leoluca Orlando, maire de Palerme, a annoncé en premier suspendre le décret dans sa commune. Les employés de l’état civil de la capitale sicilienne ont reçu la consigne de poursuivre l’inscription de tout migrant disposant d’un permis de séjour en règle. Depuis des mois, M. Orlando vante sa ville cosmopolite comme symbole d’ouverture, et de résistance à la politique de fermeture des ports bruyamment revendiquée par le ministre de l’intérieur. Après, tout, le nom grec de la cité ne signifie-t-il pas " refuge idéal " ?

      " Traîtres " Si la bataille est dans les symboles, elle est aussi sur le terrain juridique. Pour le maire de Palerme, la nouvelle loi viole les droits humains pourtant garantis par la Constitution italienne. " Il s’agit de mesures inhumaines et criminogènes, a fustigé l’édile, parce qu’elles transforment en illégaux des personnes qui se trouvent légitimement sur notre territoire. " Le maire de centre-gauche s’est dit prêt à aller jusqu’à la Cour constitutionnelle pour faire annuler le décret.

      L’une des principales mesures du décret est l’abrogation des permis de séjour humanitaires de deux ans qui permettaient un accès à l’emploi et aux services sociaux. Pour bien des maires, ces permis garantissaient la stabilité du tissu social de leur commune. Ils permettaient notamment l’accès au service sanitaire national, passage obligé pour bénéficier des offres de soin élémentaires, comme le médecin de famille.

      " Il faut évaluer l’impact social et économique du décret sur nos villes, déjà pénalisées par les coupes de la loi budgétaire ", s’inquiète Beppe Sala, le maire démocrate de Milan, qui craint de voir de plus en plus de sans-abri dans les rues, dont la prise en charge pèsera sur le budget municipal.

      La révolte semble faire tache d’huile. D’autres élus de grandes métropoles ont vite emboîté le pas du maire de Palerme, à Naples, à Florence ou à Parme. La fronde est alimentée par Matteo Salvini lui-même, qui n’a pas hésité à les qualifier de " traîtres ", les menaçant d’en répondre devant la justice. La loi, signée par le président de la République, est faite pour être appliquée, a rappelé le dirigeant de la Ligue.

      Le décret sur l’immigration prévoit également un démantèlement du réseau Sprar, le système de protection des demandeurs d’asile et des réfugiés, fruit d’un accord passé en 2002 entre les communes et le ministère de l’intérieur. Il s’adressait aux citoyens étrangers possédant un permis de séjour, leur permettant de bénéficier de cours de langue ou d’accéder à un logement.

      "C’est du fascisme" Avec la loi Salvini, les structures bénéficiant des compétences du Sprar ne seront désormais ouvertes qu’aux mineurs non accompagnés ou aux réfugiés de guerre. Les autres migrants doivent être transférés dans des centres d’hébergement que certains qualifient de centres de rétention. Une véritable bombe sociale, qui scandalise de nombreux élus locaux.

      " Cette loi nous rappelle des années sombres ", déplore Gennaro Capparelli, le maire d’#Acquaformosa, en Calabre, qui a longtemps été présentée comme un modèle d’intégration. Grâce aux migrants, ce village d’un peu plus de mille âmes a échappé à la désertification. Des emplois ont été créés et l’école n’a pas fermé. Mais, dans quelques mois, #Gennaro_Capparelli ne bénéficiera plus des fonds nécessaires du Sprar. " Jamais je n’aurais pensé qu’un ministre en arrive là, c’est du fascisme ", dit-il.

      Dans cette confrontation avec le gouvernement, certains élus plaident pour le dialogue, comme le maire démocrate de Bari, Antonio Decaro, qui préside l’Association nationale des communes italiennes. Il a demandé une réunion d’urgence au ministère de l’intérieur. Pour l’heure, Matteo Salvini n’a pas donné suite.

      https://www.lemonde.fr/international/article/2019/01/04/immigration-en-italie-les-maires-de-gauche-entrent-en-fronde-contre-matteo-s

    • Decreto Salvini, sindaca del Pd chiede la sospensione della legge a #Sestri_Levante

      Sicurezza e immigrazione. Anche la sindaca del Pd #Valentina_Ghio si schiera con i colleghi di sinistra ed estrema sinistra, come il palermitano Leoluca Orlando e il napoletano Luigi De Magistris, contro il Decreto Salvini, convertito in legge dal Parlamento e promulgato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella.


      https://www.ligurianotizie.it/decreto-salvini-sindaca-del-pd-chiede-la-sospensione-della-legge-a-sestri-levante/2019/01/05/324426

    • Il sindaco Bellelli contro il decreto Salvini: «A Carpi tra 50 e 100 le persone che potranno scivolare nell’illegalità»

      „Anche il primo cittadino di Carpi si espone nei confronti delle misure sull’immigrazione al centro della polemica di queste ore, sperando in un intervento della Corte Costituzionale“


      https://www.modenatoday.it/politica/sindaco-bellelli-carpi-decreto-salvini-4-gennaio-2019.html

    • Il sindaco di #Montepulciano contro il decreto sicurezza di Salvini

      “Esprimo anzitutto la contrarietà dell’amministrazione comunale di Montepulciano e del suo sindaco al decreto sicurezza.

      Nel nostro territorio non viviamo un’emergenza-immigrazione ma il provvedimento, così come è, non può funzionare né sotto un profilo etico né sotto quello del trattamento umano.


      https://www.antennaradioesse.it/il-sindaco-di-montepulciano-contro-il-decreto-sicurezza-di-salvini

    • Anche Ioculano e #Scajola contro il decreto Sicurezza: «Salvini sbaglia»

      «Ritengo che le leggi vadano rispettate, quindi non posso essere d’accordo con i colleghi che non lo fanno. Detto questo, non condivido il Decreto sicurezza, sul quale sono peraltro mancati confronto e discussione». #Claudio_Scajola, sindaco di #Imperia e già ministro dell’Interno, il ruolo oggi di Salvini, distingue il livello istituzionale da quello politico. Ma quando entra nel merito del provvedimento, è durissimo: «C’è un aspetto, quello con cui si danno diritti diversi alle persone, che ritengo incostituzionale e anche inquietante. Mi ricorda un germe pericolosissimo, nella disparità di trattamento, di cui abbiamo già visto una triste esperienza nella nostra storia». Chiaro il riferimento alle legge razziali del fascismo.

      http://www.ilsecoloxix.it/p/imperia/2019/01/04/ADO5yeUD-sicurezza_ioculano_scajola.shtml

    • #Ventimiglia: decreto sicurezza, Ioculano “Alla scadenza dei primi programmi Sprar ci sarà gente in mezzo ad una strada”

      “E’ un decreto di facciata perché non si può ignorare il fatto che, sul nostro territorio, ci siano decine di migliaia di persone e di queste, volente o nolente, te ne devi fare carico.” A dirlo è il Sindaco di Ventimiglia Enrico Ioculano molto critico nei confronti del decreto sicurezza del Governo nei confronti del quali hanno espresso il proprio disappunto molti sindaci, primo fra tutti quello di Palermo, Leoluca Orlando.

      http://www.sanremonews.it/2019/01/03/leggi-notizia/argomenti/politica-1/articolo/ventimiglia-migranti-e-decreto-sicurezza-ioculano-alla-scadenza-dei-prim

    • Il Sindaco di #Sanremo sul decreto sicurezza: «Da tempo Sindaci ed Amministratori hanno espresso forti critiche»

      “Anzitutto va registrato il fatto che l’Anci aveva già espresso da tempo un parere negativo al decreto e che molti Sindaci ed Amministratori sia di centrodestra che di centrosinistra stanno esprimendo forti critiche in questi giorni”.

      Sono le parole del Sindaco di Sanremo, Alberto Biancheri, che collimano con quelle dei colleghi Scajola (#Imperia) e Ioculano (Ventimiglia). “Sul decreto – prosegue - oltre ai dubbi di incostituzionalità sollevati da più parti, nutro molte perplessità che possa risolvere qualcosa in termini di sicurezza pubblica, temo invece che possano acuirsi alcuni problemi sociali nel tempo. Mi rifaccio pienamente alle parole del nostro Presidente della Repubblica Sergio Mattarella quando dice che ‘la sicurezza la si realizza se è garantita la difesa dei valori della convivenza’. E’ necessario allora che siano rispettato i diritti umani di tutti ma anche che tutti rispettino la legge. E per chi non si attiene alle leggi che regolano la nostra democrazia serve pugno duro, carcere e garanzia della pena per chi commette reati, espulsioni immediate per criminali extracomunitari: questo è quello che intendo io per sicurezza e questo è quello che mi chiedono i miei cittadini”.

      http://www.sanremonews.it/2019/01/03/leggi-notizia/argomenti/cronaca/articolo/il-sindaco-di-sanremo-sul-decreto-sicurezza-da-tempo-sindaci-ed-amminist

    • #Enrico_Pusceddu Sindaco di #Samassi

      Ho letto con attenzione il Decreto Sicurezza e seguo lo svilupparsi della situazione che in questi giorni vede alcuni colleghi sindaci opporsi all’applicazione della Legge.
      Anche io ho maturato una posizione chiara sull’argomento.

      Il compito del Sindaco è quello di tutelare le persone presenti nel territorio di sua competenza. Questo dobbiamo fare nel rispetto dell’articolo 2 della Costituzione che “riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo”. Per cui se una Legge dello Stato nell’applicazione di alcuni suoi articoli contrasta con i principi prioritari e fondamentali della Costituzione è nostro dovere intervenire attuando tutte le disposizioni che consentano alle persone presenti nel nostro territorio di non veder mai violati i propri diritti.

      Lo farò seguendo i consigli del leader leghista Matteo Salvini, oggi Ministro dell’Interno, che ancora l’11 maggio 2016 dichiarava a Radio Padania che “La disobbedienza alle leggi sbagliate è una virtù” a proposito della Legge sulle Unioni civili per cui ancora lui chiedeva “a tutti i sindaci e amministratori locali di disubbidire a quella che è una legge sbagliata”.

      Essendo quindi un Amministratore “virtuoso” e considerando il cosiddetto Decreto Sicurezza inapplicabile, accoglierò l’invito di Matteo Salvini e disubbidirò a “una legge sbagliata”.
      In attesa che il legislatore o la Corte Costituzionale vi ponga rimedio mi assumerò la responsabilità di sospenderne l’applicazione nella parte in cui, essendo di mia competenza l’attuazione, si paleseranno violazioni dei diritti umani. Una volta chiarito dal legislatore come garantire i servizi basilari alle donne e agli uomini presenti nel mio territorio sarò ben lieto di revocarne, per quanto di mia competenza, la sospensione.

      Facendolo non mi riterrò un traditore o un nemico degli italiani secondo le affermazioni del nostro Ministro dell’interno che dice: “Chi aiuta i clandestini odia gli italiani, ne risponderà davanti alla legge e alla storia”.
      Intanto noi Sindaci, a differenza di altri, di fronte alla legge, alla storia, al giudizio dei cittadini o dei delinquenti che attentano alla nostra vita (in Sardegna ce ne sono tanti ma il Ministro dell’Interno pare non curarsene) ci siamo tutti i giorni senza nessun tipo di attenuante o di immunità parlamentare.
      Ancor meno mi sentirò un fuorilegge che aiuta i clandestini. Primo perché lo status di clandestino in Italia è curiosamente variabile, si può diventarlo anche per colpa di Leggi che dall’oggi al domani trasformano in “clandestini noti” anche coloro che hanno i documenti in mano o che attendono da mesi o anni che gli uffici preposti diano risposta alle loro richieste. Secondo perché i clandestini non sono per forza di cose delinquenti. Terzo perché ritengo che anche il “peggiore” dei clandestini sia prima di tutto una donna o un uomo a cui riconoscere dei diritti inviolabili.

      Infine, nel caso in cui il Ministro dell’Interno, rinnegando le sue stesse incitazioni alla disobbedienza, volesse intraprendere iniziative ispettive o sanzionatorie nei confronti del mio operato, le accetterò serenamente e nel pieno rispetto delle reciproche competenze e ruoli istituzionali (non sarà peggio dei mille problemi e responsabilità a cui ogni giorno i sindaci devono far fronte) coscienti che non è solo una fascia tricolore, un titolo di ministro della Repubblica o un insieme di like su un post che danno senso e dignità all’essere umani.

      https://www.facebook.com/enricopusceddu.sindacosamassi/posts/2179161155670668

    • Decreto sicurezza, anche il sindaco di #Mezzago contrario: «È obbedienza costituzionale»

      C’è anche il sindaco di Mezzago #Giorgio_Monti tra le voci che si oppongono al decreto sicurezza del ministro Salvini. Una “disobbedienza civile” lanciata dal sindaco di Palermo e accolta da Napoli, Milano, Bergamo, Firenze. Salvini: “Io non mollo”.

      https://www.ilcittadinomb.it/stories/Cronaca/decreto-sicurezza-anche-il-sindaco-di-mezzago-contrario-e-obbedienza-c

    • Decreto Salvini, la sfida di 60 sindaci e consiglieri comunali pugliesi: «Odg per chiedere lo stop»

      «Il sistema elaborato da Salvini - commenta il sindaco di #Bitonto (Bari), Michele Abbaticchio - è fallimentare. Con le chiusure di Cas e Sprar si tolgono vite umane dal circuito ’sano’ dell’accoglienza per immetterle in strada. Non occorre essere degli esperti per comprendere come gli effetti del provvedimento sarebbero addirittura opposti a quelli prefissati». «A voler essere sospettosi - aggiunge - verrebbe da pensare che questo incremento generalizzato di insicurezza e panico che si diffonderebbe nelle città sia una trovata utile per futuri fini elettorali».

      «Ci spieghi Salvini - afferma il sindaco di #Acquaviva_delle_Fonti (Bari), Davide Carlucci - come dovrebbe condurre questo provvedimento a una maggiore sicurezza nelle città se l’attuale Governo non ha stipulato nemmeno un accordo con i Paesi di provenienza dei migranti per il loro rimpatrio». «Per non parlare poi - conclude - dell’aspetto più prettamente ’umano’, che siamo certi non sarà stato preso in considerazione dal ministro, ovvero l’abbandono in strada di giovanissimi».

      https://bari.repubblica.it/cronaca/2018/11/02/news/sessanta_amministratori_contro_salvini-210585624

      J’ai envoyé un message au groupe FB du parti pour savoir qui étaient les 60 maires... voici la réponse:

      Salve Cristina, innanzitutto la ringraziamo per il suo lavoro. Quanto all’articolo, si spiega che il partito avrebbe, per mezzo dei suoi amministratori (con i quali copriamo, appunto, oltre 60 comuni pugliesi), provveduto a farsi portavoce del messaggio. Nello specifico, cioè, di presentare una mozione con la quale si chiedeva la revisione del decreto. Naturalmente, non in tutti la mozione ha avuto seguito. Anzi, abbiamo purtroppo notizie già di comuni dove non è stata approvata, poi, dalla maggioranza del consiglio. In altri casi, purtroppo, la discussione è stata rimandata. Quello che indicavamo nel pezzo era la volontà di produrre un documento da presentare in tutti i comuni dove abbiamo un referente (che non sempre è il sindaco ma può essere un assessore o un consigliere di maggioranza o minoranza) e questo effettivamente è stato fatto. Se ha altre richieste, non esiti a contattarci.

    • #Martines, #Palmanova: “Con il Decreto Sicurezza, aumenteranno gli immigrati irregolari”

      ”L’ANCI ha sempre avuto nel suo DNA il compito di dialogare con i Governi a livello nazionale e regionale per definire o discutere norme la cui applicazione interessa i comuni e quindi i sindaci. Ciò è stato fatto e si continua a fare nella costruzione delle varie finanziarie regionali o nella emanazione di leggi che riguardano gli assetti degli enti locali” commenta #Francesco_Martines, Sindaco di Palmanova e Componente Esecutivo di ANCI Friuli Venezia Giulia. E continua: “Nel caso della “legge sicurezza”, a suo tempo l’ANCI stessa aveva espresso perplessità e le preoccupazioni in merito ad alcune incongruenze costituzionali e sui percorsi applicativi. Ora alcuni sindaci, e io sono uno di quelli, rilevano legittimamente che la sua applicazione comporterebbe anche l’incremento e non la soluzione di problemi di carattere sociale, tra cui l’aumento considerevole nel tempo del numero degli irregolari.

      https://www.triesteallnews.it/2019/01/05/martines-palmanova-con-il-decreto-sicurezza-aumenteranno-gli-immigrat

    • Non solo sinistra, anche i sindaci M5S criticano il decreto Salvini

      No, non ci sono solo i sindaci di sinistra a criticare il decreto Salvini su immigrazione e sicurezza. A giudicare negativamente la legge, proprio come Leoluca Orlando, Luigi De Magistris, Dario Nardella ed altri, ci sono anche diversi primi cittadini M5S, su tutti il livornese #Filippo_Nogarin, che è anche vicepresidente dell’Anci. Ne parla oggi il Corriere della Sera (articolo di Marco Gasparetti), che ha raccolto pareri e dichiarazioni degli amministratori pentastellati che esprimono dissenso. Con Nogarin ci sono anche #Francesco_De_Pasquale, sindaco di #Carrara, #Andrea_Zuccalà, primo cittadino di #Pomezia, #Mario_Savarese, di #Ardea.

      https://www.giornalettismo.com/archives/2689502/sindaci-m5s-decreto-salvini

    • #Belluno, sindaco boccia decreto Salvini: «Italia più insicura»

      «Il Decreto Salvini sull’immigrazione non renderà l’Italia un Paese più sicuro, ma al contrario rischia di gettare in mano alla delinquenza organizzata migliaia di persone. È un provvedimento calato sul territorio da chi sta seduto dietro un banco o una scrivania a Roma e, per una decisione “di pancia”, scarica così le future emergenze sociali sui sindaci e sui suoi cittadini». Il sindaco di Belluno, Jacopo Massaro, ribadisce la bocciatura al decreto in materia di immigrazione e sicurezza, bocciatura già illustrata pochi giorni fa.


      https://www.vvox.it/2018/09/25/belluno-sindaco-boccia-decreto-salvini-italia-piu-insicura

      #Jacopo_Massaro

    • Decreto sicurezza, De Vecchis: “#Fiumicino si schiera coi clandestini, contro i cittadini”

      Fiumicino – “Spiace prendere atto che il sindaco di Fiumicino, condividendo la presa di posizione strumentale di Leoluca Orlando e di alcuni sindaci di sinistra (leggi qui), abbia deciso di schierarsi dalla parte dei clandestini contro i cittadini”. Lo dichiara William De Vecchis, Senatore della Lega.

      https://www.ilfaroonline.it/2019/01/03/decreto-sicurezza-de-vecchis-fiumicino-si-schiera-coi-clandestini-cittadini/254936

    • #Alessandra_Buzzo, sindaca di #Santo_Stefano_di_Cadore (BL)

      Lettera aperta al ministro ?
      Sono un sindaco ministro Salvini di un piccolo comune di montagna, ci siamo incontrati alcune volte e non le ho mai nascosto il mio pensiero.
      Le battaglie per il mio territorio le ho fatte tutte, la sanità, la viabilità, il lavoro, la scuola ecc.sempre in prima linea, sempre esponendomi, non curandomi delle conseguenza perché se si crede nella bontà di quello che si fa il coraggio è d’obbligo, anzi è scontato.
      Più volte sono stata pugnalata alle spalle ma poco importa perché la consapevolezza di agire con coerenza per garantire i diritti dei propri cittadini, per cercare di costruire futuro per chi vive la montagna, mi ha dato molta forza!
      L’ultima volta che ci siamo incontrati in occasione dell’alluvione dell’ottobre scorso, le ho ricordato il referendum per l’autonomia bellunese, la necessità di una fiscalità particolare per questi territori, i progetti ed i sogni di questa area interna ecc...
      Oggi non posso tacere e mi unisco come posso ai sindaci “disobbedienti” fosse solo per dirle che lei è fra i responsabili se non il responsabile dell’abbruttimento etico e morale che sta avvolgendo la nostra bella Italia.
      Fin da bambina mi sono sempre schierata a fianco degli ultimi, sognavo di cambiare il mondo e continuo testardamente a farlo.
      Non si fanno differenze fra persone, fra colore della pelle, orientamento sessuale, religioso, il dolore è dolore, la gioia è gioia, le speranze sono speranze i sogni sono sogni, per tutti indistintamente, così come naturalmente doveri e responsabilità anche se non tutti partono dalle stesse condizioni ed opportunità, non si può restare indifferenti di fronte alle sofferenze e difficoltà delle persone, non ci si gira dall’altra parte, non si cercano capi espiatori ma si trovano “umane” soluzioni.
      Non so se veramente si sente in pace con la propria coscienza e se lo è non so proprio come fa o che coscienza strana è la sua.
      Le chiedo gentilmente perché la gentilezza è una virtù, di rilassarsi, il consenso lo può ottenere senza seminare odio, facendo semplicemente il proprio dovere.
      Fra i vari doveri che tutti noi abbiamo le ricordo quello di insegnare ai propri figli amore, rispetto, solidarietà, condivisione, giustizia sociale ecc....con il proprio esempio.
      Naturalmente anche questa volta mi preparo a ricevere commenti poco carini se non insulti ma come dicevo: sono coraggiosa e dico quello che penso e che il cuore mi indica ❤️

      Ps. Non mi dica il solito:”se li porti a casa sua” perche già fatto anche quello

      https://www.facebook.com/alessandra.buzzo.3/posts/10212446447985764?hc_location=ufi

    • "Espulsi per il decreto Sicurezza": i #presepi del #Salento protestano contro il governo

      «Espulsi ai sensi del decreto Sicurezza». Recita così un cartello davanti alla Natività, per far capire che oggi «il Bambin Gesù non potrebbe restare nella grotta perché verrebbe immediatamente espulso». Tocca i tanti presepi allestiti nelle piazze del Salento la campagna #sicuridiessereumani, promossa da Arci Lecce: richiedenti asilo, organizzazioni e diocesi, Comuni, ospiti di Cas e Sprar e cittadini hanno voluto manifestare la loro contrarietà alle politiche del governo adottate nei confronti degli stranieri. La Natività è allora sottoposta a sgombero, i re Magi che arrivano nellla chiesa Santissima Maria Assunta di Cavallino restano increduli perché nella grotta non c’è più nessuno, mentre nei presepi viventi di Galatina, Acquarica di Lecce, Diso, Lequile, Caprarica, Trepuzzi, Alessano, Castiglione d’Otranto, Campi Salentina, Sogliano, Tricase, Castrignano De’ Greci, Patù e Lecce si srotolano striscioni che ripetono gli slogan ’Ogni uomo è mio fratello’ e ’Sicuri di essere umani’. L’intera campagna, promossa dal coordinamento leccese contro il decreto Sicurezza, si chiuderà il 6 gennaio a Lecce con un corteo che si concluderà in piazza Duomo, dove è allestito il presepe

      https://bari.repubblica.it/cronaca/2018/12/23/foto/presepi_solidali-214972984/amp

    • Decreto Salvini, scintille fra De Marchi, Dara e Palazzi

      Palazzi dal canto suo si dice rispettoso delle leggi, e non aderirebbe al cartello Orlando, pur asserendo che il decreto Salvini «è sbagliato, e produrrà illegalità e lesioni a diritti fondamentali; ma io non chiederò ai funzionari del Comune di non applicarlo». Tuttavia, prosegue, «a Mantova non smetteremo mai di assistere chi ha bisogno», e solleva il caso dei minori stranieri non accompagnati, da cui in applicazione del decreto «avremo più insicurezza, perché rendere illegali coloro che oggi hanno la residenza rende sostanzialmente impossibili gli accertamenti».

      https://vocedimantova.it/cronaca/decreto-salvini-scintille-fra-de-marchi-dara-e-palazzi
      #Mantova

    • "Al fianco di Leoluca Orlando". Lettera dei sindaci della provincia

      Un gruppo di sindaci del Palermitano si è schierato ufficialmente con il primo cittadino di Palermo, Leoluca Orlando, nello scontro con il ministro dell’Interno Matteo Salvinin sull’applicazione del decreto Sicurezza. Si tratta di #Franco_Ribaudo di #Marineo, #Ciccio_Nicolosi di #Corleone, #Franco_Agnello di #Villafrati, #Epifanio_Mastropaolo di #Godrano, #Massimo_Diano di #Santa_Cristina_Gela, #Rosario_Petta di #Piana_degli_Albanesi, #Piero_Aldeghieri di #Campofelice_di_Fitalia, che fanno parte del «Centro polifunzionale per l’inclusione degli immigrati della #Valle_dell'Eleuterio_di_Marineo».

      https://livesicilia.it/2019/01/03/al-fianco-di-leoluca-orlando-lettera-dei-sindaci-della-provincia_1024679

    • #Monterotondo:
      Contro il decreto Salvini per la tutela dei migranti e della sicurezza del territorio

      Il Vicesindaco reggente Antonino Lupi si schiera al fianco del Sindaco di Palermo Leoluca Orlando.

      In armonia con gli orientamenti del Consiglio Comunale, fortemente contrari al Decreto Sicurezza, il Vicesindaco Reggente Antonino Lupi:

      esprime pieno sostegno ideale all’iniziativa promossa dal Sindaco di Palermo Leoluca Orlando contro l’applicazione di alcune norme fortemente discriminatorie verso i migranti, in particolare contro quelle che impediscono l’iscrizione anagrafica di richiedenti asilo pur in possesso di regolare permesso di soggiorno;

      auspica che la conseguente azione, avviata ai diversi livelli istituzionali, possa far si che la Corte Costituzionale si esprima, nel più breve tempo possibile, sulla costituzionalità di norme che, oltre a risultare lesive di diritti umani tutelati dalle convenzioni internazionali, appaiono violare valori e principi fondanti della nostra Costituzione;

      si unisce alla richiesta rivolta all’ANCI ed al suo Presidente Antonio Decaro di avviare un serrato confronto con il Governo Centrale per l’esame e la risoluzione dei numerosi problemi che si stanno generando sui territori a seguito dell’applicazione di alcune delle norme contenute nel Decreto Salvini e per la revisione dei contenuti del decreto stesso.

      “Forte dell’esperienza pluriennale che ha visto il nostro Comune impegnato in progetti di accoglienza, di integrazione e di autonomia di tanti migranti inseriti nei progetti SPRAR, ritengo che il Decreto Salvini che, a parole, vorrebbe garantire sicurezza, finirà con il generare rottura della coesione sociale, insicurezza, illegalità e criminalità nei territori.

      L’uscita di tante persone da percorsi legali, controllati e monitorati, (come quelle dei progetti SPRAR ma anche quelli dei CARA come quello di Castelnuovo di Porto che accoglie oggi più di 400 persone), – prosegue il Vicesindaco Reggente Antonino Lupi – vorrà dire renderle senza volto (senza iscrizione anagrafica e relativa residenza), senza prospettive, senza speranze: tante persone disperate continueranno a vivere, a vagare nei nostri territori, saranno facile preda del malaffare.

      Il Governo ha colpevolmente ignorato il pensiero degli Enti Locali, delle organizzazioni del Terzo Settore, del Sindacato, della stessa Conferenza Episcopale Italiana, in merito ad un tema così complesso come quello dell’immigrazione.

      Il Governo, forse alla ricerca del facile consenso sulle politiche contro l’accoglienza dei migranti che caratterizzano tutti i governi di destra in Europa e nel resto del mondo, non ha saputo valutare gli effetti che le nuove norme generano sui territori e che rischiano di far saltare quel delicato equilibrio tra Stato Centrale e Enti Locali: al Governo gli onori e i successi elettorali, ai Sindaci gli oneri economici e sociali di scelte che, anziché risolvere i vecchi problemi, ne generano di nuovi, difficili da prevedere e da affrontare.”

      http://www.comune.monterotondo.rm.it/comunicati-stampa/contro-il-decreto-salvini-per-la-tutela-dei-migranti-e-della-

    • Decreto Salvini, da sinistra pressioni sui sindaci ma nessuno segue la linea Orlando. E Giacomelli: «La Regione faccia da guida ai Comuni»
      #Prato:

      #Biffoni frena: «Chiedo il rispetto delle regole anche quando non ci piacciono, va fatta una battaglia politica per cambiare il decreto a beneficio dei cittadini».

      Il sindaco di #Poggio e presidente della Provincia Francesco Puggelli critica in più di un aspetto questa legge voluta dal ministro Salvini: «Si chiama sicurezza ma di sicurezza ha ben poco e le norme che contiene generanno il caos. Mi aspettavo qualche strumento per combattere la microcriminalità e per impedire a persone arrestate in flagranza di reato, come il caso dei marocchini di Poggio, di essere rimessi in libertà dopo poche ore; mi aspettavo più soldi per la videosorveglianza che attendiamo da tempo. E’ una legge piena di norme discriminatorie e quindi anticostituzionali. Lotterò per cambiarla».

      #Edoardo_Prestanti, sindaco di #Carmignano, definisce il decreto «un abominio che non risolve nessun problema ma anzi ne crea di nuovi perchè apre la porta a persone per strada senza diritti. Siamo pronti al ricorso alla Consulta».

      Sulla stessa lunghezza d’onda il primo cittadino di #Montemurlo, #Mauro_Lorenzini: «Chiederò al Consiglio comunale di prendere una posizione politica in merito per imboccare la strada del ricorso alla Corte Costituzionale. Noi sindaci non possiamo violare la legge ma possiamo combattere per modificarla. Questo decreto crea più problemi di quanti ne risolva soprattutto in fatto di sicurezza e salute».

      Stessa posizione per i sindaci di #Vaiano e di #Vernio, #Primo_Bosi e #Giovanni_Morganti: «I nostri territori non sono toccati dal fenomeno come le grandi città - dicono - ma lotteremo nelle forme previste dalla legge per cambiare questo decreto che riteniamo ingiusto».

      Più sfumata la posizione del sindaco di Cantagallo, Guglielmo Bongiorno che si limita a dire: «Ho giurato sulla Costituzione che parla chiaro su accoglienza e discriminazione». Nessun chiarimento se applicherà o meno il decreto Salvini anche se in un piccolo Comune come il suo, in alta Val di Bisenzio, l’eventuale disobbedienza è un esercizio molto teorico.

      http://www.notiziediprato.it/news/decreto-salvini-da-sinistra-pressioni-sui-sindaci-ma-nessuno-segue-la

    • Da #Salerno diffida a Salvini. Appello al sindaco alla disobbedienza civile

      Un presidio, una diffida nei confronti di Conte, Salvini e Toninelli, e un invito alla disobbedienza civile al sindaco di Salerno, #Vincenzo_Napoli. Da Salerno si leva il grido di solidarietà e umanità verso i 49 migranti a bordo della Sea Watch e della Sea Eye, in mare ormai da 15 giorni, impossibilitata a sbarcare sulle coste italiane a causa della presa di posizione del vicepremier della Lega. Lunedì mattina, alle 11, su iniziativa di Antonio Nigro e del collettivo Move to resist, sarà presentata, presso la prefettura di Salerno, regolare diffida nei confronti del presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte, il ministro dell’Interno Matteo Salvini e il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli.

      https://napoli.repubblica.it/cronaca/2019/01/06/news/da_salerno_diffida_a_salvini_-215979824

    • Cori, con la presentazione del corto ‘Non Calpestare’, l’amministrazione ricorda l’anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e stigmatizza il decreto sicurezza

      “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed uguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”. Questo è il primo articolo della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, un codice etico di importanza storica fondamentale: è stato il primo documento a sancire universalmente i diritti che spettano all’essere umano. ‘Non Calpestare’, il cortometraggio diretto nell’anno appena passato da Angelo Bianchi con i testi del collettivo letterario Cardiopoetica, che è stato presentato al Teatro Comunale ‘Luigi Pistilli’ di Cori, vuole essere proprio un contributo al 70° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani che “oggi più che mai – commenta il Sindaco Mauro De Lillis – manifesta la sua importanza nel nostro Paese: il cosiddetto decreto sicurezza da poco divenuto legge calpesta, infatti, sia i principi costituzionali sia i valori presenti nella Dichiarazione Universale. Esso mette in discussione anni di politiche tese all’accoglienza diffusa e all’integrazione, che sicuramente presentavano aspetti critici ma nel complesso realizzavano una forma di governo dell’immigrazione che stava dando buoni risultati. Ora noi Sindaci non abbiamo più la possibilità di garantire assistenza sociale e sanitaria ai richiedenti asilo. Non possiamo più garantire i diritti basilari assicurati agli altri cittadini. Una vergogna per l’Italia. Occorre – conclude il primo cittadino – un sussulto di responsabilità, di sensibilità e un forte atto di denuncia verso questo provvedimento. Credo che l’iniziativa di ieri possa aiutarci in tal senso, sollecitando una riflessione profonda e una seria presa di coscienza da parte di tutti”. Intanto, Mauro de Lillis di concerto con i colleghi Sindaci e con l’Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani) sta valutando i passi da compiere per accertare davanti a un giudice la costituzionalità della norma.


      http://www.mondoreale.it/2019/01/cori-con-la-presentazione-del-corto-non-calpestare-lamministrazione-ricor

    • #Salve, sindaco contro decreto Salvini, la Lega replica

      Il sindaco di Salve (Le) è intervenuto ieri sulle pagine della Gazzetta del Mezzogiorno unendosi al coro dei sindaci contro il decreto sicurezza di Matteo Salvini:

      «In una lettera scritta dalla prigione di Birmingham nell’aprile 1963, il reverendo Martin Luther King si chiede come sia possibile rispettare alcune leggi e disobbedire a delle altre. Trova la risposta nel fatto che possono darsi due tipi di leggi: giuste ed ingiuste. Il reverendo King afferma dunque di essere il primo ad avvertire la responsabilità legale e morale di obbedire alle leggi giuste, ma di sentire al tempo stesso la responsabilità morale di disobbedire alle leggi “ingiuste”.


      https://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/news/lecce/1098267/salve-sindaco-contro-decreto-salvini-la-lega-replica.html

      #Francesco_Villanova

    • Tra i sindaci in trincea contro il decreto Salvini

      A #Francesco_Maragno, sindaco di centrodestra di #Montesilvano, il dl Salvini non piace. “I latini – dice Maragno al Foglio – dicevano dura lex sed lex: è una legge dello stato e come tale va rispettata. Noi, finora, abbiamo applicato la legge Bossi-Fini per eliminare i rischi della presenza di immigrati lasciati a se stessi – come avviene con i Cas, Centri di accoglienza straordinaria – concentrandoci sulla valorizzazione degli Sprar”.

      Maragno condivide la protesta dei sindaci? “Condivido la preoccupazione su un aspetto di primaria importanza e su cui tanti colleghi sindaci, come me, si sono impegnati in prima persona per governare l’emergenza immigrati, venendo in soccorso del governo su una problematica che non rientra minimamente tra le competenze dei comuni. L’abbiamo fatto per spirito di solidarietà nei confronti del governo in difficoltà e ci saremmo aspettati, da parte di quest’ultimo, di essere presi in considerazione nel confezionamento della normativa cosa che, purtroppo, non è avvenuta con la conversione in legge”.

      https://www.ilfoglio.it/politica/2019/01/04/news/tra-i-sindaci-in-trincea-contro-il-decreto-salvini-231422

    • Valsusa, i sindaci in marcia contro il decreto Sicurezza

      Abituata da anni a scendere in piazza per manifestare il proprio dissenso, la Val Susa si prepara a imboccare la strada della manifestazione di protesta anche contro il decreto Sicurezza. O, meglio, contro gli effetti della norma varata dal governo Lega-Cinque Stelle su indicazione del partito di Matteo Salvini: il rischio, diconno, è di gettare nell’illegalità chi ha un regolare permesso di soggiorno e i tagli ai fondi per l’accoglienza, che potrebbero far saltare il progetto di integrazione di profughi e richiedenti asilo avviato oltre due anni fa sul territorio.

      L’ipotesi

      Per ora nulla è deciso, ma si fa largo l’ipotesi della marcia di Valle ad Avigliana il 26 gennaio, con sindaci e cittadini dietro gli striscioni per invocare il rispetto dei diritti umani e di chi fugge da guerre, fame e miseria. In settimana la questione sarà discussa dai primi cittadini, che cercheranno di conciliare le diverse anime sul delicato tema immigrazione: riportato di attualità a livello locale dall’annuncio del sindaco di Susa, Sandro Plano, che venerdì ha «bocciato» il provvedimento del governo, rassicurando però (anche a nome dei colleghi) che in Val Susa la legge verrà rispettata confidando nella sua bocciatura per incostituzionalità.

      Le parole del presidente dell’Unione dei Comuni, all’indomani di un primo confronto interno, sono suonate «affrettate» ad alcuni colleghi di Plano. Tanto che ha subito preso a circolare un ordine del giorno per sollecitare azioni più incisive. La prima a intervenire è Emanuela Sarti, responsabile del turismo in Unione montana: «Troppa fretta. E’ un tema su cui occorre un confronto serio» commenta la sindaca di Condove su Facebook a poche ore dalle dichiarazioni di Plano.

      Altri primi cittadini, da Fabrizio Borgesa (Chiusa San Michele) a Susanna Preacco (Sant’Antonino), intervengono sulla questione sposando le parole del sindaco di Firenze, Dario Nardella - tra i «disobbedienti» alla legge - e invitando ad approfondire il dibattito. Pure la consigliera regionale Stefania Batzella sprona i sindaci ad azioni concrete. E sempre Emanuela Sarti rilancia l’ipotesi di impugnare la legge: «La Regione sta valutando il ricorso alla Corte Costituzionale. Questa è la strada». La manifestazione di Valle potrebbe trovare un punto di contatto tra i «moderati» e chi è pronto ad alzare i toni. Nel frattempo, Vaie ha votato in Consiglio un ordine del giorno di netta contrarietà al Decreto Salvini.


      https://www.lastampa.it/2019/01/06/cronaca/valsusa-i-sindaciin-marcia-contro-il-decreto-sicurezza-prRl78guk2xs6ON8EgXVPM/pagina.html

      #Valsusa e tutti i suoi comuni (#Almese, #Avigliana, #Borgone_Susa, #Bruzolo, #Bussoleno, #Caprie, #Caselette, #Chianocco, #Chiusa_di_San_Michele, #Condove, #Mattie, #Mompantero, #Novalesa, #San_Didero, #San_Giorio_di_Susa, #Sant’Ambrogio_di_Torino, #Sant’Antonino_di_Susa, #Susa, #Vaie, #Venaus, #Villar_Dora, #Villar_Focchiardo)

    • #Piacenza:
      Decreto Salvini, #Giardino (Misto) “Illogiche alcune norme sull’immigrazione”

      «Alcune norme – non tutte – di tale decreto appaiono anche a me illogiche e incomprensibili. Si tratta delle disposizioni in materia di abolizione della protezione umanitaria, di restrizione del sistema di accoglienza, di esclusione dal registro anagrafico dei richiedenti asilo e di revoca della cittadinanza. Il resto del decreto presenta una sua organicità, ma su questi aspetti credo sia opportuno, anzi inevitabile intervenire con una correzione di rotta.»

      https://www.piacenzasera.it/2019/01/decreto-salvini-giardino-gruppo-misto-illogiche-alcune-norme-sullimmigrazione/279449

    • Decreto sicurezza: la Lombardia tra sindaci “ribelli” e sindaci “difensori”

      Polmiche a #Crema, dove il sindaco di Centrosinistra #Stefania_Bonaldi ha espresso il proprio dissenso in maniera chiara, anche attraverso la propria pagina Facebook, ed è stata invitata a dimettersi dalla leghista Gobbato.

      Ci ha messo la faccia anche il sindaco di #Cremona, #Gianluca_Galimberti, che ha dichiarato: “Il decreto produrrà nella nostra città più insicurezza, mettendo in difficoltà i Comuni che si troveranno ad affrontare da soli un fenomeno che andava gestito diversamente e congiuntamente, ma la sospensione degli obblighi di legge di un provvedimento approvato dal Parlamento non è nel potere di un sindaco e non è la soluzione adottabile dai Comuni.”E’ proprio dalla Bassa, per ciò che concerne la situazione lombarda, che stanno arrivando al momento le resistenze maggiori.

      https://giornaledimonza.it/politica/decreto-sicurezza-la-lombardia-tra-sindaci-ribelli-e-sindaci-difenso

    • SISTEMA SPRAR: DUBBI DEL CONSIGLIERE VIAN SUL DECRETO SALVINI E SULLE RIPERCUSSIONI AL COMUNE DI SAN DONÀ

      È stata presentata ieri dal Consigliere Vian l’interrogazione sul sistema Sprar, in contrasto con il Decreto Salvini e in ottica di eventuali ripercussioni al comune di San Donà di Piave.

      Nel testo letto ieri in Consiglio comunale, si fa riferimento alla situazione dello stesso comune: sono circa 60 i richiedenti asilo o i titolari di una qualche forma di protezione inseriti nei progetti SPRAR e CAS con il modello virtuoso dell’accoglienza diffusa. Secondo Vian, con l’applicazione del Decreto Salvini, quello che alcune amministrazioni (come San Donà) hanno raggiunto in termini di inclusione e autonomia delle persone accolte, verrebbe cancellato.

      “Le nuove norme non faranno altro che rafforzare la retorica di chi considera il fenomeno migratorio come straordinario ed emergenziale, quando invece è strutturale, alimentando un sistema non solo dannoso per i migranti e i territori, ma spesso anche poco trasparente in termini di gestione economica e finanziaria delle risorse pubbliche”, sostiene il Consigliere dem. “Non dobbiamo sottovalutare inoltre la presenza nei CAS di persone con vulnerabilità, attualmente titolari di permesso di soggiorno per motivi umanitari o di permessi speciali, come quello per motivi di salute, introdotti dal Decreto, che si vedono sfumare la possibilità di entrare nella rete SPRAR, finendo letteralmente per strada“. Questa la preoccupazione numero uno di Vian, il quale prosegue: “Tale Decreto prevede lo smantellamento di fatto della rete SPRAR e ciò si tradurrà nell’aumento delle persone ospitate nei grossi centri di accoglienza, hub e hotspot: strutture spesso sovraffollate che non riescono a garantire ai migranti l’assistenza sanitaria e legale né un percorso di inserimento e integrazione, incrementando quindi la loro marginalizzazione e il rischio di coinvolgimento degli stessi in attività illecite”. Dal circolo PD interviene anche la segretaria Sandre: “Non possiamo fare altro che pensare che questo sia l’obiettivo del ministro degli interni, per alimentare l’astio nei confronti di chi è costretto a cercare una vita migliore nel nostro continente, e ottenere consenso politico sulla spaccatura che questo tema crea tra i cittadini.”

      http://www.piavetv.net/2018/11/sistema-sprar-dubbi-del-consigliere-vian-sul-decreto-salvini-e-sulle-riperc
      #San_Donà_di_Piave

      v. anche:
      https://www.facebook.com/gruppoconsiliarepdsd/videos/269710063693456

    • I Sindaci della Rete dei Piccoli Comuni del #Welcome della provincia di Benevento e di Avellino che sottoscrivono il presente comunicato si schierano in solidarietà al dolore, alla fatica ed al grido di speranza delle popolazioni migranti; manifestano il proprio desiderio di trovare una soluzione concreta tra il corretto esercizio del dovere di accoglienza dello Stato Italiano sancito dalla Carta Costituzionale, i diritti civili riconosciuti dall’ordinamento giuridico e le risorse del welfare disponibili per i Comuni, si dichiarano apertamente contrari alle norme del cosiddetto “Decreto Sicurezza”, oggi legge 113/2018.
      Ci uniamo alle preoccupazioni espresse dal Sindaco di Bari, Antonio De caro, Presidente Anci:
      “Se ai migranti presenti nelle nostre città non possiamo garantire i diritti basilari assicurati agli altri cittadini, né, ovviamente, abbiamo alcun potere di rimpatriarli, come dovremmo comportarci noi sindaci? Inoltre da quando si è deciso di chiudere i centri Sprar, che distribuendo su tutto il territorio nazionale il flusso migratorio assicuravano un’accoglienza diffusa, anticamera di una necessaria integrazione, alcune città hanno visto un aumento considerevole di stranieri nei centri Cas e Cara, a gestione ministeriale". «Si è interrotto, così - aggiunge - un percorso virtuoso di accoglienza e integrazione e si è favorito l’aumento di tensioni sociali nelle comunità di riferimento».
      I nostri Piccoli Comuni del #Welcome avevano partecipato alle sedute della Commissione immigrazione ANCI riunite ad hoc per proporre emendamenti al Decreto nella sua fase di conversione in Parlamento, ma le osservazioni di noi Sindaci non sono state recepite in nulla dal testo legislativo approvato. Come dichiarato dal presidente della Commissione, Matteo Biffoni, a nome di tutti noi: “I Sindaci erano già allora consapevoli che applicare quelle norme avrebbe significato far diventare formalmente ‘invisibili’ persone che sui territori vivono e che in futuro torneranno a rivolgersi ai Comuni”.
      Per queste ragioni manifestiamo il nostro aperto dissenso all’applicazione della legge 113/2018 e ne chiediamo urgentemente una attenta revisione.
      Inoltre facciamo appello al Governo Italiano di voler accogliere i 49 profughi che si trovano tuttora a bordo di navi nel Mediterraneo dichiarando l’ospitalità immediata presso i nostri SPRAR, dove gli attuali posti liberi superano complessivamente quel numero.

      I SINDACI
      Domenico Canonico, #Baselice
      Vito Fusco, #Castelpoto
      Carlo Grillo, #Chianche
      Giuseppe Addabbo, #Molinara
      Giuseppe Lombardi, #Petruro_Irpino
      Roberto Del Grosso, #Roccabascerana
      Carmine Agostinelli, #San_Bartolomeo_in_Galdo
      Angelina Spinelli, #Santa_Paolina

      https://www.facebook.com/danibiella/posts/1280776618741066?comment_id=1281293568689371&notif_id=1547050269865860&not

    • Il sindaco di #Gaiola Biolè critico sul «Decreto sicurezza»: «Piena adesione alla manifestazione di sabato 27 ottobre»

      «In particolare per scongiurare le inedite e disastrose conseguenze sul sistema Sprar - cui come Comune abbiamo aderito - derivanti dalla applicazione del cosiddetto ’Decreto Sicurezza’»


      http://www.targatocn.it/2018/10/26/mobile/leggi-notizia/argomenti/attualita/articolo/il-sindaco-di-gaiola-biole-critico-sul-decreto-sicurezza-piena-adesione-al

      #Fabrizio_Biolè

    • Il sindaco di #Gaiola Biolè critico sul «Decreto sicurezza»: «Piena adesione alla manifestazione di sabato 27 ottobre»

      «In particolare per scongiurare le inedite e disastrose conseguenze sul sistema Sprar - cui come Comune abbiamo aderito - derivanti dalla applicazione del cosiddetto ’Decreto Sicurezza’»


      http://www.targatocn.it/2018/10/26/mobile/leggi-notizia/argomenti/attualita/articolo/il-sindaco-di-gaiola-biole-critico-sul-decreto-sicurezza-piena-adesione-al

      #Fabrizio_Biolè

    • Il sindaco di #Gaiola Biolè critico sul «Decreto sicurezza»: «Piena adesione alla manifestazione di sabato 27 ottobre»

      «In particolare per scongiurare le inedite e disastrose conseguenze sul sistema Sprar - cui come Comune abbiamo aderito - derivanti dalla applicazione del cosiddetto ’Decreto Sicurezza’»


      http://www.targatocn.it/2018/10/26/mobile/leggi-notizia/argomenti/attualita/articolo/il-sindaco-di-gaiola-biole-critico-sul-decreto-sicurezza-piena-adesione-al

      #Fabrizio_Biolè

    • Il sindaco di #Gaiola Biolè critico sul «Decreto sicurezza»: «Piena adesione alla manifestazione di sabato 27 ottobre»

      «In particolare per scongiurare le inedite e disastrose conseguenze sul sistema Sprar - cui come Comune abbiamo aderito - derivanti dalla applicazione del cosiddetto ’Decreto Sicurezza’»


      http://www.targatocn.it/2018/10/26/mobile/leggi-notizia/argomenti/attualita/articolo/il-sindaco-di-gaiola-biole-critico-sul-decreto-sicurezza-piena-adesione-al

      #Fabrizio_Biolè

    • Il sindaco di #Gaiola Biolè critico sul «Decreto sicurezza»: «Piena adesione alla manifestazione di sabato 27 ottobre»

      «In particolare per scongiurare le inedite e disastrose conseguenze sul sistema Sprar - cui come Comune abbiamo aderito - derivanti dalla applicazione del cosiddetto ’Decreto Sicurezza’»


      http://www.targatocn.it/2018/10/26/mobile/leggi-notizia/argomenti/attualita/articolo/il-sindaco-di-gaiola-biole-critico-sul-decreto-sicurezza-piena-adesione-al

      #Fabrizio_Biolè

    • Zona del Cuoio, i sindaci contro il Dl Sicurezza: «Slogan facili contro gli stranieri»

      Il decreto sicurezza fa discutere, e molto, anche in Toscana. Dopo le dichiarazioni di Dario Nardella, sono arrivate quelle dei sindaci dell’Unione dell’Empolese Valdelsa, a cui si aggiunge ora il coro dei primi cittadini della Zona del Cuoio, ovvero Santa Croce sull’Arno, Castelfranco di Sotto, Montopoli in Val d’Arno e San Miniato. Di seguito la nota congiunta a firma Giulia Deidda, Gabriele Toti, Giovanni Capecchi e Vittorio Gabbanini. Un provvedimento bandiera. Perfetto dal proprio punto di vista della propaganda. Parla alla pancia delle persone, slogan facile contro lo straniero e non creerà più sicurezza ma l’esatto opposto. E’ così che appare il “decreto sicurezza”, chiamato in questo modo anche se è legge dello stato, convertito dal Parlamento. Insomma una operazione perfetta per la campagna elettorale permanente. Che non risolve i problemi, ma questo è un dettaglio trascurabile. Condividiamo le critiche che sono state fatte da molte colleghi sindaci sugli effetti che si determinano col decreto sicurezza, perché colpendo sull’aspetto relativo ai diritti, va a incidere pesantemente anche sulla convivenza tra le persone. Mandare in una situazione di irregolarità molti migranti, senza attivare altri tipi di percorsi, è evidentemente il modo più veloce per creare le condizioni perché possano delinquere. Sono convinto che quando si creano delle situazioni di rottura di questa tipo, con molti sindaci che protestano in maniera pesante, la via maestra sarebbe quella di organizzare un incontro, per un dialogo necessario tra il governo e chi amministra le comunità a livello locale. Quindi vedo positivamente la apertura del presidente del consiglio, ammesso che poi abbia la forza di portarla avanti, e non debba subire il veto di qualche alleato di maggioranza. In questo contesto di forte scontro, condividiamo altresì la posizione della regione Toscana di ricorrere alla Corte Costituzionale, per la verifica delle parti della normativa che ne risultano in contrasto. In particolare l’articolo 13, che stabilisce come l’immigrato con permesso di soggiorno abbia diritto solo al domicilio e non alla residenza. Sembra un dettaglio ma è sostanziale, perché non consente di prestare l’assistenza sanitaria, né l’iscrizione a scuola dei figli, o l’iscrizione nelle liste di collocamento e nelle liste di mobilità. In questo percorso di ascolto una parte va dedicata al coinvolgimento dei volontari e delle associazioni che si occupano in ambito umanitario e di supporto.

      https://www.gonews.it/2019/01/06/dl-sicurezza-zona-cuoio-sindaci-decreto

    • Italia in Comune Puglia ‘schiera’ 60 amministratori contro il decreto Salvini

      Sindaci, assessori, consiglieri di Italia in Comune Puglia uniti per dire ‘no’ al decreto Salvini su immigrazione.

      Italia in Comune Puglia scende in campo contro il decreto Salvini. E lo fa con il suo fronte di oltre sessanta amministratori comunali, tra sindaci, consiglieri e assessori comunali, che si sono detti pronti a farsi portavoce di una mozione per chiedere la sospensione degli effetti del provvedimento in materia di immigrazione e sicurezza, sulla scorta di quanto avvenuto già in alcuni comuni del nord Italia.

      Il decreto del Ministero dell’Interno prevede, infatti, 23 mila migranti in meno nel circuito dell’ accoglienza, la revoca di circa 1500 permessi di protezione umanitaria e la chiusura di decine di Cas e Sprar. Tuttavia, le stime ANCI sono raccapriccianti per i Comuni: 280 milioni di euro di costi amministrativi che ricadrebbero su Servizi sociali e sanitari territoriali.

      Ma non è una questione solo di costi, avvertono dal partito: “Il sistema elaborato da Salvini è fallimentare. Con le chiusure di CAS e Sprar, si tolgono vite umane dal circuito ‘sano’ dell’accoglienza per immetterle in strada. Non occorre essere degli esperti per comprendere come gli effetti del provvedimento sarebbero addirittura opposti a quelli prefissati, ovvero aumento di clandestinità, casi di emarginazione sociale e, quindi, anche di delinquenza. A voler essere sospettosi, verrebbe addirittura da pensare che questo incremento generalizzato di insicurezza e panico che si diffonderebbe nelle città sia una trovata utile per futuri fini elettorali”, ha commentato Michele Abbaticchio, sindaco del comune di Bitonto.

      “Ci spieghi Salvini come dovrebbe condurre questo provvedimento a una maggiore sicurezza nelle città se l’attuale Governo non ha stipulato nemmeno un accordo con i Paesi di provenienza dei migranti per il loro rimpatrio. Se questi soggetti vengono sbattuti fuori dai centri di accoglienza e non vengono rimpatriati, dove finiranno, se non sulle nostre strade? Per non parlare, poi, dell’ aspetto più prettamente ‘umano’ della questione, che siamo certi non sarà stato preso in considerazione dal Ministro, ovvero l’abbandono in strada di giovanissimi che vengono tristemente condannati a un futuro di precarietà, stenti e espedienti”, le parole di un altro sindaco del partito, Davide Carlucci che amministra Acquaviva delle Fonti.

      Per tali ragioni, i sindaci, gli assessori e i consiglieri comunali già iscritti al partito hanno deciso di ‘fare squadra’ e, ora, si sono detti pronti a presentare nei rispettivi comuni amministrati un ordine del giorno in cui chiederanno al Governo di sospendere gli effetti del decreto legge e di rivalutare, magari a seguito di confronto con i territori, le ricadute concrete dell’atto sia in termini economici che sociali e di sicurezza, e alla Regione Puglia di condividere i loro intenti.

      “Al Sud, sarebbe la prima risposta a questo provvedimento lontano dalla realtà e da una stima degli effetti reali”, hanno concluso i referenti.

      https://www.acquavivapartecipa.it/italia-in-comune-puglia-schiera-60-amministratori-contro-il-decre

    • Ufficio anagrafe a Palermo, Orlando ai dipendenti: «I documenti li firmo io». Salta la seduta in consiglio

      Il sindaco di #Palermo Leoluca Orlando, oggi a Roma per alcuni incontri istituzionali, ha partecipato nel pomeriggio ad un incontro con la Stampa Estera in Italia, nel corso del quale fra l’altro ha confermato che «a tutela dei dipendenti comunali dell’Ufficio anagrafe» sarà lui a sottoscrivere i documenti di iscrizione anagrafica legati a permessi di soggiorno per protezione umanitaria".

      Avendo appreso dall’Assessore alle politiche di cittadinanza che già una pratica di questa tipologia è in fase istruttoria da alcuni giorni, il Sindaco ha affermato di sperare «che l’iter si concluda quanto prima». Per ovvii motivi di tutela della privacy, si legge in una nota diffusa dall’ufficio stampa del Comune, non saranno diffusi dati di alcun tipo relativi alla pratica in corso, né ad altre analoghe il cui iter istruttorio dovesse essere avviato nei prossimi giorni

      Intanto tre ufficiali d’anagrafe del Comune di Palermo hanno spedito una lettera al capo area Maurizio Pedicone per chiedere chiarimenti sulla sospensiva delle procedure previste dal decreto sicurezza che lo stesso Pedicone aveva fatto pervenire all’ufficio lo scorso 3 gennaio, dopo aver ricevuto, il giorno precedente, la disposizione del sindaco Leoluca Orlando che invita a sospendere alcune norme della legge sicurezza che impedisce ai richiedenti asilo di ottenere la residenza.

      I tre dipendenti, «gli unici presenti», si legge in calce alla lettera scritta il 7 gennaio, fanno riferimento alle responsabilità degli ufficiali d’anagrafe e scrivono che compete esclusivamente alla Consulta stabilire la legittimità costituzionale della legge. «L’ufficiale d’anagrafe è obbligato ad operare secondo i principi di legalità fissati dagli art. 97 e 98 della Costituzione».

      I tre firmatari osservano che l’inosservanza dei principi di legge non può certamente essere disposta con un ordine di servizio, «strumento privo di validità sufficiente a esimere l’operatore dal proprio obbligo giuridico di osservanza del dettato normativo e non inidoneo a esonerarlo dalle proprie personali responsabilità». «Sono necessari chiarimenti idonei a superare le evidenziate criticità delle disposizioni impartite a questo ufficio e ai singoli ufficiali d’anagrafe materialmente chiamati ad applicarle», conclude la lettera.

      Manca il dirigente dell’area servizi al cittadino Maurizio Pedicone e salta la seduta del Consiglio comunale di Palermo che avrebbe dovuto trattare la questione legata alla disposizione del sindaco Leoluca Orlando con la quale si chiede all’ufficio di continuare a rilasciare ai cittadini richiedenti asilo i certificati anagrafici.

      Duro il commento del consigliere di opposizione Fabrizio Ferrandelli: «Dopo aver voluto questa seduta alla presenza del sindaco, dell’assessore Nicotri, del capo dell’ufficio legale e del dirigente dell’anagrafe per individuare un atto amministrativo chiaro ed efficace che abbia il supporto di quella parte di Consiglio che come me intende garantire i diritti umani, sorprende l’assenza del sindaco e del dottore Pedicone». «Mi auguro che domani il confronto si possa fare per superare le criticità di una posizione che altrimenti rischia di restare senza efficacia e strumentale», conclude Ferrandelli. La seduta è stata aggiornata a domani alle ore 11.

      Per Sabrina Figuccia, dell’Udc, «il dirigente dell’ufficio anagrafe diserta il consiglio comunale, forse per il troppo imbarazzo causato dal Sindaco negli ultimi giorni, che ben si guarda dall’affrontare il tema in aula». "A questo punto - aggiunge - immagino che il Sindaco intenda occupare una stanza in viale Lazio, presso l’ufficio anagrafe, visto che il tema della residenza gli sta così a cuore e che ha dichiarato di volere firmare di suo pugno gli atti. Predisponga gli atti, lavori le pratiche e infine le firmi, assumendosene tutte le responsabilità. Così forse sarà ricordato come il miglior sindaco di sempre».

      «L’amministrazione comunale di Palermo è ormai allo sbando anche sulla vicenda del decreto sicurezza, tanto che oggi sia il sindaco Orlando che il capo dell’ufficio anagrafe, Maurizio Pedicone, hanno preferito disertare la seduta in consiglio comunale per chiarire i contorni oscuri di una questione che sta spostando l’attenzione dell’opinione pubblica rispetto ai reali, drammatici problemi della città». Lo dichiarano Igor Gelarda, capogruppo della Lega in consiglio comunale a Palermo, e il consigliere dello stesso gruppo Elio Ficarra che chiedono le dimissioni di Orlando.

      http://palermo.gds.it/2019/01/09/orlando-firma-sicurezza-tre-ufficiali-dellanagrafe-di-palermo-chiedono-c
      #Palerme

    • #Pozzallo

      Peraltro, una voce critica arriva anche da sinistra. Il sindaco di Pozzallo #Roberto_Ammatuna è stato eletto con una lista civica, ma viene dal Pd anche se «da un anno e mezzo non faccio parte dell’organizzazione. Siamo una città di accoglienza, non condivido il decreto Salvini. Va bene la sostanza della battaglia di Orlando, ma non sono d’accordo con il metodo, come non condividevo i sindaci di destra che rifiutavano di celebrare le unioni di fatto. Meglio usare altri strumenti, come il referendum. La sacralità delle istituzioni viene prima di tutto».

      https://www.lastampa.it/2019/01/03/italia/quei-sindaci-contro-orlando-il-primo-cittadino-non-pu-esercitare-la-disobbedienza-civile-fY2VUkK958OK8NUZNppNKJ/pagina.html

    • Des maires italiens se lèvent contre les mesures anti-migrants de Salvini

      Plus d’une centaine de maires italiens font front contre la loi 132 sur la sécurité, tant voulue par le ministre de l’intérieur, Matteo Salvini. Ils dénoncent les mesures qui concernent les migrants, inconstitutionnelles selon eux.
      Palerme, de notre correspondante.- « Je fais du droit, pas de la musique, donc je sais très bien ce à quoi je m’expose. » Sur le parvis de sa mairie, Leoluca Orlando ne bouge pas d’un pouce : hors de question d’appliquer la loi sécurité approuvée à la fin du mois de novembre par l’Assemblée italienne. Face à lui, Piazza Pretoria, une marée de parapluies desquels fusent applaudissements nourris et cris de soutien. « Ce sont des choix difficiles mais en tant que maire, mon devoir est d’envoyer un message clair, et c’est celui du respect des droits de l’homme », poursuit-il entre deux acouphènes d’une sono mal réglée.

      Il faut dire que le rassemblement de soutien au maire de Palerme a été organisé à la hâte, après une attaque en règle du ministre de l’intérieur, Matteo Salvini, à l’origine du texte de loi. Le 21 décembre dernier, le maire de la ville, Leoluca Orlando, demande à ses employés municipaux de ne pas appliquer la nouvelle loi sur la sécurité, estimant que les mesures à l’encontre des migrants « violent les droits humains et la Constitution italienne ». Mais ce n’est que début janvier que la nouvelle devient publique, provoquant la colère du ministre de l’intérieur qui, comme à son habitude, riposte sur Facebook : « Avec tous les problèmes que connaît Palerme, c’est sur la question des immigrés que ce sinistre maire pense à être désobéissant. »

      En quelques heures, ce qui aurait pu n’être que l’une des nombreuses joutes qui émaillent régulièrement le débat public italien a pris une ampleur nationale. Et plusieurs maires ont embrayé le pas de Leoluca Orlando : Luigi De Magistris, à Naples, Dario Nardella à Florence, Beppe Sala à Milan et avec eux, une centaine d’autres maires, du nord au sud du pays. « Ces maires allègent un peu le sentiment de honte qu’on ressent dernièrement avec la politique du gouvernement, notamment sur les questions liées aux migrants », glisse Anita Riotta, une Palermitaine qui n’est d’ordinaire pas une adepte des manifestations. « On espère qu’en repartant des territoires et des institutions locales, on pourra de nouveau défendre les personnes les plus fragiles », poursuit la quinquagénaire.

      En réalité, le pouvoir des maires est limité pour s’opposer de manière concrète à cette loi. Contenant plusieurs chevaux de bataille idéologiques défendus par Matteo Salvini lors de sa campagne avec la Ligue, la loi 132 s’attaque à l’un des grands chantiers du ministère de l’intérieur : la sécurité. Pêle-mêle, le texte englobe plusieurs mesures sur la mafia, le terrorisme, les biens occupés illégalement et, in fine, l’immigration. C’est ce dernier chapitre qui se retrouve aujourd’hui au cœur des polémiques. Il prévoit entre autres un allongement de la durée de détention des migrants avant leur expulsion, une modification de la liste des pays sûrs, une augmentation des fonds alloués aux expulsions, la déchéance de nationalité en cas de délits liés au terrorisme, mais surtout une remise en cause profonde du système d’accueil italien avec l’abrogation de la protection humanitaire.

      La brèche, pour les édiles locaux, c’est l’inscription à l’« anagrafe », un terme qui désigne dans l’administration italienne un bureau d’enregistrement municipal, donc qui relève de la compétence des maires. Selon l’article 13 de la loi, le permis de séjour dont disposent les demandeurs d’asile ne garantira plus l’inscription à l’« anagrafe ». Or, défendent les maires, c’est en s’inscrivant à ce bureau que les citoyens peuvent obtenir la résidence dans la ville et bénéficier ainsi des services de santé, de l’école ou de l’aide à la recherche d’emploi, par exemple.

      « Cette loi est inhumaine et criminogène », tonne Leoluca Orlando au micro, largement applaudi sous la pluie battante, Piazza Pretoria. En réalité, une loi de 2015 a modifié les conditions nécessaires à l’accès de ces services et un demandeur d’asile peut, en théorie, en bénéficier sans la résidence. Dans les faits, de nombreuses administrations n’ont pas pris en compte ce changement législatif et le risque que les demandeurs d’asile se retrouvent privés de nombreux droits élémentaires est réel.

      Surtout, retranchés derrière l’article 13, les maires rebelles dénoncent un ensemble de mesures anti-migrants dont la plus spectaculaire est la suppression pure et simple de la protection humanitaire, celle la plus fréquemment attribuée aux migrants présents en Italie au terme de leur demande d’asile. En 2017, en Italie, sur un total de 130 000 demandes d’asile, plus de la moitié ont été refusées, 8 % des demandeurs ont reçu le statut de réfugié, contre 25 % pour la protection humanitaire. S’opposer à cette loi, « c’est du bon sens, pas de la bien-pensance », tranche le maire de Florence, Dario Nardella.

      Sur les marches de marbre de la fontaine de la place, à l’écart de l’agitation de la manifestation, Ismael Cissé et Diabaté Toumani suivent chacun des mots de Leoluca Orlando. À peine son discours terminé, ils se mettent à chanter avec quelques amis les louanges de la ville qui les a accueillis. « Ce n’est pas en restant à la maison que les problèmes se résolvent », sourit Diabaté Toumani avant d’ajouter, « avec cette nouvelle loi, on a l’impression d’être des criminels, des bandits et bien sûr nous sommes inquiets ». À son arrivée en Italie, il a reçu la protection humanitaire, tout comme Ismael Cissé, 17 ans et majeur dans quelques semaines : « J’ai quitté la Côte d’Ivoire il y a cinq ans, à cause des violences dans le pays, je suis en Italie depuis un an et quatre mois. Ce n’est pas parce qu’il n’y a pas la guerre dans notre pays qu’on mérite moins d’être là. »

      En présentant son projet de loi, Matteo Salvini avait défendu « les vrais réfugiés », épargnés selon lui par les mesures prévues par le texte de loi. « Il serait temps d’abolir cette distinction entre migrant économique et réfugié, réplique Leoluca Orlando. Ce sont des personnes et ils doivent être traités comme des humains. » Jusqu’à cette loi, un demandeur d’asile pouvait recevoir le statut de réfugié, la protection internationale ou, le cas échéant, et selon des critères allant de raisons de santé à des conditions de vie d’une pauvreté extrême dans le pays d’origine, la protection humanitaire, introduite en Italie en 1998.

      Le risque pour Diabaté Toumani, Ismael Cissé et les dizaines de milliers d’autres migrants bénéficiant actuellement de la protection humanitaire, c’est d’être exclus d’une partie des centres d’accueil, les Sprar, et surtout de ne pas pouvoir renouveler leur titre de séjour – d’une durée de six mois à deux ans – lorsqu’il arrivera à échéance. « C’est comme si on nous arrachait nos papiers », résume Diabaté Toumani. « Cette loi n’aura pas comme effet plus de sécurité, on va devenir des hommes sans empreintes, sans papiers, personne ne nous retrouvera jamais », déplore Ismael Cissé, qui souhaiterait poursuivre ses études en Italie. Selon les projections réalisées par le chercheur Matteo Vila, de l’Institut pour les études de politique internationale, d’ici décembre 2020, près de 140 000 migrants seront illégalement sur le territoire italien, soit plus du double des prévisions antérieures à l’adoption de la loi.

      https://www.mediapart.fr/journal/international/120119/des-maires-italiens-se-levent-contre-les-mesures-anti-migrants-de-salvini?

    • Decreto sicurezza, cresce il fronte delle Regioni contro: con le Marche i ricorsi sono otto

      La Regione #Marche è stata l’ultima a rompere gli indugi: nei giorni scorsi la Giunta, guidata da Luca Ceriscioli (Pd), ha deliberato il ricorso alla Corte Costituzionale per il decreto sicurezza. «Noi riteniamo che il Decreto Sicurezza violi numerosi punti della Carta Costituzionale - ha detto il governatore Luca Ceriscioli - e quindi abbiamo fatto ricorso, come credo abbiano fatto altre Regioni».

      https://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2019-01-25/decreto-sicurezza-cresce-fronte-regioni-contro-le-marche-ricorsi-sono-o

    • La Regione impugna il decreto sicurezza: «Viola Costituzione e Statuto della #Sardegna»

      L’avevano annunciato, lo hanno fatto: la Regione presenta ricorso alla Corte Costituzionale contro il decreto Sicurezza (convertito in Legge n. 132) voluto dal ministro dell’Interno Matteo Salvini. Lo ha deciso oggi la Giunta approvando una delibera proposta dal presidente Francesco Pigliaru in cui si contesta la presunta violazione di importanti precetti costituzionali e dello Statuto della Sardegna e viene rilevata anche «la violazione di diritti dei cittadini, costituzionalmente riconosciuti».

      “In stretto coordinamento con altre regioni italiane, rafforzati dal nostro Statuto di Autonomia - dichiara il presidente Francesco Pigliaru - abbiamo scelto la strada del ricorso. Il decreto Sicurezza nasce da presupposti errati e sta danneggiando seriamente un sistema di accoglienza dei richiedenti asilo faticosamente costruito in questi anni grazie alla proficua sinergia di Regione, Comuni e Prefetture. Restiamo dell’idea che sia possibile attuare un processo di inclusione e integrazione in modo equilibrato e in un quadro di regole che non sono certamente quelle imposte con il recente decreto”.

      L’assessore degli Affari generali Filippo Spanu, con delega ai flussi migratori, ribadisce che “la Sardegna sin dall’inizio si sta muovendo in raccordo con altre Regioni, Umbria, Toscana e Piemonte in primis, perché siamo convinti che il decreto poi diventato legge genera insicurezza e crea gravi problemi ai Comuni chiamati a gestire le conseguenze provocate dalla sua applicazione. La decisione di oggi – chiarisce Spanu – è in piena sintonia con i principi umanitari di accoglienza e solidarietà che la Sardegna ha sempre messo in pratica”. Spanu ricorda infine che "con il ricorso viene data una veste nuova e più solida alle tante critiche arrivate dai sindaci, perché la ribellione a una legge ingiusta passa prima di tutto per gli strumenti Costituzionali. È quindi assolutamente improprio parlare di illegalità delle proteste, ma nel ricorso si trovano le risposte alle gravi preoccupazioni esposte dai primi cittadini, delle quali la Regione si fa completamente carico”.

      Ecco le motivazioni del ricorso. La violazione della Costituzione parte, in primo luogo, dall’art. 28 che concerne attribuzioni di diretta spettanza regionale, poiché l’ordinamento degli enti locali è materia di competenza regionale esclusiva per la Regione Autonoma della Sardegna in virtù dell’art. 3, comma 1, lett. b), dello Statuto. Il Decreto, infatti, prevede poteri straordinari in capo al Prefetto, per il Commissariamento degli Enti Locali, violando, quindi gravemente l’Autonomia Regionale Sarda. Tali poteri risultano inoltre avulsi dal contesto dello stesso Decreto Sicurezza, e generici nelle motivazioni. Il ricorso evidenzia inoltre la grave lesione dei diritti di autonomia, nello stabilire norme (art. 1,12 e 13 appunto) che, riformando i criteri della protezione umanitaria e delle conseguenti tutele legate all’assistenza, all’integrazione ed al riconoscimento anagrafico, violano gravemente diritti costituzionalmente garantiti dei cittadini stranieri, incidendo impropriamente nella normativa regionale legata in particolare all’assistenza, all’istruzione, al lavoro. Nello specifico, benché l’art. 117, comma 2, lett. b) e h), della Costituzione, ricomprenda la materia “immigrazione” e la materia “ordine pubblico e sicurezza” tra quelle assegnate alla competenza esclusiva dello Stato, la stessa Costituzione, all’art. 118, comma 3, riconosce esplicitamente l’esistenza di un profondo legame fra queste materie e quelle di competenza concorrente, affidate (anche) alla cura delle Regioni, dove recita: “La legge statale disciplina forme di coordinamento fra Stato e Regioni nelle materie di cui alle lettere b) e h) del secondo comma dell’articolo 117 […]”. Ciò equivale a dare atto dell’intreccio di competenze fra queste due materie e quelle di competenza regionale. Nel caso della Regione Autonoma della Sardegna sono coinvolte le competenze statutarie sia di tipo esclusivo (“polizia locale urbana e rurale” ex art. 3, comma 1 dello Statuto) che concorrente; competenze che, concretamente, la Regione Sardegna ha puntualmente esercitato.

      https://www.youtg.net/v3/top-news/14059-la-regione-impugna-il-decreto-sicurezza-viola-costituzione-e-statuto-de

    • Migranti, la sfida del sindaco di Mugnano: sospeso il decreto sicurezza di Salvini

      Decreto Sicurezza, il sindaco di #Mugnano #Luigi_Sarnataro ha firmato la richiesta di sospensione dell’articolo 13. La richiesta è stata inoltrata ai responsabili dell’ufficio Anagrafe, per permettere così ai richiedenti asilo di usufruire di un servizio anagrafico temporaneo. Il primo cittadino ha accolto l’istanza formulata dagli attivisti locali di Potere al Popolo: «Riteniamo - dicono - necessario intraprendere un percorso di discussione sulle ripercussioni economiche, sociali e di sicurezza che il Decreto avrà sui nostri territori».

      La mossa del primo cittadino ha scatenato reazioni immediate: il circolo locale di Fratelli d’Italie e il coordinatore provinciale del partito della Meloni, Nello Savoia, hanno annunciato di essere pronti a «denunciare Sarnataro per la mancata applicazione del decreto».

      https://www.ilmattino.it/napoli/cronaca/migranti_sfida_sindaco_mugnano_sospeso_decreto_sicurezza_salvini-4272975.h

    • La Toscana fa partire il ricorso contro il decreto Salvini, ecco i Comuni che aderiscono

      La Toscana ieri ha notificato il ricorso contro la legge Salvini: un ricorso alla Consulta contro il decreto del governo, poi convertito in legge. La Regione non è da sola, però, visto che farà da capofila ad oltre 60 comuni che hanno sottoscritto l’iniziativa lanciata dal governatore Enrico Rossi.

      Tra questi #Firenze, due capoluoghi di provincia come #Prato e #Lucca, ma anche altri municipi importanti come #Cortona, #Empoli, #Fiesole, #Pontassieve, #Scandicci, #Sesto_Fiorentino, #Campi_Bisenzio, #Bagno_a_Ripoli e #Calenzano.

      «E’ evidente - sottolinea il presidente della #Toscana, Enrico Rossi - come con questo decreto si ostacoli il soddisfacimento di un nucleo di diritti fondamentali e universali che appartengono alla persona e già ribaditi da più sentenze».

      Con la nuova norma, aggiunge l’assessore alla Presidenza e all’Immigrazione Vittorio Bugli, «si ledono e si incide anche sulle competenze regionali e dei Comuni, limitando la possibilità di continuare ad erogare servizi in campo sociale, sanitario, e che riguardano anche l’istruzione e la formazione professionale erogata in tutti questi anni. Per questo ricorriamo».

      https://www.lanazione.it/cronaca/regione-toscana-ricorso-salvini-1.4420433

    • Migranti, a Parma fronte dei sindaci contro la prefettura e il decreto Salvini

      Uno schieramento trasversale di sindaci per chiedere alla prefettura di Parma di rivedere radicalmente i contenuti del nuovo bando di accoglienza dei migranti.

      Parole chiare, spedite all’indirizzo del prefetto Giuseppe Forlani, che evidenziano un giudizio «fortemente critico» di fronte a «un’operazione verticale che rischia di esasperare nuovamente gli animi e di rinfocolare un clima non più sostenibile».

      I sindaci di #Collecchio, #Fidenza, #Langhirano, #Medesano, #Montechiarugolo, #Noceto, #Parma e #Salsomaggiore, che rappresentano 314.875 cittadini del territorio, individuano nel bando alcune «novità impattanti» così riassunte: «Si riapre la stagione delle grandi concentrazioni alberghiere (con più di 12 persone per unità), il bando sarà dedicato solo ai Comuni che hanno una popolazione superiore ai 10mila abitanti e l’arrivo sul territorio di altre 300 persone che si andrebbero a sommare alle poco meno di mille già presenti nelle varie strutture diffuse in provincia».

      https://parma.repubblica.it/cronaca/2019/02/25/news/migranti_a_parma_fronte_dei_sindaci_contro_il_nuovo_bando_della_pre

    • Maires, magistrats, intellectuels, ils sont entrés en résistance contre Matteo Salvini

      #Luigi_de_Magistris, le maire de Naples, a été le premier à s’opposer aux décisions du très xénophobe ministre de l’Intérieur. D’autres édiles ont suivi ainsi que des magistrats et des intellectuels. Jusqu’où ira la fronde ?

      Le maire de #Naples a fait un rêve. Dans la baie qui s’étale sous ses fenêtres, au pied du Vésuve, une kyrielle de voiliers se dirigent vers le port. « Comme sur une gouache du XVIIIe siècle », commente-t-il. Sauf qu’ils sont tous chargés de migrants. Et lui, Luigi #de_Magistris, 51 ans, premier citoyen de « la capitale du Sud », va à leur rencontre, debout sur une barque, pour leur dire « Benvenuti ! ».

      Mais, dans l’Italie de Matteo Salvini, ce rêve n’est pas près de se réaliser. Car le très xénophobe ministre de l’Intérieur, patron de la Ligue, est entré en guerre contre les migrants. Fermeture des centres d’accueil, interdiction aux bateaux de sauvetage d’accoster, réduction drastique des aides aux réfugiés... Le message est clair : il ne veut plus voir un seul migrant arriver sur la péninsule.

      Alors le maire adoré du popolino ("petit peuple") napolitain, qui exhibe dans son bureau tous les cadeaux de ses administrés, ce « populiste progressiste », comme il se définit lui-même, sorte de miroir inversé de Salvini, s’est retroussé les manches : lui, le « Giggino » (Petit Louis) comme on le surnomme, l’édile à la mâchoire de boxeur, est entré en résistance.

      Le porte-drapeau des « maires résistants »

      C’est fin janvier, lorsque Matteo Salvini a bloqué le navire « Sea-Watch » au large de Naples, pendant cinq jours avec 47 migrants à bord, que Luigi de Magistris a décidé de le défier. Au nom du « droit de la mer », il leur a offert l’hospitalité. Les Napolitains ont aussitôt répondu à l’appel : ils ont envoyé 5.831 e-mails de soutien en 24 heures et 12.951 offres d’aide (logements, propositions de cours gratuits et 100.000 euros de donations). « Qui donc ira faire un procès au maire de Naples et à 10.000 citoyens ? », fanfaronne « Giggino ». Le 26 janvier, ils étaient même un millier de volontaires au théâtre Augusteo pour dire leur rejet du décret-loi anti-immigration de Salvini. Il y avait là Manfredi, 53 ans, qui « offre son samedi pour donner des cours d’italien », Giulia, 73 ans, qui « ouvre sa maison de campagne », et Lorenzo, 17 ans, qui « fera tout pour casser la propagande Salvini ».

      Matteo Salvini : comment le leader populiste hypnotise les Italiens

      Luigi de Magistris venait de tirer le pays de sa torpeur face à la menace Salvini. Depuis cet acte de bravoure, il a été rejoint par des édiles du centre et du sud de la Botte, Sicile, Calabre, Toscane, Ombrie, tous révulsés par la politique migratoire de Matteo Salvini. Voilà « Giggino » devenu le porte-drapeau des « maires résistants ». Il n’y voit là rien de moins qu’"une bataille de civilisation" :

      « Contre la haine, la xénophobie, le racisme, nous opposons la solidarité, la valorisation des différences, la justice sociale ».

      A #Palerme, le maire #Leoluca_Orlando, 71 ans, a inscrit à l’état civil quatre migrants, au nez et à la barbe de Salvini qui avait retiré ce pouvoir aux municipalités. Détenteurs d’un permis de séjour humanitaire, les réfugiés avaient vu leurs droits considérablement restreints par le décret-loi sur l’immigration : impossible désormais d’avoir un boulot déclaré et un logement. « Cette inscription à l’état civil est-elle illégale ? Non ! s’insurge le maire. Je me contente de respecter la Constitution, qui exige la régularisation des habitants. » Depuis, 200 autres migrants se sont inscrits sur la liste d’attente.

      Migrants : « Il faut supprimer le permis de séjour comme on a supprimé la peine de mort »

      A #Castelnuovo_di_Porto, près de Rome, le maire Enrico #Travaglini, 40 ans, a quant à lui offert - suprême provocation - couvert et logis chez lui à Mouna, une jeune Somalienne. En cadenassant le centre d’accueil de la petite ville, Salvini l’avait mise à la rue. C’est là tout le paradoxe de sa politique. En fermant les centres d’accueil, il accroît le nombre de clandestins.

      Une mutinerie qui fait ricaner le premier flic d’Italie

      Après les maires, c’est la société civile qui a rejoint les rebelles. D’habitude, l’#écrivain #Sandro_Veronesi, 59 ans, déteste faire parler de lui autrement que pour ses romans. Mais les bateaux bloqués et les invectives racistes du ministre ("Pour les migrants, la fête est finie" ; « Les ONG ? Des complices des trafiquants ») l’ont fait sortir de sa réserve. L’écrivain s’est alors jeté à corps perdu dans la bataille anti-Salvini. A la terrasse d’un café romain, il nous raconte avec passion comment il a mis sur pied un collectif d’artistes et d’intellectuels pour financer l’achat d’un ancien remorqueur, le « Mare Iono ». Objectif : « Secourir des embarcations chargées d’immigrés et y monter à notre tour, par solidarité, et en nous exposant physiquement », raconte-t-il. Lorsqu’ils ont affrété leur bateau, Salvini s’est contenté d’un tweet ironique : « Bon voyage ! »

      Ottima idea : buon viaggio ! ???? https://t.co/4RS5FW32vW

      –- Matteo Salvini (@matteosalvinimi) 9 juillet 2018

      Cette mutinerie fait bien ricaner le premier flic d’Italie. Rien ne lui fait peur, il se sent invincible. Mais jusqu’à quand ? Lorsque des magistrats ont à leur tour fait entendre leur voix, il a pour la première fois serré les dents. Lui qui avait accusé le navire humanitaire « Sea-Watch » d’avoir enfreint la loi s’est vu désavoué par le procureur de Catane (Sicile), Carmelo Zuccaro : non, l’équipage n’a commis aucun délit ; il pourra même reprendre la mer.

      C’est également de Catane qu’est venu l’orage suivant. Cette fois, les magistrats voulaient traîner Salvini devant le tribunal des ministres (l’autorité compétente pour les membres du gouvernement) pour « non-assistance à personne en danger ». Une première ! En cause : l’affaire du bateau « Diciotti », bloqué plusieurs jours en août dernier au large de l’Italie avec 177 migrants à bord. « Dois-je continuer à remplir mes devoirs de ministre ou demander à tel ou tel tribunal de décider de la politique migratoire ? », a enragé Salvini, toujours sur Twitter, évidemment.

      « Le meilleur opposant à Salvini, c’est lui-même »

      Mais la fronde ne faiblit pas. Peut-être est-elle même en train de porter ses fruits. Le 11 février, une fiction télé signée #Andrea_Camilleri, le célèbre auteur sicilien ("Commissaire Montalbano"), a rassemblé 11 millions de téléspectateurs, soit 44,9% de parts d’audience. Pour toile de fond : un port, un bateau chargé de migrants et le célèbre commissaire qui leur ouvre grand les bras.

      Il fallait bien que tout cela finisse par sortir l’opposition politique de son coma. Carlo Calenda, 45 ans, ex-ministre du Parti démocrate, a compris qu’il était temps de se saisir de ce soulèvement civil. Son mouvement Siamo Europei ("Nous sommes européens") rassemble déjà 150.000 adhérents, des associations, des entrepreneurs, des intellectuels, le Parti démocrate... L’idée est de présenter une liste « anti-souverainiste » aux européennes. Mais ce technocrate sans charisme qui nous reçoit dans un appartement bourgeois, avec tableaux de maître et moulures, à deux pas de la fontaine de Trevi, pourra-t-il rivaliser avec l’animal politique qui occupe le ministère de l’Intérieur ?

      « Le populisme n’est pas tombé comme une météorite sur l’Italie »

      « Le meilleur opposant à Salvini, c’est lui-même », philosophe #Claudio_Cerasa, le jeune directeur du quotidien « Il Foglio ». « Regardez, il a déjà ressoudé une partie de la société autour de valeurs non négociables et plongé le pays dans la récession économique », s’amuse-t-il.

      « Européens, vous remercierez un jour l’Italie parce qu’elle aura démontré, la première, que le populisme, ça ne marche pas. »

      Pourvu que cela ne prenne pas trop de temps.

      https://www.nouvelobs.com/monde/20190228.OBS0967/maires-magistrats-intellectuels-ils-sont-entres-en-resistance-contre-matt

    • Decreto sicurezza. L’accoglienza creativa dei Comuni per superare la norma sui migranti

      Nessuna illegalità, ma lettura attenta delle leggi in vigore, partendo dal Testo unico sull’immigrazione e l’orientamento giurisprudenziale
      Prendete il caso del Consiglio comunale di Jesi, in provincia di Ancona, che nei giorni scorsi si è confrontato sul punto che desta maggiore preoccupazione: l’impossibilità di iscrizione all’anagrafe per i richiedenti asilo con permesso di soggiorno umanitario.

      «La mancata iscrizione comporta la perdita di alcuni diritti fondamentali – ricorda Tommaso Cioncolini, consigliere di maggioranza della lista JesInsieme, che ha lavorato alla proposta – dall’accesso all’assistenza sanitaria ordinaria alla ricerca di un lavoro, fino all’apertura di un semplice conto corrente».

      Il sindaco della città, Massimo Bacci, ha sempre ribadito che non intendeva fare «disobbidienza civile» e che voleva applicare la legge. «Studiando attentamente la questione – prosegue Cioncolini – ci siamo accorti che la legge non stravolge quello che c’è nel Testo unico sull’immigrazione. Quella legge infatti non vieta l’iscrizione, ma non riconosce il permesso di soggiorno come titolo valido per la registrazione.

      In questo senso, il Testo unico sull’immigrazione e l’orientamento giurisprudenziale ammettono che dopo tre mesi di dimora abituale l’ente sia obbligato a riconoscere l’iscrizione. Su questo, per non vanificare lo spirito di accoglienza e le iniziative a sostegno degli ultimi, abbiamo elaborato una risoluzione, che è già stata votata ed è passata. Il Comune si impegna in questa direzione, che può essere una soluzione di sistema, oltre che un esempio pilota per altre città. In quei primi tre mesi il migrante non viene così comunque abbandonato, perché si trova ancora nel progetto di accoglienza. Così si va in aiuto al migrante percorrendo una strada di sistema, garantendo i diritti a chi altrimenti ne verrebbe privato».

      https://www.avvenire.it/attualita/pagine/accoglienza-creativa-dei-comuni

    • Comune di #Padova procede all’iscrizione dei richiedenti asilo: «Questione di sicurezza, già due giudici hanno condannato comuni che non lo fanno»

      „«La mia scelta non è dettata da elementi ideologici ma piuttosto dal buon senso e dal mio dovere di tutelare sempre l’ente coi suoi collaboratori e dirigenti da condotte stigmatizabili in sede giudiziaria, nonché da pesanti rischi risarcitori a carico dell’ente pubblico rispetto alla negazione di un diritto di rango Costituzionale»“

      Comune di Padova procede all’iscrizione dei richiedenti asilo: «Questione di sicurezza, già due giudici hanno condannato comuni che non lo fanno»

      Nel mese di Aprile è giunta presso gli Uffici Anagrafici del Comune di Padova la prima richiesta di iscrizione anagrafica da parte di persona titolare di permesso di soggiorno per richiesta d’asilo avente dimora stabile e regolare nel nostro territorio Comunale da ormai diversi mesi. Già nel mese di ottobre e con l’obiettivo dichiarato di attenersi alle norme, il Sindaco Sergio Giordani, le assessore competenti Benciolini e Nalin, l’avvocatura civica e tutti gli uffici competenti, hanno iniziato ad analizzare e seguire gli elementi introdotti dal cosiddetto “Decreto Sicurezza”, monitorandone gli sviluppi, anche in collegamento con ANCI nazionale e con numerose amministrazioni locali. Parimenti un accurato approfondimento è stato svolto in collaborazione con il Centro di Ateneo per i Diritti Umani “Antonio Papisca” in virtù del protocollo vigente, nonché con numerose e autorevoli realtà locali competenti in materia.

      Normativa vigente

      Sulla base di queste interlocuzioni e di pareri legali specificamente richiesti, è emerso come la normativa vigente possa e debba essere applicata in forma letterale e in senso costituzionalmente conforme. Soprattutto, a riprova di ciò, sono giunte le recenti pronunce dell’autorità giudiziaria ordinaria dei tribunali di Bologna e Firenze. Tali pronunce hanno infatti ordinato ai comuni convenuti che l’avevano diniegata di procedere con l’immediata iscrizione anagrafica dei ricorrenti richiedenti asilo, vedendo quindi tali enti soccombenti in sede giudiziaria. Allo stesso tempo e a fronte di tali pronunce di tribunali ordinari che hanno condannato i Comuni, non sono stati reperiti pronunciamenti di segno contrario da parte del Giudice Ordinario chiamato a esprimersi sull’applicazione della norma e questo rende possibile per non dire probabile che anche in considerazione della rilevanza degli interessi e dei diritti coinvolti la violazione degli stessi potrebbe determinare serie responsabilità risarcitorie in capo al Comune di Padova e ai suoi uffici.
      Silenzio assenso

      Intercorrendo lunedì 17 giugno l’ultimo giorno utile da un punto di vista amministrativo per rispondere all’istanza prima di entrare nel “Silenzio-assenso”, per le ragioni riportate in precedenza, per la necessaria prudenza che si deve in presenza di pronunciamenti di Giudici Ordinari e per tutti gli elementi dettagliatamente riportati nell’atto amministrativo allegato, il Sindaco Sergio Giordani ha avocato a sé la pratica in oggetto scegliendo di accogliere, sulla base dell’interpretazione oggi resa dalla magistratura ordinaria, la richiesta di iscrizione anagrafica della persona prima citata. Ciò significa che se giungeranno pronunciamenti di segno nuovo e di superiore gerarchia giuridica o normativa il Comune di Padova potrà sempre sospendere tale atto agendo con lo strumento dell’autotutela.
      Giordani

      Dichiara il Sindaco Sergio Giordani: «Nel valutare quali scelte assumere su questa pratica, per me che ho sempre dichiarato di voler agire nel rispetto della legge era impossibile far finta di non vedere che già due Giudici Ordinari hanno condannato importanti Comuni Italiani a procedere immediatamente all’iscrizione anagrafica. La mia scelta non è dettata da elementi ideologici ma piuttosto dal buon senso e dal mio dovere di tutelare sempre l’ente coi suoi collaboratori e dirigenti da condotte stigmatizzabili in sede giudiziaria, nonché da pesanti rischi risarcitori a carico dell’ente pubblico rispetto alla negazione di un diritto di rango Costituzionale. Buttarla in politica non paga e non mi interessa, ad oggi i fatti giuridici sono sufficientemente chiari e se ne interverranno di nuovi mi adeguerò con gli strumenti che riconosce e prevede il diritto amministrativo. Queste pratiche non sono molte, probabilmente si conteranno sulle dita di una mano per un grande Comune come il nostro, tuttavia in queste settimane ai Sindaci di tutta Italia cominciano a venire sottoposte tali istanze e sono certo che molti colleghi si comporteranno come ho fatto io sulla scorta delle pronunce dei giudici già intercorse. Siamo arrivati a questo risultato dopo un grande lavoro di squadra favorito dal rigoroso lavoro delle assessore e mio nonché con il supporto di tutti gli uffici competenti, che ringrazio, forti della consapevolezza di agire nel solco costituzionale di fronte ad una norma non chiara che ha lasciato le amministrazioni e i territori nell’incertezza, così come ha avuto modo di sottolineare diverse volte anche la stessa ANCI nazionale. Tutto ciò premesso va detto che in ogni caso l’iscrizione anagrafica è uno strumento che innanzitutto tutela la sicurezza dei cittadini e della nostra comunità. Il ruolo cruciale dell’anagrafe è infatti quello di conoscere chi c’è nel nostro territorio e dove si trova, poter quindi avere sotto controllo e monitorare tutte le situazioni, e permettere di intervenire per evitare rischi, anche alla salute pubblica, rispetto a soggetti che diversamente sarebbero fantasmi sconosciuti alla pubblica amministrazione. Insomma, sono assolutamente sicuro che questa scelta sia quella giusta non solo su base normativa e costituzionale, ma anche nell’interesse della nostra comunità, della sicurezza, del decoro urbano e della salute pubblica. Io sono tenuto a comportarmi da Sindaco, la politica viene dopo i miei concittadini, tutti».

      http://www.padovaoggi.it/politica/padova-iscrizione-richiedenti-asilo-questione-sicurezza-giudici-condannat
      #Padoue

    • Decreto sicurezza, bocciati i super poteri dei prefetti: «Non possono sostituirsi ai sindaci»

      La Consulta ha però dichiarato inammissibili i ricorsi di Calabria, Emilia Romagna, Marche, Toscana e Umbria, che avevano impugnato numerose disposizioni del provvedimento, approvato dal governo lo scorso ottobre, lamentando la violazione diretta o indiretta delle loro competenze

      La Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibili i ricorsi contro il decreto sicurezza presentati dalle Regioni Calabria, Emilia Romagna, Marche, Toscana e Umbria, che ne hanno impugnato numerose disposizioni lamentando la violazione diretta o indiretta delle loro competenze. La Corte ha ritenuto che le nuove regole su permessi di soggiorno, iscrizione all’anagrafe dei richiedenti asilo e Sprar sono state adottate nell’ambito delle competenze riservate in via esclusiva allo Stato.

      In particolare, la Corte Costituzionale, nel dichiarare inammissibili i ricorsi delle Regioni sulle politiche migratorie, ha ritenuto che con il decreto sicurezza voluto dal ministro dell’Interno, Matteo Salvini, e diventato legge a dicembre 2018, non ha avuto incidenza diretta o indiretta sulle competenze regionali. Ma la Corte non ha compiuto alcuna valutazione sulla legittimità costituzionale dei contenuti delle norme impugnate.

      Ma la Consulta ha ritenuto, allo stesso tempo, che sia stata violata l’autonomia costituzionalmente garantita a comuni e province. Pertanto, ha accolto le censure sull’articolo 28 che prevede un potere sostitutivo del prefetto nell’attività di tali enti.

      https://www.repubblica.it/politica/2019/06/20/news/decreto_sicurezza_per_la_consulta_inammissibili_i_ricorsi_delle_regioni-229262618/?ref=RHPPLF-BH-I229260461-C8-P1-S1.8-T1
      #cour_constitutionnelle #justice

    • Sindaco del Torinese disobbedisce al decreto Sicurezza: «Iscrivo lo stesso un migrante all’anagrafe»

      La mossa di #Nicola_De_Ruggiero, primo cittadino di #Rivalta: «Garantisco un diritto a un cittadino, mi auguro di non essere il solo»

      Rivalta, comune di 20 mila abitanti dell’area metropolitana di Torino, ha iscritto all’anagrafe comunale un richiedente asilo nonostante il divieto del decreto Sicurezza che dispone che chi non è ancora titolare di un permesso di asilo non può avere una carta di identità.

      Il primo cittadino Nicola De Ruggiero ha provveduto a firmare il documento di persona. «So di commettere una violazione del decreto e per questo mi sono preso io la responsabilità senza delegare, questa volta, le impiegate dell’anagrafe - spiega il primo cittadino - La mia è in parte una provocazione ma anche una necessità perché questo signore ha trovato un lavoro ma gli servono i documenti per iniziare». Ousseynou Fall, 40 anni, quattro figli rimasti in Senegal è in Italia da due anni, da sei mesi ospite dal centro di accoglienza straordinaria di Strada del Dojrone. «Dopo aver firmato l’atto l’ho inviato con una lettera al prefetto che prenderà i dovuti provvedimenti se lo riterrà necessario», spiega ancora il sindaco.

      «Mi auguro che questo mio gesto non sia isolato e che altri primi cittadini, in Italia, accolgano le istanze di iscrizione all’anagrafe di migranti e richiedenti asilo, in modo che si possa portare il problema all’attenzione del nuovo governo, perché l’esecutivo ponga rimedio a una situazione potenzialmente lesiva e discriminatoria», commenta Nicola De Ruggiero.

      Ousseynou inizierà a lavorare come magazziniere a Torino con la cooperativa Le Soleil. «Noi abbiamo 40 ospiti, sono convinto che sia molto meglio che queste persone partecipino alla vita della città lavorando - dice - La salute e la possibilità di lavorare sono diritti che vanno garantiti».

      «Il Viminale deve impugnare il provvedimento con il quale il sindaco di Rivalta ha iscritto un rifugiato all’anagrafe nonostante il divieto del Decreto Legge sicurezza», ha dichiarato Augusta Montaruli, deputata di Fratelli d’Italia, che prosegue: «Il decreto continua a essere legge dello Stato e pertanto il ministro dell’interno ha il dovere di far rispettare quella legge. Ci aspettiamo che non vi siano indugi e tentennamenti che rischierebbero di portare l’anarchia negli uffici demografici di tutta Italia. Non vogliamo che si crei un pericoloso precedente. Prefetto e Ministro si attivino perché nessuna iscrizione avvenga».

      https://torino.repubblica.it/cronaca/2019/09/30/news/sindaco_del_torinese_disobbedisce_al_decreto_sicurezza_iscrivo_lo_stesso_un_migrante_all_anagrafe_-237315448/?ref=fbpr

    • #Pisa: l’iscrizione anagrafica torna ad essere un diritto di tutte e tutti. Accolto il ricorso contro il diniego del Comune

      Anche a Pisa il Tribunale ha riconosciuto, con una recente ordinanza, il pieno diritto dei richiedenti asilo all’iscrizione anagrafica. La Legge “Sicurezza”, che provava a negare tale diritto, subisce così un’ennesima battuta d’arresto anche nel nostro territorio, dopo che molti altri giudici in tutta Italia si erano già espressi a favore dei richiedenti asilo ricorrenti.
      L’ordinanza del Tribunale di Pisa riconosce non solo la residenza al richiedente che ha fatto ricorso, difeso dall’avvocata Silvia Davini, ma anche tutti quei diritti il cui esercizio è connesso con la residenza sul territorio, come le cure continuative, l’assistenza sociale e l’iscrizione ai centri per l’impiego.

      Già a marzo scorso, dopo una mozione portata in Consiglio comunale e bocciata dalla maggioranza, la coalizione Diritti in Comune aveva diffidato, allegando il parere legale del’Avvocato Andrea Callaioli, il Sindaco e l’amministrazione comunale dal procedere ad una lettura restrittiva della Legge Salvini, sollecitandola a iscrivere all’anagrafe i richiedenti asilo, anche sulla scia di una giurisprudenza univoca e chiara in materia.

      La Giunta leghista ha tenuto un comportamento in aperta violazione delle leggi e in spregio della Costituzione, negando per tutti questi mesi un diritto fondamentale a uomini e donne, colpevoli semplicemente di aver cercato rifugio da condizioni di vita insostenibili. La decisione del Tribunale di Pisa, che intima al sindaco di iscrivere all’anagrafe il richiedente asilo ricorrente, chiarisce ancora una volta e speriamo definitivamente la questione.

      Il sindaco deve ora rispettare la legge. Per questo chiediamo che invii subito una direttiva al dirigente dell’ufficio anagrafe in cui dia disposizione di accogliere tutte le richieste presenti e future di iscrizione anagrafica da parte di richiedenti asilo. In questo modo eviterà anche ulteriori ricorsi e soprattutto l’addebito di possibili spese legali per sé e l’amministrazione comunale, ossia per la collettività.

      Conclude l’avvocata Davini: «Il provvedimento del Tribunale di Pisa accoglie in pieno le argomentazioni sviluppate nel ricorso e già accolte in analoghi ricorsi da numerosi Tribunali in tutta la penisola. Il giudice ha messo in evidenza l’inconsistenza delle difese del Comune in quanto basate su una errata interpretazione delle norme giuridiche di riferimento, in altri termini, il divieto di iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo non sussiste a livello normativo e quindi le domande di iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo devono essere accolte dal Comune in quanto si tratta di soggetti regolarmente soggiornanti sul territorio italiano. Mentre in alcuni Comuni si è autorizzata l’iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo alla luce delle ordinanza che si sono succedute dal maggio scorso sulla materia, per tutti cito il Comune di Padova, la nostra amministrazione ha continuato a negare l’iscrizione anagrafica privando così i richiedenti asilo dell’accesso a prestazioni essenziali in materia di lavoro, sanità e altri servizi essenziali. Anche sotto questo profilo il Tribunale ha riconosciuto la sussistenza di un pregiudizio ingiustificato nei confronti dei richiedenti asilo che secondo l’interpretazione del Comune sarebbero in possesso di un titolo regolare di soggiorno ma privi dei diritti connessi a tale status. Siamo pronti a continuare la battaglia in sede giudiziaria forti del precedente favorevole pur auspicando un riesame da parte del Comune dei dinieghi recenti».

      https://www.meltingpot.org/Pisa-l-iscrizione-anagrafica-torna-ad-essere-un-diritto-di.html

    • IL TRIBUNALE DI CATANIA DICE SÌ ALL’ISCRIZIONE ANAGRAFICA DEI RICHIEDENTI ASILO

      Il Tribunale di Catania ha accolto il ricorso di una richiedente asilo alla quale era stata rigettata la richiesta di iscrizione anagrafica, ordinando al Comune di Catania di procedere all’inserimento della ricorrente nei registri della popolazione residente.

      La richiedente asilo si era inizialmente rivolta allo sportello legale del Centro Astalli di Catania, associazione di volontariato da anni impegnata sul territorio per l’assistenza agli immigrati, per ricevere supporto ai fini della presentazione della domanda di riconoscimento della protezione internazionale presso la competente Questura.

      I volontari del Centro hanno proceduto con l’accompagnamento della richiedente presso gli uffici della Questura e, dopo la formalizzazione della richiesta, si sono attivati per reperire un alloggio idoneo alla richiedente asilo. È stata così inserita in una struttura ospitante, ove ha iniziato a dimorare dal gennaio del 2019. Durante la permanenza sul territorio, ha intrapreso un fattivo percorso di inserimento sociale, comprendente corsi di alfabetizzazione della lingua italiana e progetti di tirocinio formativo. Il percorso di integrazione ha, tuttavia, subito una battuta d’arresto a causa dell’impossibilità di richiedere l’iscrizione anagrafica presso il Comune ove aveva, da più di tre mesi, stabilito la sua dimora.

      Alla luce di tali avvenimenti e tenuto conto delle prime pronunce della giurisprudenza di merito in tema di residenza anagrafica dei richiedenti asilo dopo l’introduzione del cd. Decreto Sicurezza, gli avvocati del Centro Astalli si sono attivati per prestare assistenza alla richiedente.

      Dopo la formale presentazione della richiesta di iscrizione anagrafica nel giugno 2019, il Comune di Catania ha opposto un netto rifiuto, ritenendo che la nuova normativa precludesse ai richiedenti asilo l’iscrizione nelle liste della popolazione residente. Non condividendo tale interpretazione, gli avvocati hanno informato la richiedente della possibilità di adire le vie legali. È stato, pertanto, presentato tempestivo ricorso al Tribunale di Catania, il quale ha pienamente aderito all’interpretazione condivisa dalla giurisprudenza di merito maggioritaria, ritenendo che nessun divieto esplicito di iscrizione anagrafica del richiedente asilo sia stato introdotto dal Decreto Sicurezza, ma che sia stato esclusivamente eliminato il regime speciale di iscrizione anagrafica che era stato sancito dalla Legge n. 46/17.

      Secondo la lettura offerta dal Tribunale di Catania, quindi, l’iscrizione anagrafica del richiedente asilo resta regolata dal regime ordinario: sarà pertanto necessaria una dichiarazione da parte dell’interessato alla quale seguiranno gli accertamenti disposti dall’ufficio in ordine, in particolare, al requisito della dimora abituale. In merito a tale ultimo requisito viene ribadito che la dimora dello straniero si considera abituale anche in caso di documentata ospitalità da più di tre mesi presso un centro di accoglienza.

      Tale interpretazione del Tribunale di Catania offre indubbiamente una lettura della norma coerente con il quadro normativo costituzionale e comunitario. Agli stranieri presenti sul territorio devono essere riconosciuti i diritti fondamentali della persona umana previsti dalle norme del diritto interno, dalle convenzioni internazionali e dai principi di diritto internazionale generalmente riconosciuti. Vietare l’iscrizione anagrafica ad un richiedente asilo comporterebbe un’inaccettabile ed ingiustificata discriminazione dei cittadini extracomunitari i quali, pur essendo regolarmente presenti sul territorio italiano, subirebbero una grave limitazione nel godimento dei diritti fondamentali della persona.

      https://www.facebook.com/CentroAstalliCatania/posts/3126983087387066

    • #Modena: via libera all’iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo

      Il sindaco di Modena #Gian_Carlo_Muzzarelli ha firmato oggi martedì 3 dicembre il provvedimento che consente l’iscrizione nei registri anagrafici di tutti i cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale che, avendone diritto, lo richiedono.

      L’ordinanza del sindaco è stata adottata in seguito al provvedimento giudiziale del Tribunale ordinario di Bologna Sezione Protezione Internazionale Civile, depositato il 28 novembre, con cui si ordina al Comune di Modena di iscrivere al registro dell’anagrafe della popolazione residente un richiedente protezione internazionale in accoglimento totale del ricorso da questi presentato.

      “Lo avevamo annunciato pochi giorni fa in occasione dell’apertura del Festival delle Migrazioni e lo abbiamo fatto – ha sottolineato il sindaco Gian Carlo Muzzarelli – Non appena ci sono state le condizioni per garantire un diritto, nel rispetto della legge e attenti ad evitare problemi agli operatori dell’Anagrafe, a Modena torniamo ad iscrivere all’anagrafe i richiedenti asilo che lo richiedono. Innanzitutto per una questione di dignità, ma anche per non relegare le persone in una sorta di non luogo giuridico da cui possono trarre vantaggio solo il lavoro nero e la criminalità; noi vogliamo invece che i diritti vadano di pari passo coi i doveri”.

      Otterranno quindi subito l’iscrizione anagrafica alcuni richiedenti protezione internazionale la cui richiesta era in corso di valutazione. L’ordinanza del sindaco dispone, infatti, di adottare in autotutela gli atti utili alla cessazione del contendere per evitare le conseguenze dei ricorsi (costi, eventuali risarcimenti e conseguente danno erariale). Mentre dovrà ripresentare la domanda quella cinquantina di stranieri richiedenti protezione internazionale che negli ultimi mesi, sulla base dei contenuti del decreto sicurezza del precedente governo, avevano ottenuto risposta negativa.

      La disposizione del Comune sottolinea che l’ordinanza del Tribunale, sentita l’Avvocatura civica comunale, fornisce, con motivazione ampia ed approfondita, un’interpretazione costituzionalmente orientata, valevole nei confronti dell’Ente in quanto parte in causa, delle modifiche introdotte dal Decreto 133 del 2018, convertito in Decreto Sicurezza, e coerente con l’ordinamento interno in materia di iscrizione anagrafica. Inoltre, unitamente a precedenti pronunce di diverse corti di merito (Firenze, Bologna, Ancona, Ferrara, Parma, Genova, Parto, Lecce, Cagliari, Salerno, Roma) costituisce un riferimento giurisprudenziale significativo all’amministrazione comunale e in particolare all’Ufficio Anagrafe.

      https://www.bologna2000.com/2019/12/03/modena-via-libera-alliscrizione-anagrafica-dei-richiedenti-asilo

    • Migranti, anche a Bologna prorogati i percorsi ex Sprar

      Il Comune di Bologna tra i primi a chiedere al Viminale un passo indietro sui decreti sicurezza. Una lettera del primo cittadino, poi una visita a Roma, fino all’ok della ministra Lamorgese. Nel capoluogo emiliano-romagnolo quasi 700 persone avrebbero rischiato di trovarsi per strada

      https://www.redattoresociale.it/article/notiziario/migranti_anche_a_bologna_prorogati_i_percorsi_ex_sprar

      #Bologne #Bologna

  • #Operazione_Libero

    Nous étions exaspérés. Et nous savions qu’à présent le temps était venu de procéder à des changements. Ainsi, après le « oui » à l’initiative d’immigration de masse, nous nous sommes rassemblés entre amis et amis d’amis. Nous avons discuté, débattu et sommes arrivés à la conclusion que nous avons besoin d’un changement sur le long terme en politique, d’un nouveau #mouvement_politique.

    Le résultat du 9 février 2014 n’a été que la dernière impulsion. Depuis un moment déjà, nous nous sentons sous-représentés au sein du paysage politique de la Suisse, et nous observons les récents événements avec préoccupation. Des initiatives rétrogrades et une atmosphère d’hostilité envers le futur ont mis la Suisse sur de mauvais rails. Elles sont les étincelles qui ont mis le feu aux poudres pour Opération Libero.

    https://www.operation-libero.ch/fr/mouvement
    #Suisse #résistance #extrême_droite #politique #démocratie_directe #hostilité

    • Switzerland has been a lab for toxic rightwing politics. We took that on

      The Swiss People’s party used referendums to deploy its anti-migrant, anti-EU rhetoric. That’s where our movement started.

      Four years ago, along with some friends, I started a grassroots liberal democratic movement in Switzerland called Operation Libero. Since then, we’ve won four referendums (which under Swiss electoral law are frequent) against the rightwing populists. How did we do that? We fought tooth and nail to defend the institutions that protect our freedom and the rule of law. We believed in our goals. And we decided to never sing the populist’s song – only our own song.

      For more than two decades Switzerland has been something of a laboratory for rightwing populism. Ahead of others in Europe, the rightwing Swiss People’s party deployed a relentless anti-immigrant, anti-EU rhetoric. It has successfully used referendums as a marketing tool for its political agenda and has become the largest political force in Switzerland.

      I am 27, and a history student. This was the political environment I grew up in. But in February 2014, my friends and I experienced a kind of Brexit shock before Brexit happened: a “mass immigration initiative” – a referendum – spearheaded by the populists put our country’s relations with the EU at risk. It was a wake-up call. A small group of us in our 20s decided we’d had enough, and it was time to do something.

      We were fed up with the passivity of Switzerland’s established parties. We were angry that traditional political forces were on the defensive in front of the populists, and that no one was speaking up for the very institutions that have made our country so successful in the last two centuries. We felt the need to get involved, to stand up proudly for Switzerland as a land of opportunity, not as an open-air museum – a country of diversity, with a positive narrative for liberal ideas.

      Our crowdfunded, volunteer-based campaigning has achieved a lot in the last four years. We defeated the Swiss People’s party in four major referendum battles: on the question of expelling foreigners who have broken the law (February 2016), on providing legal support for asylum seekers (June 2016), on naturalisation (February 2017) and on the abolition of the country’s public broadcasting (March 2018).

      Right now we’re busy campaigning in the run-up to another referendum, on 25 November, in which the populists aim to place Swiss legislation above international law – in essence a “Switzerland first” agenda. The vote could result in Switzerland’s withdrawal from the European Convention on Human Rights. I’d like to share what we’ve learned along the way.

      To tackle rightwing populism, you have to dispense with peevishness and be very much on the offensive – you must lead the narrative. Take, for example, the 2016 referendum asking Swiss citizens whether they’d agree to have foreigners expelled on the grounds of even minor offenses, such as driving too fast twice in a 10-year period. The vote aimed at modifying the constitution to allow a system of automatic expulsions from the country, with judges given no room to consider personal hardship – an essential element of the law. These changes could have potentially targeted people born in Switzerland who had never lived in the country their parents came from.

      At the time, mainstream parties seemed exhausted, having just come out of a general election in which the Swiss People’s party had dominated the campaign. They seemed to wallow in defeatism. Survey showed the populist referendum plan might garner up to 66% of voters’ support. To be sure, this was a low start for us. But we also knew that we didn’t want to live in a country with a two-tier legal system and a judiciary hindered in its work.

      So what we did is this: we entirely avoided speaking about foreigners and criminality. Instead, we set the tone of the debate by speaking out about the rule of law and how important it is that everyone be equal before it. We moved the political battlefield and forced our adversaries to meet us there. We deliberately argued in a patriotic way, repeatedly referring to the constitution as a pillar of our liberal democracy. In this way, we removed the rightwing populist’s ability to dictate what “their” referendum was about and demonstrated that the changes being considered would affect everyone, not just “criminal foreigners” – as the populists put it.

      And it worked. As the vote drew close, the Swiss People’s party shifted away from the topic of “criminal foreigners”. They found themselves having to explain why they wanted Swiss values to be upended. This was a reversal. People took notice. After the results came out, the leader of the populist’s party conceded: “I don’t know what happened but at some point, everyone was just talking about the rule of law.”

      As the 2019 European parliamentary elections approach, the task for liberal-minded pro-Europeans is to capture the initiative and be the first to define what that election is really about. As a Swiss citizen and a stout liberal democrat, I care immensely about the EU’s fate. Next year’s vote will be about the shape and values of the continent we want to live in. It is very much about freedom and opportunities – not about migration or identity.

      Let’s not be intimidated by rightwing populists. Let them explain why they want to attack institutions and values that brought decades of peace, freedom and prosperity to Europe. Let them explain why we should dismantle that model.

      Europeans need to show pride in institutions that exist because of what we’ve learned from the past. It’s true that many citizens don’t relate to these institutions and often don’t understand what they stand for – which brings me to another crucial point: politics needs to speak directly to people’s hearts and minds. Populists don’t have a monopoly on emotions. Liberalism is based on emotions too. It is based on the profound belief that freedom and equal rights are necessary for any society to prosper as a whole.

      That’s where the battle lies. Serious democrats across Europe have a responsibility to ensure that a vast majority of citizens understand and connect emotionally to what truly protects them – liberal institutions. Now is the time to sing that song – and proudly so.

      https://www.theguardian.com/commentisfree/2018/nov/15/switzerland-laboratory-far-right-politics

  • #Gabon : l’élection repose sur une #cour_constitutionnelle contestée
    https://www.mediapart.fr/journal/international/090916/gabon-lelection-repose-sur-une-cour-constitutionnelle-contestee

    Au Gabon, l’opposant #Jean_Ping a déposé un recours auprès de la Cour constitutionnelle pour contester la victoire d’Ali Bongo Ondimba à l’élection présidentielle du 27 août. Mais il doute de l’indépendance de cette juridiction.

    #International #Afrique #Ali_Bongo_Ondimba #élections #recomptage

  • #Bruxelles hésite à sanctionner l’ultraréactionnaire gouvernement polonais
    https://www.mediapart.fr/journal/international/130116/bruxelles-hesite-sanctionner-lultrareactionnaire-gouvernement-polonais

    En quelques semaines, le nouveau gouvernement polonais a imposé un virage autoritaire à #Varsovie. Dans le sillage de l’expérience Orbán, l’Union européenne s’était dotée d’instruments pour empêcher de telles dérives. Mais sont-ils si simples à mettre en place ? Alors que la Commission se saisit du dossier ce mercredi 13 janvier, Mediapart a interrogé des élus et des analystes européens.

    #International #cour_constitutionnelle #députés_européens #europe #Fidesz #Jaroslaw_Kacynski #médias_publics #PiS #Pologne #Viktor_Orban