• [Fade to Pleasure ] FTP #207.5 w/Snooba
    https://www.radiopanik.org/emissions/ftp/ftp-2075-wsnooba

    Tout individu collabore à l’ensemble du cosmos ….

    Broadcasted & mixed by Snooba on Panik (Brussels-Be) Canal B (Rennes-Fr) C’rock (Vienne-Fr) Louiz Radio (Belgique-Louvain la neuve) You #fm (Mons-Be) Woot (Marseille) Campus FM (Toulouse-FR) RQC (Mouscron)

    FTP 207.5

    Coded Scott Binary Beautiful (Sunshine Variation

    Jon Lee Walk on By Simy Garay Z Sharp Minor Remix

    Brandon Markell Holmes & Pink Flamingo Rhythm Revue - Losing Side [Only Good Stuff]

    Ursula 1000 feat Yuuko ings Life Is So Beautiful

    Claus Casper - All About Love [True Romance]

    Sebb Junior - Sound Of Life (Original #mix) [Only Good Stuff

    Moojo & Bun Xapa Toujours VIF (Original Mix) • Calamar Records

    Pandhora - Sea Sky

    Sirens Of Lesbos-Bowie feat. Erick The Architect (...)

    #philosophie #poetry #jazz #electro #errance #indie #trap #dj #chill #rap #afro #futurism #food #deep #down_tempo #drill #trip #uk #cloud #amalgam #smooth #mood #monday #no_boundaries #sunday #philosophie,poetry,mix,jazz,electro,errance,indie,trap,dj,chill,rap,afro,futurism,food,deep,down_tempo,drill,trip,uk,cloud,amalgam,smooth,fm,mood,monday,no_boundaries,sunday
    https://www.radiopanik.org/media/sounds/ftp/ftp-2075-wsnooba_16653__1.mp3

  • [Fade to Pleasure ] #204.5 w/ Snooba
    https://www.radiopanik.org/emissions/ftp/2045-w-snooba

    La démarche poétique est une démarche de naturation qui s’opère sous l’impulsion démentielle de l’imagination.

    Ftp 204

    Echo conscious- Arrived

    muqata_a_ma_wara

    marcy_mane_prosecco__prod_by_mrcheezl_

    jam_city_redd_st__turbulence__x-tended_mix

    sabrina_bellaouel_arab_liquor

    joey_g_ii_the_mask

    matvei_my_mind

    Cortese-_Tell_Me

    rennie foster i ve been waitin

    delilah holliday ong Time Coming

    Aberton - Illusion • Moiss Music Black

    jerome_sydenham__fatima_njai_the_operator

    Tim_Engelhardt-High_Places

    David_Holmes_ft_Raven_Violet-Necessary_Genius_Decius_Remix

    djdextro_forbidden_dreams

    addison_groove_eh_wut.

    Lloyd_Stellar-Digital_Hallucinations_Exploited_Club

    maria_chiara_argir__greenarp__terracassette_remix

    Broadcasted & hosted by Snooba on Panik (Brussels-Be) Canal B (Rennes-Fr) (...)

    #philosophie #poetry #mix #electro #errance #trap #dj #chill #rap #afro #futurism #food #deep #down_tempo #drill #trip #uk #cloud #amalgam #smooth #fm #mood #monday #no_boundaries #sunday #philosophie,poetry,mix,electro,errance,trap,dj,chill,rap,afro,futurism,food,deep,down_tempo,drill,trip,uk,cloud,amalgam,smooth,fm,mood,monday,no_boundaries,sunday
    https://www.radiopanik.org/media/sounds/ftp/2045-w-snooba_16524__1.mp3

  • [Fade to Pleasure ] #203.5 w/Snooba
    https://www.radiopanik.org/emissions/ftp/2035-wsnooba

    “Les événements sont l’écume des choses dont les causes profondes résident dans l’ensemble du cosmos.”

    Ftp 203.5

    BRECON -Contort

    Iman Houssein - House of Light [BBE Music]

    mykki blanco - slug christ ketamine

    Col Lawton - Little Closer Liz Somes featt Katty Heath

    Dana ruh - tj mornings.

    Wyatt marshall pepe g - coco bomb

    Ransel - Love Is In The Air 320

    Act On & Josh Burnett - Take You On (Extended #mix)

    Nguzunguzu - Mirage Girl Unit Rmx

    Automat feat. Barbie Williams - Climb [Only Good Stuff]

    Reinhard Vanbergen - Lost In Rèverie

    Karen y Los Remedios – Silencio

    Ana Frango Elétrico - Insista em Mim [Only Good Stuff]

    WMC Cut Mella Dee Spangled On The Terrace (...)

    #philosophie #poetry #electro #errance #trap #dj #chill #rap #afro #futurism #food #deep #down_tempo #drill #trip #uk #cloud #amalgam #smooth #fm #mood #monday #no_boundaries #sunday #philosophie,poetry,mix,electro,errance,trap,dj,chill,rap,afro,futurism,food,deep,down_tempo,drill,trip,uk,cloud,amalgam,smooth,fm,mood,monday,no_boundaries,sunday
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  • Il sistema delle “coop pigliatutto”

    Per anni hanno dominato il settore dell’accoglienza in Veneto prima di sbarcare nella detenzione amministrativa. Oggi gestiscono due Cpr, tra cui quello di Gradisca d’Isonzo, dove dalla sua riapertura sono morte quattro persone

    Il 16 dicembre del 2019 il Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) di Gradisca d’Isonzo, in provincia di Gorizia, riapre, a sei anni dalle proteste che hanno portato alla sua chiusura. Tra i primi trattenuti del nuovo corso, c’è un gruppo di circa settanta persone provenienti dal centro di Bari, dove sono stati bruciati tre degli ultimi quattro moduli rimasti dopo le proteste dei mesi precedenti. Bibudi Anthony Nzuzi è tra coloro che sono stati trasferiti «di punto in bianco», dice, in Friuli. L’accoglienza non è stata delle migliori: «Pioveva, faceva freddo, ci siamo ritrovati i poliziotti in tenuta antisommossa. Non avevamo materassi, non c’erano coperte, non avevamo niente per poterci vestire. Ci siamo ritrovati a dormire al freddo perché non c’era il riscaldamento», racconta.

    Nzuzi è nel Cpr friulano anche tra il 17 e il 18 gennaio 2020, quando muore un trattenuto georgiano di 37 anni, Vakhtang Enukidze. I poliziotti di cui parla Nzuzi stanno sedando una protesta. «Hanno inizialmente pestato tutti, solo che lui [Vakhtang Enukidze] era caduto – racconta – ma continuavano a pestarlo e gli altri ragazzi si sono buttati addosso ai poliziotti e l’hanno tirato via».

    Nzuzi si trova nello stesso reparto di Enukidze ma in un’altra cella. «La sera lui [Vakhtang Enukidze] lamentava dolori, non si sentiva bene – ricorda, ripensando ai momenti dopo che la polizia ha lasciato il Cpr -. È andato a dormire e non si è più risvegliato». Questa versione è stata confermata da alcune testimonianze raccolte dal deputato Riccardo Magi durante due visite ispettive subito dopo il decesso. Non dagli investigatori, però.

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    L’inchiesta in breve

    - Ekene nasce nel 2017 come diretta emanazione di Ecofficina ed Edeco, enti che hanno dominato il mercato dell’accoglienza in Veneto guadagnandosi l’appellativo di “coop pigliatutto”
    - A gestirla è Simone Borile, imprenditore padovano che proviene dal business dei rifiuti. Sebbene non compaia mai nella visura camerale, viene considerato dagli inquirenti di Venezia “amministratore di fatto” delle cooperative
    - Nel 2016, Ecofficina-Edeco si aggiudica due centri di accoglienza, a Cona e Bagnoli. Per la gestione dei due hub, sono nati due processi paralleli a Padova e Venezia, dove sono indagati alcuni funzionari delle due prefetture e i vertici della cooperativa, tra cui Simone Borile. Le accuse, a vario titolo, sono di frode nell’esecuzione del contratto, inadempimento e frode degli obblighi contrattuali, rivelazioni di segreto d’ufficio
    - Con la liquidazione di Edeco nasce Ekene, che segna l’ingresso nel mondo della detenzione amministrativa con l’aggiudicazione dei Cpr di Gradisca d’Isonzo, in Friuli-Venezia Giulia, e Macomer, in Sardegna
    – Dalla sua riapertura nel gennaio 2019, nel Cpr friulano sono morte quattro persone. Borile è indagato per omidicio colposo per il decesso di Vakhtang Enukidze, lasciato secondo l’accusa per nove ore senza soccorsi
    – Nell’ottobre 2022, la cooperativa veneta ha vinto la gara per la gestione del Cpr di Caltanissetta. Dopo sette mesi la Prefettura ha annullato l’aggiudicazione per i procedimenti a carico dei vertici

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    A seguito della morte di Enukidze, la procura di Gorizia ha cominciato a indagare. L’autopsia sul deceduto ha stabilito come causa della morte un edema polmonare e cerebrale dovuto non a un pestaggio, ma a un cocktail di farmaci e stupefacenti. Così a essere riviati a giudizio con l’accusa di omicidio colposo sono stati il direttore del centro, Simone Borile, e il centralinista che era di turno quel giorno. La cooperativa che ha in gestione il Cpr si chiama Ekene. È nata dalle ceneri di Ecofficina ed Edeco, conosciute in Veneto come “coop pigliatutto”, per aver dominato per anni la gestione dell’accoglienza in tutta la regione.

    Secondo la ricostruzione degli inquirenti, Enukidze è stato lasciato senza soccorso per diverse ore, nonostante le richieste di aiuto degli altri trattenuti, prima di essere trasferito in ospedale, dove è morto alle 15:37. La sorella, Asmat, ricorda l’ultima telefonata in cui percepiva una voce diversa: «Sembrava che avesse bevuto. Aveva dei dolori e gli avevano dato qualcosa per calmarlo, un antidolorifico. Stava talmente male che non riusciva nemmeno ad andare all’udienza. Mi diceva di contattare l’ambasciata georgiana, per farlo uscire dal Cpr», racconta. Simone Borile, raggiunto al telefono da IrpiMedia, ha una versione diversa dei fatti: «È stato soccorso immediatamente, appena c’è stata la chiamata», il problema «riguarda il mancato funzionamento del sistema di chiamata. Niente a che vedere con il mancato soccorso».
    L’ascesa di Ecofficina tra le coop dell’accoglienza

    Borile ha cominciato a lavorare con i migranti dai tempi di Ecofficina Educational, cooperativa con sede a Battaglia Terme, in provincia di Padova, fondata il 2 agosto 2011. Il direttore del Cpr di Gradisca non appare nella visura camerale in quanto sarebbe stato un semplice consulente esterno. Gli inquirenti di Venezia e Padova che indagheranno sulla società, sosterranno tuttavia che sia lo stesso Borile l’amministratore di fatto delle “coop pigliatutto”.

    I legami tra Borile e i vertici di Ecofficina sono però evidenti: vicepresidente della cooperativa è la moglie Sara Felpati mentre il presidente del consiglio di amministrazione è Gaetano Battocchio, coinvolto con lui nel processo per bancarotta della società di gestione dei rifiuti della Bassa Padovana, Padova Tre srl, ma poi assolto, al contrario di Borile che a marzo 2023 è stato uno dei due condannati in primo grado a quattro anni e otto mesi per peculato perché avrebbe trattenuto illegalmente un importo di oltre tre milioni di euro.

    È nel dicembre 2014 che per la prima volta il nome di Ecofficina viene accostato a un caso di frode nelle pubbliche forniture e maltrattamenti sugli ospiti. Il processo che ne è scaturito si chiuderà otto anni e mezzo dopo, il 12 luglio 2023, con l’assoluzione dei vertici della cooperativa perché il fatto non sussiste.

    Durante gli anni passati a processo, Ecofficina Educational – che nel 2015 ha ceduto parte dell’azienda a un’altra cooperativa, Ecofficina Servizi – si aggiudica diversi appalti per l’accoglienza migranti in particolare nella provincia di Padova, con un monopolio che comprende l’ex Caserma Prandina di Padova, l’Hotel Maxim’s a Montagnana, lo Sprar del comune di Due Carrare e l’accoglienza di più di 700 migranti nelle province di Venezia, Vicenza e Rovigo.

    Nel caso dello Sprar di Due Carrare, uno dei requisiti fondamentali per partecipare era aver svolto in modo continuativo, e per almeno due anni, l’attività di accoglienza. A gennaio 2016, la cooperativa ha depositato una dichiarazione attestante una convenzione con la Prefettura di Padova che provava l’inizio dell’attività il 6 gennaio 2014, nonostante Ecofficina fosse entrata nel settore solo nel maggio dello stesso anno. Grazie alla documentazione falsa, secondo l’ipotesi degli inquirenti di Padova, Ecofficina avrebbe ottenuto l’aggiudicazione provvisoria delle gare per la gestione di centri di accoglienza. Il processo che è scaturito dall’indagine è ancora in corso, riporta il Mattino di Padova. IrpiMedia non ha ricevuto alcuna risposta a domande di chiarimento rivolte via email alla cooperativa su questo e su altri temi.

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    Cpa, Cas, Sai: le sigle dell’accoglienza

    In Italia il sistema di accoglienza dovrebbe svilupparsi su due binari: a un primo livello ci sono i Centri di prima accoglienza (Cpa) e gli hotspot, e a un secondo il Sistema di accoglienza e integrazione (Sai), strutture gestite dagli enti locali su base volontaria, che dovrebbero rappresentare il sistema ordinario. I Centri di accoglienza straordinaria (Cas), invece, dovrebbero essere individuati e istituiti dalle prefetture nel caso in cui i posti negli altri centri fossero esauriti. La maggior parte delle persone che arrivano sul territorio però sono accolte nei Cas, sintomo di una gestione perennemente emergenziale del fenomeno. In base ai dati del rapporto di Actionaid Centri d’Italia del 2022, i posti nei Cas, dove è ospitato oltre il 65% delle persone, e nei Cpa sono infatti quasi 63 mila, a fronte dei 34 mila posti del Sai.

    I centri di prima accoglienza e gli hotspot sono invece strutture nate per identificare, fotosegnalare e assistere dal punto di vista sanitario le persone appena arrivate in Italia. Dovrebbero fornire anche le prime informazioni legali per la richiesta di protezione internazionale.

    Nel Sai – prima conosciuto come Siproimi (Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati) e prima ancora come Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) – i servizi assicurati sono solitamente superiori rispetto agli altri centri e mirano ad accompagnare le persone accolte nei loro percorsi di vita e di autonomia: oltre al vitto e all’alloggio, sono infatti assicurate assistenza legale, mediazione linguistica, orientamento lavorativo, insegnamento della lingua italiana, assistenza psicosociale.

    A parte alcune categorie di soggetti, come i minori stranieri non accompagnati, il decreto firmato il 10 marzo 2023 dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha escluso i richiedenti asilo dalla possibilità di essere accolti nel sistema ordinario, riservando loro i pochi servizi di base garantiti dal Cas, ulteriormente ridotti: l’assistenza materiale, sanitaria e linguistica, vitto e alloggio, eliminando i servizi di assistenza psicologica, i corsi di italiano e l’orientamento legale.

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    Gli anni di Edeco

    Dopo le vicende di Ecofficina, la cooperativa cambia nome. Spunta dunque un nuovo attore nel mercato dell’accoglienza in Veneto: Edeco. I vertici però rimangono invariati. La cooperativa inizia a partecipare ai bandi per la gestione dell’accoglienza a partire dal 2016, quando il suo organigramma si arricchisce di nuove figure. Tra queste, Annalisa Carraro, che con Battocchio, Felpati e Borile sarà imputata nel processo di Venezia. Quell’anno in Italia il numero dei Centri di accoglienza straordinaria (Cas) cresce di quasi il doppio rispetto all’anno precedente, con 137 mila strutture dove si concentra il 78% dei richiedenti asilo. In particolare, in Veneto questa tendenza si affianca alla resistenza degli amministratori locali verso il sistema di accoglienza diffusa rappresentato dagli Sprar (oggi Sai).

    È in questo contesto che nascono centri come la tendopoli nell’ex base militare di Cona, in provincia di Venezia, gestita provvisoriamente da Ecofficina fino al luglio del 2016. Quel mese sarà proprio Edeco, in un raggruppamento temporaneo d’imprese con Ecos e Food Service, ad aggiudicarsi il nuovo appalto.

    Le denunce sulle condizioni interne emergono già dal giugno dello stesso anno, quando alcune associazioni effettuano una visita al centro evidenziando il sovraffollamento e la carenza dei servizi essenziali. Le proteste successive dei richiedenti asilo spingono il presidente della Confcooperative del Veneto, Ugo Campagnaro, a prendere la decisione di sospendere Ecofficina-Edeco con queste motivazioni: «Non esiste una legge che impedisca di ospitare e gestire centinaia di profughi in un’unica struttura. Questo però è un sistema che non risponde alle logiche della buona accoglienza […]. Si tratta invece di un modello che guarda soprattutto al business».

    I problemi diventano evidenti quando a gennaio 2017 Sandrine Bakayoko, 25enne ivoriana ospite del centro di Cona, muore per trombosi polmonare. Questo episodio porterà ad alcuni lavori di ristrutturazione e alla riduzione degli ospiti da 1.600 a 1.000, misure comunque non sufficienti a evitare la protesta dei richiedenti asilo, che a novembre si mettono in marcia verso Venezia per ottenere un incontro con il prefetto di Venezia, che alla fine deciderà di spostarli in altre strutture, scrive Internazionale.

    Due anni più tardi la Procura di Venezia chiede il rinvio a giudizio per i vertici di Ecofficina-Edeco. Borile, sempre “amministratore di fatto” a quanto afferma l’accusa, e i suoi colleghi avrebbero impiegato un numero di operatori inferiore agli obblighi contrattuali, un’inadempienza che sarebbe stata coperta dai trasferimenti di personale dall’altro grande centro gestito dalla cooperativa, quello di Bagnoli, in provincia di Padova, e dalla falsificazione dei documenti, che avrebbero fatto apparire un numero di operatori superiore. Inoltre, l’impiego di medici e infermieri con turni e orari inferiori rispetto a quanto previsto dal capitolato d’appalto avrebbe procurato un ingiusto profitto di oltre 200 mila euro. Tutto questo sarebbe stato possibile anche grazie alle informazioni fornite dalla Prefettura. Secondo quanto emerge da alcune intercettazioni contenute nelle carte processuali, ex prefetti e funzionari avrebbero preannunciato e in alcuni casi concordato con i responsabili della cooperativa l’orario e la data delle visite ispettive. Una prassi che avrebbe permesso a Ecofficina-Edeco di organizzarsi in anticipo per coprire eventuali falle.

    Per questo motivo, la giudice per le indagini preliminari ha accolto le richieste di rinvio a giudizio, tra gli altri, anche nei confronti dell’ex prefetto pro tempore di Venezia Domenico Cuttaia e dell’allora vice prefetto vicario Vito Cusumano per rivelazione di segreto d’ufficio.

    Raggiunto al telefono, Simone Borile ha commentato in questo modo: «Non si trattava di ispezioni, ma esclusivamente di una visita di cortesia». Il processo è ancora in primo grado, in fase dibattimentale: nell’ultima udienza, un’ex operatrice ha raccontato che era il personale a firmare il foglio presenze per conto dei richiedenti asilo, in modo da poter ricevere dalla Prefettura la quota diaria per ogni persona accolta, riporta Il Gazzettino.

    Un processo molto simile si sta svolgendo a Padova sulla gestione del Cas di Bagnoli. Tra gli imputati ci sono ancora una volta Sara Felpati, Simone Borile, Gaetano Battocchio, oltre all’ex viceprefetto Pasquale Aversa, il vicario Alessandro Sallusto e una funzionaria della Prefettura. Le accuse a vario titolo sono di turbativa d’asta, frode nelle forniture pubbliche, truffa, concussione per induzione, rivelazione di segreti d’ufficio e falso ideologico. Secondo l’accusa, grazie ai contatti con la Prefettura, Borile, Battocchio e Felpati avrebbero ottenuto informazioni sui concorrenti, partecipando a un bando su misura per Edeco. Anche in questo caso viene contestata la presenza di personale in numero inferiore rispetto al capitolato d’appalto e le chiamate di preavviso della Prefettura prima di alcune ispezioni per permettere alla cooperativa di farsi trovare in regola.
    I danni delle indagini

    Le indagini finiscono per danneggiare la “coop pigliatutto” che alla fine del 2018, anno di chiusura delle strutture di Cona e Bagnoli, avvia una procedura di licenziamento collettivo per 57 lavoratori, a cui se ne aggiungono 71 in scadenza di contratto. Si tratta di addetti alle pulizie e custodia, operai, insegnanti, tecnici, psicologi, educatori che riducono sensibilmente la rosa di Edeco, composta fino ad allora da 228 dipendenti. Nel 2020, Edeco inizia il processo di liquidazione, ma comincia a prendere nuova forma, sempre con lo stesso sistema: la creazione di nuove cooperative.

    Questa volta sono due le cooperative che prendono il testimone di Edeco, segnando l’ingresso nel mondo del trattenimento dei cittadini stranieri: Ekene e Tuendelee. La prima è dedicata quasi esclusivamente alla gestione dei Cpr, la seconda all’attività principale di «pulizia generale (non specializzata) di edifici», oltre a servizi educativi e socio-sanitari come le «attività di prima accoglienza per cittadini stranieri».

    Simone Borile, che di nuovo non compare nelle visure camerali, ha giustificato così a La Nuova Venezia la necessità di creare nuovi soggetti: «Era impossibile continuare a lavorare a causa del danno reputazionale che abbiamo subito». Le stesse persone coinvolte nei processi di Padova e Venezia sono presenti anche nei nuovi organigrammi, come Sara Felpati, prima presidente del Cda di Ekene, ruolo passato poi alla sorella Chiara, e Annalisa Carraro, ex consigliera di Edeco, che oggi ricopre il ruolo di vicepresidente di Ekene e di consigliera in Tuendelee.

    Le controversie del passato non hanno quindi impedito l’aggiudicazione di nuove strutture: nell’agosto del 2019 Edeco ottiene in gestione il Cpr di Gradisca d’Isonzo, poi ceduto due anni dopo a Ekene, e nel dicembre 2021 quello di Macomer. In Friuli, la cooperativa si aggiudica una gara da quasi cinque milioni di euro, grazie al ribasso dell’11,9% rispetto alla base d’asta, dopo l’esclusione delle prime quattro società in graduatoria. Ekene a marzo 2023 vince anche un ricorso al Tar per ottenere la gestione di un centro di accoglienza a Oderzo, nel trevigiano, nell’ex caserma Zanusso.

    Ekene ha poi preso in gestione il Cpr di Macomer dopo l’aggiudicazione della gara del 2021. In una visita, l’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) ha riportato criticità simili a quelle emerse nella struttura friulana, come la violazione del diritto alla salute, all’informazione normativa e alla corrispondenza, poiché «neanche i difensori possono contattare i loro assistiti in caso di comunicazioni urgenti se non attraverso il filtro del gestore», si legge nel rapporto. Inoltre, secondo Asgi la visita medica è spesso assente o viene fatta in modo superficiale.

    La cooperativa veneta ha poi vinto, nell’ottobre 2022, la gara per la gestione del Cpr di Caltanissetta. Ma dopo sette mesi, a maggio 2023, la Prefettura ha annullato l’aggiudicazione per i procedimenti a carico dei vertici: nel decreto di esclusione si riconosce esplicitamente Ekene come diretta emanazione di Edeco. Ricordando i gravi reati contestati nei procedimenti penali in corso, la Prefettura afferma di non poter «valutare favorevolmente l’integrità e l’affidabilità dell’operatore economico». Considerazioni diverse rispetto a quelle della Prefettura di Gorizia, che ha permesso a Simone Borile di mantenere il ruolo di direttore del centro di Gradisca d’Isonzo.

    L’imputazione di Borile per omicidio colposo, secondo i verbali della nuova gara indetta dalla Prefettura di Gorizia per la gestione del Cpr, «può avere rilievo solo al fine di considerare l’affidabilità dell’operatore economico sotto la cui gestione è occorso l’evento morte», dato che Borile non ricopre alcun incarico formale in Ekene. Nella stessa gara, la cooperativa Badia Grande è stata esclusa per il rinvio a giudizio del rappresentante legale per diversi reati, tra cui frode nelle pubbliche forniture per la gestione dei Cpr di Trapani e Bari. Dai verbali della prefettura disponibili in rete risulta che la posizione della cooperativa veneta sia ancora in fase di valutazione.
    Morire di Cpr a Gradisca d’Isonzo

    Dalla riapertura del 2019 ad oggi sono morti quattro trattenuti al Cpr di Gradisca d’Isonzo. Dopo Vakhtang Enukidze, Orgest Turia, cittadino albanese di 28 anni, è morto per overdose da metadone quattro giorni dopo essere entrato nel centro, il 10 luglio 2020, in una cella di isolamento, dove si trovava con altre cinque persone per il periodo di quarantena. Andrea Guadagnini, avvocato di Turia, ha scoperto della sua morte proprio in sede di convalida del trattenimento ed esprime perplessità sulla provenienza di quella sostanza. Altre due persone si sono poi tolte la vita nella struttura: Anani Ezzedine era un cittadino tunisino di 44 anni. Anche lui in isolamento per il periodo di quarantena, si è suicidato nella sua cella nella notte tra il 5 e il 6 dicembre 2021. Arshad Jahangir, un ragazzo 28enne di origine pakistana, si è suicidato il 31 agosto 2022 in camera un’ora dopo essere entrato nel Cpr.

    «È chiaro che per noi i Cpr debbano essere chiusi, ma nel frattempo volevamo instaurare delle prassi virtuose per agevolare la tutela dei diritti dei detenuti», afferma Eva Vigato, che insieme ad altre due colleghe, tra dicembre 2019 e novembre 2020 ha svolto il servizio di assistenza legale per l’ente gestore. Sostiene che anche per lei fosse molto difficile intervenire: i diritti dei trattenuti nei Cpr non sono delineati da una legge, ma da un semplice regolamento ministeriale, di cui non possono essere contestate le violazioni.

    https://www.youtube.com/watch?v=xq-OrG9-V7c&embeds_referring_euri=https%3A%2F%2Firpimedia.irpi.eu%2

    «Sono successe delle cose che ci hanno sconvolto», ricorda l’avvocata Vigato. Dopo la morte di Vakhtang Enukidze, Vigato e le sue colleghe hanno assistito a un’altra serie di irregolarità: «Abbiamo deciso di tener duro e ci siamo date come limite la Convenzione di Ginevra – spiega -. Di fronte a una violazione del trattato internazionale avremmo sporto denuncia».

    L’occasione si è presentata a novembre 2020: le legali si sono rese conto che dal Cpr transitavano cittadini tunisini senza che venisse registrato il loro ingresso nel sistema e senza che riuscissero a incontrarli e a informarli dei loro diritti, tra cui la richiesta di asilo, tutelata proprio dalla Convenzione di Ginevra. Le avvocate avevano dunque incaricato formalmente i mediatori di informare i trattenuti della possibilità di chiedere protezione internazionale e di metterlo per iscritto. In risposta, l’ente gestore ha deciso di diminuire le ore di ufficio legale, portando l’avvocata a inviare una segnalazione per denunciare la violazione della Convenzione di Ginevra alla Prefettura e al Garante nazionale. Ha risposto «il prefetto in persona – racconta Vigato – dicendo che non c’era nulla di irregolare ravvisabile nell’operato. Mi domando come abbia fatto, in così pochi giorni e senza un serio controllo, ad affermare una cosa del genere». La sera stessa Edeco ha rimosso Vigato e le sue colleghe dall’incarico.

    Nella segnalazione inviata alle autorità, Vigato ha evidenziato la violazione di molteplici diritti, tra cui quello alla salute e all’assistenza legale. Sostiene ci fosse un abuso di medicine nella struttura: «A un certo punto ci siamo rese conto che non c’era un controllo reale sui farmaci e potevano essere utilizzati anche in modo improprio dai detenuti». Le legali spesso non riuscivano ad accedere alle informazioni sanitarie e, in alcuni casi, non veniva caricato il resoconto delle visite, soprattutto quelle psicologiche. «L’impressione che è uscita sia dal processo Edeco sia dalla mia esperienza nel Cpr – conclude Vigato – è che ci sia una sorta di soluzione di comodo tra l’ente gestore e l’istituzione, per cui va bene così».

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    La storia di Anthony

    Bibudi Anthony Nzuzi è nato in Libano, da genitori congolesi, nel 1983, in piena guerra civile. «Era la fase del bombardamento massiccio», racconta, ma dopo cinque anni «la situazione era diventata veramente insostenibile». Per questa ragione, sua madre ha deciso di mandare i figli fuori dal Paese: due dei tre fratelli più grandi sono emigrati in Congo Brazzaville, ma lui, il più piccolo, è rimasto con lei. Poi sono fuggiti insieme in Siria e, visto che il conflitto si stava avvicinando, in Turchia, ad Ankara e a Istanbul.

    Infine, hanno deciso di venire in Italia per ricongiungersi con il fratello maggiore, che si trovava nel Paese da diversi anni. «Nel 1998 mia madre, dopo anni di duro lavoro, è riuscita a riunire tutta la famiglia qui a Jesi, nelle Marche», dice Anthony, che ha poi studiato come perito elettrotecnico, mentre uno dei fratelli ha partecipato alle Olimpiadi di Pechino del 2008 con l’Italia nella disciplina delle arti marziali.

    Anthony vive quindi in Italia da quasi trent’anni e ha conosciuto il mondo dei Cpr «per un errore», racconta: «Vivevo a Modena e mi sono fidato di una persona, sbagliando. Mi sono trovato a dover scontare una pena di 11 mesi e 29 giorni in carcere». Mentre era recluso gli è scaduto il permesso di soggiorno senza, sostiene, che gli fosse data la possibilità di rinnovarlo. «A luglio mi è arrivato il foglio di via e il 10 ottobre a mezzanotte sono venuti a prendermi in cella, mi hanno fatto preparare tutte le mie cose perché dovevano espatriarmi in Congo». Ma dopo essere stato trasferito a Fiumicino alle quattro di mattina e alcune ore di attesa, il volo non è partito ed è stato riportato in cella.

    Uscito dal carcere, dopo uno sconto di pena per buona condotta, ha potuto passare un giorno con la famiglia per poi essere recluso in un Cpr. «Era l’unico modo per me per rimanere in Italia – racconta con commozione – non è facile, ma sono riuscito ad andare avanti». È stato portato al Cpr di Bari, ma per la sua avvocata, che esercita nelle Marche, era diventato difficile seguirlo.

    Dopo pochi giorni le condizioni nel centro pugliese erano già critiche: cibo ammuffito, carenze igieniche e, secondo Anthony, negli altri moduli la situazione era anche peggiore. Per questo sono iniziate rivolte interne che hanno reso inagibile la struttura, andata a fuoco. «La mattina dell’incendio ci siamo ritrovati caricati su dei pullman e portati a Gorizia – dice – di punto in bianco».

    Anthony considera il carcere molto meglio del Cpr: «Hai una vita dignitosa, per quanto è possibile. Sei detenuto, ma comunque hai la tua dignità. Nel Cpr ti tolgono tutto, o almeno ci provano». E aggiunge: «Se arrivo a dire una cosa del genere significa che stavo meglio in carcere per davvero. I primi giorni a Gradisca abbiamo patito il freddo, il cibo arrivava gelato e crudo. Non è stato per niente facile».

    Grazie all’assistenza legale della sua avvocata è riuscito a uscire, ma se fosse stato rimpatriato nel Paese di origine dei suoi genitori, dove lui non è mai stato, avrebbe dovuto arrangiarsi senza soldi: «Non mi hanno dato un euro quando sono arrivato in aeroporto», spiega. Anthony rischiava di essere rimpatriato in Congo, dove ha alcuni parenti, «ma non so neanche dove siano, come si chiamino o come contattarli». E, oltre ad avere sempre avuto i documenti in regola, già prima di entrare nel Cpr, aveva un figlio di nazionalità italiana.

    «Metà delle persone che trovi nel Cpr – conclude Anthony – hanno semplicemente voglia di trovare un futuro. Magari c’è chi vorrebbe veramente lavorare, ma non ha possibilità perché lo trattano come un cane. Dagli la possibilità di dimostrarti che può rimanere nel tuo Paese. Non ne vuole tante, gliene basta una».

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    https://irpimedia.irpi.eu/cprspa-coop-ekene-gradisca-isonzo-macomer

    ici aussi : https://seenthis.net/messages/1016060

    #accueil #rétention #détention_administrative #asile #migrations #réfugiés #sans-papiers #business #Gradisca_d'Isonzo #Italie #CPR #Vakhtang_Enukidze #Enukidze #Simone_Borile #Ecofficina-Edeco #Ecofficina #Edeco #Cona #Bagnoli #Ekene #Macomer #coopérative #Ecofficina_Educational #Sara_Felpati #Gaetano_Battocchio #Ecofficina_Servizi #Due_Carrare #CPA #CAS #SAI #centri_di_prima_accoglienza #Sistema_di_accoglienza_e_integrazione #Centri_di_accoglienza_straordinaria #Edeco #Annalisa_Carraro #Ecos #Food_Service #Sandrine_Bakayoko #Tuendelee #Oderzo #caserma_Zanusso #Caltanissetta #Badia_Grande

  • Coop ou pas coop de trouver une alternative à la grande distribution ?

    Un #magasin sans client, sans salarié, sans marge, sans contrôle, sans espace de pouvoir où la confiance règne vous y croyez ? Difficile, tant le modèle et les valeurs de la grande distribution, et plus largement capitalistes et bourgeoises ont façonnés nos habitus. Néanmoins, parmi nous certains cherchent l’alternative : supermarchés coopératifs, collaboratifs, épiceries participatives, citoyennes, etc. Des alternatives qui pourtant reprennent nombre des promesses de la grande distribution et de ses valeurs. Les épiceries “autogérées”, “libres” ou encore en “gestion directe” tranchent dans ce paysage. Lieux d’apprentissage de nouvelles habitudes, de remise en cause frontale du pouvoir pyramidal et pseudo-horizontal. Ce modèle sera évidemment à dépasser après la révolution, mais d’ici-là il fait figure de favori pour une #émancipation collective et individuelle.

    Le supermarché : une #utopie_capitaliste désirable pour les tenants de la croyance au mérite

    Le supermarché est le modèle hégémonique de #distribution_alimentaire. #Modèle apparu seulement en 1961 en région parisienne il s’est imposé en quelques décennies en colonisant nos vies, nos corps, nos désirs et nos paysages. Cette utopie capitaliste est devenue réalité à coup de #propagande mais également d’adhésion résonnant toujours avec les promesses de l’époque : travaille, obéis, consomme ; triptyque infernal où le 3e pilier permet l’acceptation voire l’adhésion aux deux autres à la mesure du mérite individuel fantasmé.

    Malgré le succès et l’hégémonie de ce modèle, il a parallèlement toujours suscité du rejet : son ambiance aseptisée et criarde, industrielle et déshumanisante, la relation de prédation sur les fournisseurs et les délocalisations qui en découlent, sa privatisation par les bourgeois, la volonté de manipuler pour faire acheter plus ou plus différenciant et cher, le greenwashing (le fait de servir de l’écologie de manière opportuniste pour des raisons commerciales), etc., tout ceci alimente les critiques et le rejet chez une frange de la population pour qui la recherche d’alternative devient motrice.

    C’est donc contre ce modèle que se (re)créent des #alternatives se réclamant d’une démarche plus démocratique, plus inclusive, ou de réappropriation par le citoyen… Or, ces alternatives se réalisent en partant du #modèle_dominant, jouent sur son terrain selon ses règles et finalement tendent à reproduire souvent coûte que coûte, parfois inconsciemment, les promesses et les côtés désirables du supermarché.
    Comme le dit Alain Accardo dans De Notre Servitude Involontaire “ce qu’il faut se résoudre à remettre en question – et c’est sans doute la pire difficulté dans la lutte contre le système capitaliste -, c’est l’#art_de_vivre qu’il a rendu possible et désirable aux yeux du plus grand nombre.”
    Le supermarché “coopératif”, l’épicerie participative : des pseudo alternatives au discours trompeur

    Un supermarché dit “coopératif” est… un supermarché ! Le projet est de reproduire la promesse mais en supprimant la part dévolue habituellement aux bourgeois : l’appellation “coopératif” fait référence à la structure juridique où les #salariés ont le #pouvoir et ne reversent pas de dividende à des actionnaires. Mais les salariés ont tendance à se comporter collectivement comme un bourgeois propriétaire d’un “moyen de production” et le recrutement est souvent affinitaire : un bourgeois à plusieurs. La valeur captée sur le #travail_bénévole est redistribuée essentiellement à quelques salariés. Dans ce type de supermarché, les consommateurs doivent être sociétaires et “donner” du temps pour faire tourner la boutique, en plus du travail salarié qui y a lieu. Cette “#coopération” ou “#participation” ou “#collaboration” c’est 3h de travail obligatoire tous les mois sous peine de sanctions (contrôles à l’entrée du magasin pour éventuellement vous en interdire l’accès). Ces heures obligatoires sont cyniquement là pour créer un attachement des #bénévoles au supermarché, comme l’explique aux futurs lanceurs de projet le fondateur de Park Slope Food le supermarché New-Yorkais qui a inspiré tous les autres. Dans le documentaire FoodCoop réalisé par le fondateur de la Louve pour promouvoir ce modèle :”Si vous demandez à quelqu’un l’une des choses les plus précieuses de sa vie, c’est-à-dire un peu de son temps sur terre (…), la connexion est établie.”

    L’autre spécificité de ce modèle est l’#assemblée_générale annuelle pour la #démocratie, guère mobilisatrice et non propice à la délibération collective. Pour information, La Louve en 2021 obtient, par voie électronique 449 participations à son AG pour plus de 4000 membres, soit 11%. Presque trois fois moins avant la mise en place de cette solution, en 2019 : 188 présents et représentés soit 4,7%. À Scopeli l’AG se tiendra en 2022 avec 208 sur 2600 membres, soit 8% et enfin à la Cagette sur 3200 membres actifs il y aura 143 présents et 119 représentés soit 8,2%

    Pour le reste, vous ne serez pas dépaysés, votre parcours ressemblera à celui dans un supermarché traditionnel. Bien loin des promesses de solidarité, de convivialité, de résistance qui n’ont su aboutir. Les militants voient de plus en plus clairement les impasses de ce modèle mais il fleurit néanmoins dans de nouvelles grandes villes, souvent récupéré comme plan de carrière par des entrepreneurs de l’#ESS qui y voient l’occasion de se créer un poste à terme ou de développer un business model autour de la vente de logiciel de gestion d’épicerie en utilisant ce souhait de milliers de gens de trouver une alternative à la grande distribution.

    #La_Louve, le premier supermarché de ce genre, a ouvert à Paris en 2016. Plus de 4000 membres, pour plus d’1,5 million d’euros d’investissement au départ, 3 années de lancement et 7,7 millions de chiffre d’affaires en 2021. À la création il revendiquait des produits moins chers, de fonctionner ensemble autrement, ne pas verser de dividende et de choisir ses produits. Cette dernière est toujours mise en avant sur la page d’accueil de leur site web : “Nous n’étions pas satisfaits de l’offre alimentaire qui nous était proposée, alors nous avons décidé de créer notre propre supermarché.” L’ambition est faible et le bilan moins flatteur encore : vous retrouverez la plupart des produits présents dans les grandes enseignes (loin derrière la spécificité d’une Biocoop, c’est pour dire…), à des #prix toujours relativement élevés (application d’un taux de 20% de marge).

    À plus petite échelle existent les épiceries “participatives”. La filiation avec le #supermarché_collaboratif est directe, avec d’une cinquantaine à quelques centaines de personnes. Elles ne peuvent généralement pas soutenir de #salariat et amènent des relations moins impersonnelles grâce à leur taille “plus humaine”. Pour autant, certaines épiceries sont des tremplins vers le modèle de supermarché et de création d’emploi pour les initiateurs. Il en existe donc avec salariés. Les marges, selon la motivation à la croissance varient entre 0 et 30%.

    #MonEpi, startup et marque leader sur un segment de marché qu’ils s’efforcent de créer, souhaite faire tourner son “modèle économique” en margeant sur les producteurs (marges arrières de 3% sur les producteurs qui font annuellement plus de 10 000 euros via la plateforme). Ce modèle très conforme aux idées du moment est largement subventionné et soutenu par des collectivités rurales ou d’autres acteurs de l’ESS et de la start-up nation comme Bouge ton Coq qui propose de partager vos données avec Airbnb lorsque vous souhaitez en savoir plus sur les épiceries, surfant sur la “transition” ou la “résilience”.

    Pour attirer le citoyen dynamique, on utilise un discours confus voire trompeur. Le fondateur de MonEpi vante volontiers un modèle “autogéré”, sans #hiérarchie, sans chef : “On a enlevé le pouvoir et le profit” . L’informatique serait, en plus d’être incontournable (“pour faire ce que l’on ne saurait pas faire autrement”), salvatrice car elle réduit les espaces de pouvoir en prenant les décisions complexes à la place des humains. Pourtant cette gestion informatisée met toutes les fonctions dans les mains de quelques sachant, le tout centralisé par la SAS MonEpi. De surcroit, ces épiceries se dotent généralement (et sont incitées à le faire via les modèles de statut fournis par MonEpi) d’une #organisation pyramidale où le simple membre “participe” obligatoirement à 2-3h de travail par mois tandis que la plupart des décisions sont prises par un bureau ou autre “comité de pilotage”, secondé par des commissions permanentes sur des sujets précis (hygiène, choix des produits, accès au local, etc.). Dans certains collectifs, le fait de participer à ces prises de décision dispense du travail obligatoire d’intendance qui incombe aux simples membres…

    Pour finir, nous pouvons nous demander si ces initiatives ne produisent pas des effets plus insidieux encore, comme la possibilité pour la sous-bourgeoisie qui se pense de gauche de se différencier à bon compte : un lieu d’entre-soi privilégié où on te vend, en plus de tes produits, de l’engagement citoyen bas de gamme, une sorte d’ubérisation de la BA citoyenne, où beaucoup semblent se satisfaire d’un énième avatar de la consom’action en se persuadant de lutter contre la grande distribution. De plus, bien que cela soit inconscient ou de bonne foi chez certains, nous observons dans les discours de nombre de ces initiatives ce que l’on pourrait appeler de l’#autogestion-washing, où les #inégalités_de_pouvoir sont masqués derrière des mots-clés et des slogans (Cf. “Le test de l’Autogestion” en fin d’article).

    L’enfer est souvent pavé de bonnes intentions. Et on pourrait s’en contenter et même y adhérer faute de mieux. Mais ne peut-on pas s’interroger sur les raisons de poursuivre dans des voies qui ont clairement démontré leurs limites alors même qu’un modèle semble apporter des réponses ?

    L’épicerie autogérée et autogouvernée / libre : une #utopie_libertaire qui a fait ses preuves

    Parfois nommé épicerie autogérée, #coopérative_alimentaire_autogérée, #épicerie_libre ou encore #épicerie_en_gestion_directe, ce modèle de #commun rompt nettement avec nombre des logiques décrites précédemment. Il est hélas largement invisibilisé par la communication des modèles sus-nommés et paradoxalement par son caractère incroyable au sens premier du terme : ça n’est pas croyable, ça remet en question trop de pratiques culturelles, il est difficile d’en tirer un bénéfice personnel, c’est trop beau pour être vrai…Car de loin, cela ressemble à une épicerie, il y a bien des produits en rayon mais ce n’est pas un commerce, c’est un commun basé sur l’#égalité et la #confiance. L’autogestion dont il est question ici se rapproche de sa définition : la suppression de toute distinction entre dirigeants et dirigés.

    Mais commençons par du concret ? À #Cocoricoop , épicerie autogérée à Villers-Cotterêts (02), toute personne qui le souhaite peut devenir membre, moyennant une participation libre aux frais annuels (en moyenne 45€ par foyer couvrant loyer, assurance, banque, électricité) et le pré-paiement de ses futures courses (le 1er versement est en général compris entre 50€ et 150€, montant qui est reporté au crédit d’une fiche individuelle de compte). À partir de là, chacun.e a accès aux clés, au local 24h/24 et 7 jours/7, à la trésorerie et peut passer commande seul ou à plusieurs. Les 120 foyers membres actuels peuvent venir faire leurs courses pendant et hors des permanences. Ces permanences sont tenues par d’autres membres, bénévolement, sans obligation. Sur place, des étagères de diverses formes et tailles, de récup ou construites sur place sont alignées contre les murs et plus ou moins généreusement remplies de produits. On y fait ses courses, pèse ses aliments si besoin puis on se dirige vers la caisse… Pour constater qu’il n’y en a pas. Il faut sortir une calculatrice et calculer soi-même le montant de ses courses. Puis, ouvrir le classeur contenant sa fiche personnelle de suivi et déduire ce montant de son solde (somme des pré-paiements moins somme des achats). Personne ne surveille par dessus son épaule, la confiance règne.

    Côté “courses”, c’est aussi simple que cela, mais on peut y ajouter tout un tas d’étapes, comme discuter, accueillir un nouveau membre, récupérer une débroussailleuse, participer à un atelier banderoles pour la prochaine manif (etc.). Qu’en est-il de l’organisation et l’approvisionnement ?

    Ce modèle de #commun dont la forme épicerie est le prétexte, cherche avant tout, à instituer fondamentalement et structurellement au sein d’un collectif les règles établissant une égalité politique réelle. Toutes les personnes ont le droit de décider et prendre toutes les initiatives qu’elles souhaitent. “#Chez_Louise” dans le Périgord (Les Salles-Lavauguyon, 87) ou encore à #Dionycoop (St-Denis, 93), comme dans toutes les épiceries libres, tout le monde peut, sans consultation ou délibération, décider d’une permanence, réorganiser le local, organiser une soirée, etc. Mieux encore, toute personne est de la même manière légitime pour passer commande au nom du collectif en engageant les fonds disponibles dans la trésorerie commune auprès de tout fournisseur ou distributeur de son choix. La trésorerie est constituée de la somme des dépôts de chaque membre. Les membres sont incités à laisser immobilisé sur leur fiche individuelle une partie de leurs dépôts. Au #Champ_Libre (Preuilly-Sur-Claise, 37), 85 membres disposent de dépôts moyens de 40-50€ permettant de remplir les étagères de 3500€ selon l’adage, “les dépôts font les stocks”. La personne qui passe la commande s’assure que les produits arrivent à bon port et peut faire appel pour cela au collectif.

    D’une manière générale, les décisions n’ont pas à être prises collectivement mais chacun.e peut solliciter des avis.

    Côté finances, à #Haricocoop (Soissons, 02), quelques règles de bonne gestion ont été instituées. Une #créditomancienne (personne qui lit dans les comptes bancaires) vérifie que le compte est toujours en positif et un “arroseur” paye les factures. La “crédito” n’a aucun droit de regard sur les prises de décision individuelle, elle peut seulement mettre en attente une commande si la trésorerie est insuffisante. Il n’y a pas de bon ou de mauvais arroseur : il voit une facture, il paye. Une autre personne enfin vérifie que chacun a payé une participation annuelle aux frais, sans juger du montant. Ces rôles et d’une manière générale, toute tâche, tournent, par tirage au sort, tous les ans afin d’éviter l’effet “fonction” et impliquer de nouvelles personnes.

    Tout repose donc sur les libres initiatives des membres, sans obligations : “ce qui sera fait sera fait, ce qui ne sera pas fait ne sera pas fait”. Ainsi, si des besoins apparaissent, toute personne peut se saisir de la chose et tenter d’y apporter une réponse. Le corolaire étant que si personne ne décide d’agir alors rien ne sera fait et les rayons pourraient être vides, le local fermé, les produits dans les cartons, (etc.). Il devient naturel d’accepter ces ‘manques’ s’il se produisent, comme conséquence de notre inaction collective et individuelle ou l’émanation de notre niveau d’exigence du moment.

    Toute personne peut décider et faire, mais… osera-t-elle ? L’épicerie libre ne cherche pas à proposer de beaux rayons, tous les produits, un maximum de membres et de chiffre d’affaires, contrairement à ce qui peut être mis en avant par d’autres initiatives. Certes cela peut se produire mais comme une simple conséquence, si la gestion directe et le commun sont bien institués ou que cela correspond au niveau d’exigence du groupe. C’est à l’aune du sentiment de #légitimité, que chacun s’empare du pouvoir de décider, de faire, d’expérimenter ou non, que se mesure selon nous, le succès d’une épicerie de ce type. La pierre angulaire de ces initiatives d’épiceries libres et autogouvernées repose sur la conscience et la volonté d’instituer un commun en le soulageant de tous les espaces de pouvoir que l’on rencontre habituellement, sans lequel l’émancipation s’avèrera mensongère ou élitiste. Une méfiance vis-à-vis de certains de nos réflexes culturels est de mise afin de “s’affranchir de deux fléaux également abominables : l’habitude d’obéir et le désir de commander.” (Manuel Gonzáles Prada) .

    L’autogestion, l’#autogouvernement, la gestion directe, est une pratique humaine qui a l’air utopique parce que marginalisée ou réprimée dans notre société : nous apprenons pendant toute notre vie à fonctionner de manière autoritaire, individualiste et capitaliste. Aussi, l’autogestion de l’épicerie ne pourra que bénéficier d’une vigilance de chaque instant de chacun et chacune et d’une modestie vis-à-vis de cette pratique collective et individuelle. Autrement, parce que les habitudes culturelles de domination/soumission reviennent au galop, le modèle risque de basculer vers l’épicerie participative par exemple. Il convient donc de se poser la question de “qu’est-ce qui en moi/nous a déjà été “acheté”, approprié par le système, et fait de moi/nous un complice qui s’ignore ?” ^9 (ACCARDO) et qui pourrait mettre à mal ce bien commun.

    S’affranchir de nos habitus capitalistes ne vient pas sans effort. Ce modèle-là ne fait pas mine de les ignorer, ni d’ignorer le pouvoir qu’ont les structures et les institutions pour conditionner nos comportements. C’est ainsi qu’il institue des “règles du jeu” particulières pour nous soutenir dans notre quête de #confiance_mutuelle et d’#égalité_politique. Elles se résument ainsi :

    Ce modèle d’épicerie libre diffère ainsi très largement des modèles que nous avons pu voir plus tôt. Là où la Louve cherche l’attachement via la contrainte, les épiceries autogérées cherchent l’#appropriation et l’émancipation par ses membres en leur donnant toutes les cartes. Nous soulignons ci-dessous quelques unes de ces différences majeures :

    Peut-on trouver une alternative vraiment anticapitaliste de distribution alimentaire ?

    Reste que quelque soit le modèle, il s’insère parfaitement dans la #société_de_consommation, parlementant avec les distributeurs et fournisseurs. Il ne remet pas en cause frontalement la logique de l’#économie_libérale qui a crée une séparation entre #consommateur et #producteur, qui donne une valeur comptable aux personnes et justifie les inégalités d’accès aux ressources sur l’échelle de la croyance au mérite. Il ne règle pas non plus par magie les oppressions systémiques.

    Ainsi, tout libertaire qu’il soit, ce modèle d’épicerie libre pourrait quand même n’être qu’un énième moyen de distinction sociale petit-bourgeois et ce, même si une épicerie de ce type a ouvert dans un des quartiers les plus défavorisés du département de l’Aisne (réservée aux personnes du quartier qui s’autogouvernent) et que ce modèle génère très peu de barrière à l’entrée (peu d’administratif, peu d’informatique,…).

    On pourrait aussi légitimement se poser la question de la priorité à créer ce type d’épicerie par rapport à toutes les choses militantes que l’on a besoin de mettre en place ou des luttes quotidiennes à mener. Mais nous avons besoin de lieux d’émancipation qui ne recréent pas sans cesse notre soumission aux logiques bourgeoises et à leurs intérêts et institutions. Une telle épicerie permet d’apprendre à mieux s’organiser collectivement en diminuant notre dépendance aux magasins capitalistes pour s’approvisionner (y compris sur le non alimentaire). C’est d’autant plus valable en période de grève puisqu’on a tendance à enrichir le supermarché à chaque barbecue ou pour approvisionner nos cantines et nos moyens de lutte.

    Au-delà de l’intérêt organisationnel, c’est un modèle de commun qui remet en question concrètement et quotidiennement les promesses et les croyances liées à la grande distribution. C’est très simple et très rapide à monter. Aucune raison de s’en priver d’ici la révolution !
    Le Test de l’Autogestion : un outil rapide et puissant pour tester les organisations qui s’en réclament

    À la manière du test de Bechdel qui permet en trois critères de mettre en lumière la sous-représentation des femmes et la sur-représentation des hommes dans des films, nous vous proposons un nouvel outil pour dénicher les embuscades tendues par l’autogestion-washing, en toute simplicité : “le test de l’Autogestion” :

    Les critères sont :

    - Pas d’AGs ;

    - Pas de salarié ;

    - Pas de gestion informatisée.

    Ces 3 critères ne sont pas respectés ? Le collectif ou l’organisme n’est pas autogéré.

    Il les coche tous ? C’est prometteur, vous tenez peut être là une initiative sans donneur d’ordre individuel ni collectif, humain comme machine ! Attention, le test de l’autogestion permet d’éliminer la plupart des faux prétendants au titre, mais il n’est pas une garantie à 100% d’un modèle autogéré, il faudra pousser l’analyse plus loin. Comme le test de Bechdel ne vous garantit pas un film respectant l’égalité femme-homme.

    Il faut parfois adapter les termes, peut être le collectif testé n’a pas d’Assemblée Générale mais est doté de Réunions de pilotage, n’a pas de salarié mais des services civiques, n’a pas de bureau mais des commissions/groupe de travail permanents, n’a pas de logiciel informatique de gestion mais les documents de gestion ne sont pas accessibles sur place ?
    Pour aller plus loin :

    Le collectif Cooplib fait un travail de documentation de ce modèle de commun et d’autogestion. Ses membres accompagnent de manière militante les personnes ou collectifs qui veulent se lancer (= gratuit).

    Sur Cooplib.fr, vous trouverez des informations et des documents plus détaillés :

    – La brochure Cocoricoop

    – Un modèle de Statuts associatif adapté à l’autogestion

    – La carte des épiceries autogérées

    – Le Référentiel (règles du jeu détaillées)

    – Le manuel d’autogestion appliqué aux épiceries est en cours d’édition et en précommande sur Hello Asso

    Ces outils sont adaptés à la situation particulière des épiceries mais ils sont transposables au moins en partie à la plupart de nos autres projets militants qui se voudraient vraiment autogérés (bar, librairie, laverie, cantine, camping,…). Pour des expérimentations plus techniques (ex : garage, ferme, festival,…), une montée en compétence des membres semble nécessaire.

    D’autres ressources :

    – Quelques capsules vidéos : http://fede-coop.org/faq-en-videos

    – “Les consommateurs ouvrent leur épiceries, quel modèle choisir pour votre ville ou votre village ?”, les éditions libertaires.

    https://www.frustrationmagazine.fr/coop-grande-distribution
    #alternative #grande_distribution #supermarchés #capitalisme #épiceries #auto-gestion #autogestion #gestion_directe #distribution_alimentaire

    sur seenthis :
    https://seenthis.net/messages/1014023

  • Danone investit dans Imagindairy pour les produits laitiers sans lait de vache Sharon Wrobel - Time of israel

    Le géant français des produits laitiers Danone a réalisé un investissement stratégique dans la start-up israélienne Imagindairy Ltd. qui pourrait ouvrir la voie à une collaboration sur le développement de produits laitiers sans produits d’origine animale pour les consommateurs en utilisant la technologie de la fermentation de précision.

    Le géant de l’agroalimentaire basé à Paris a rejoint Imagindairy en avril en tant qu’investisseur stratégique par l’intermédiaire de sa société de capital-risque Danone Manifesto Ventures (DMV). Les conditions financières de l’investissement n’ont pas été divulguées.


    Il s’agit du deuxième investissement de Danone dans une start-up israélienne de technologie alimentaire – ou FoodTech – en moins d’un mois. Début avril, la société française, qui produit le yaourt Activia, le lait maternisé Aptamil et l’eau Evian, a annoncé un investissement de 2 millions de dollars dans la start-up israélienne Wilk, qui développe une une technologie cellulaire pour produire du lait humain et animal cultivé.

    « C’est un très bel investissement qui nous aidera à aller de l’avant », a déclaré le Dr. Eyal Afergan, co-fondateur et PDG d’Imagindairy, au Times of Israel. « Il s’agit d’un partenariat à plusieurs niveaux, avec l’investissement d’un côté et des discussions pour établir une collaboration avec les équipes de R&D afin de développer des produits sans animaux, et éventuellement une fois que nous aurons le bon produit et que nous aurons tout mis en place, comme le coût, le prix et le goût, alors cela pourrait nous conduire à un accord commercial. »

    Fondée en 2020 par le Dr. Afergan, le Dr. Arie Abo et le Pr. Tamir Tuller, Imagindairy a développé une technologie de fermentation de précision qui apprend aux micro-organismes tels que la levure ou les champignons à produire des protéines laitières qui, selon la start-up, sont identiques à celles du lait de vache. Cette technologie, qui repose sur 15 années de recherche menées par Tuller, professeur à l’université de Tel Aviv, recrée des versions non animales des protéines de lactosérum et de caséine qui peuvent être utilisées pour reproduire n’importe quel type de lait.

    Les protéines de lactosérum sont les éléments de base pour développer une gamme complète de produits non laitiers qui imitent les produits laitiers avec la même quantité de protéines et de matières grasses que le lait de vache, mais sans cholestérol ni lactose.



    Eyal Afergan, co-fondateur et PDG d’Imagindairy. (Crédit : Tal Shahar/Imagindairy)

    La fermentation de précision est une technologie utilisée dans l’industrie alimentaire depuis plus de 40 ans, par exemple pour la production d’enzymes alimentaires. « Imagindairy l’utilise pour produire des protéines laitières sans produits d’origine animale de manière rentable », a déclaré le Dr. Afergan.

    « Notre technologie brevetée est une technologie très complète qui nous permet d’améliorer la productivité de nos organismes. C’est la différence entre une vache qui vous donne un litre de lait par jour ou 40 litres de lait par jour », a-t-il déclaré. Il s’agit essentiellement de champignons, de levures et de bio-ingénierie – à l’aide d’une technologie d’apprentissage automatique – pour nous aider à améliorer la production de protéines de manière beaucoup plus efficace et de bien meilleure qualité.

    Le Dr. Afergan a déclaré que l’investissement stratégique de Danone intervient alors que la start-up est en train de se transformer en entreprise industrielle et vise le lancement de son premier produit aux États-Unis d’ici la fin de l’année, en collaboration avec un producteur laitier dont le nom n’a pas été dévoilé.

    « Nous fournissons la protéine elle-même et ils développent le produit », a déclaré le Dr. Afergan. « La première étape consiste à atteindre la production commerciale et à obtenir l’approbation réglementaire aux États-Unis, puis dans d’autres régions. »

    La start-up située à Yokneam est composée d’une équipe multidisciplinaire de 30 experts en microbiologie, en systèmes informatiques et en biotechnologie, avec le soutien de The Kitchen FoodTech hub, basé en Israël. À ce jour, Imagindairy a levé 28 millions de dollars en fonds de démarrage auprès d’investisseurs tels que Target Global, Strauss Group, Emerald Technology Ventures, Green Circle Foodtech Ventures, Collaborative Fund et New Climate Ventures.

    Un certain nombre d’entreprises opèrent dans le secteur des produits laitiers de substitution pour les protéines de lait en utilisant la technologie de fermentation de précision, comme la start-up israélienne Remilk, qui affirme avoir mis au point des protéines de lait chimiquement identiques à celles du lait et des produits laitiers produits par les vaches.

    La semaine dernière, le ministère de la santé a accordé à Remilk la première autorisation réglementaire de ce type pour commercialiser et vendre des produits laitiers fabriqués avec les protéines non animales de la start-up, qui sont exemptes de lactose, de cholestérol, d’antibiotiques et d’hormones de croissance. Pigmentum est une autre entreprise qui a mis au point une technologie végétale génétiquement modifiée pour créer des protéines laitières à partir de laitue, qui peuvent être utilisées pour fabriquer du fromage.

    « L’approbation réglementaire est une bonne nouvelle pour l’industrie, car une fois que la première entreprise obtient l’approbation, il est plus facile pour les deuxième et troisième entreprises d’obtenir leur approbation, ce qui nous permet de développer le marché plus efficacement », a déclaré le Dr. Afergan. « Nous avons conclu un accord de développement conjoint avec le groupe Strauss et nous prévoyons de lancer des produits ensemble en Israël. »

    En 2022, le gouvernement a déclaré que la FoodTech était l’une des cinq nouvelles priorités nationales pour lesquelles des investissements importants seront réalisés au cours des cinq prochaines années. Au début de l’année, l’Autorité de l’Innovation israélienne (IIA) a lancé un appel à propositions pour la construction d’installations de recherche et de développement utilisant la technologie de fermentation de précision pour le développement de protéines alternatives, afin de maintenir l’avance du pays dans ce domaine. Le budget total pour toutes les propositions approuvées s’élèvera à 50 millions de shekels.

    « J’espère qu’il s’agira d’un premier pas vers la construction d’installations de production en Israël », a déclaré le Dr. Afergan.

    L’année dernière, Israël s’est classé deuxième après les États-Unis en matière d’investissements dans les protéines alternatives, les start-ups locales dans ce domaine ayant levé quelque 454 millions de dollars de capitaux, selon un rapport du Good Food Institute (GFI) Israël, une organisation à but non lucratif qui cherche à promouvoir la recherche et l’innovation dans la FoodTech.

    #Lait #FoodTech #danone #Imagindairy #dmv #activia #aptamil #Evian #wilk #technologie_cellulaire #R&D #remilk #protéines alternatives #vaches #ersatz #alimentation #capitalisme

    Source : https://fr.timesofisrael.com/danone-investit-dans-imagindairy-pour-les-produits-laitiers-sans-l

  • [Fade to Pleasure ] #192.4 w/ Snooba
    https://www.radiopanik.org/emissions/ftp/1924-w-snooba

    La musique pour ressentir les sensations que la vie ne nous apporte pas.

    Weekly Broadcasted & hosted by Snooba on Panik (Brussels-Be) Woot (Marseille) Grenouille (Marseille) Canal B (Rennes-Fr) C’rock (Vienne-Fr) Louiz Radio (Belgique-Louvain la neuve) You #fm (Mons-Be) Woot (Marseille) Campus FM (Toulouse-FR)

    Ftp 192

    Reid Willis Cast Your Net Over A Torn Earth (new single)

    ECHT! Cheesecake

    the Orielles Tableau 001

    Golden Boogie Connection Dull Grey

    Jakobin Domino One Of A Kind

    Batida Tem Dor (Africa de Itamaracá) (Rosario Remix)

    Fairplay Latlal Hyenah Remix

    Felix Laband Derek And Me (Shahrokh Dini Remix) [Only Good Stuff]

    Feiertag Didn’t Know Why (You Lost Your Soul)

    Anja Schneider Before We Meet Again

    Sumsuch &Will Brock Don’t Know Where I’m Going (Gavin Boyce Dub) (...)

    #philosophie #poetry #mix #electro #errance #trap #dj #chill #rap #afro #futurism #food #deep #down_tempo #drill #trip #uk #cloud #amalgam #smooth #mood #monday #no_boundaries #sunday #philosophie,poetry,mix,electro,errance,trap,dj,chill,rap,afro,futurism,food,deep,down_tempo,drill,trip,uk,cloud,amalgam,smooth,fm,mood,monday,no_boundaries,sunday
    https://www.radiopanik.org/media/sounds/ftp/1924-w-snooba_15733__1.mp3

  • [Fade to Pleasure ] #191.4 w/ Snooba
    https://www.radiopanik.org/emissions/ftp/1914-w-snooba

    L’horizon souligne l’infini.

    La compilation ONE NIGHT STANDS 3eme volume, compilé par golden bug pour #labelle musique. et de laquelle on extirp Jakomoa & alan Braxe vs Yvonne la nuit

    Une combinaison alliant space dubs, #pop synthettique, pas de danse, rythmes tribaux entre autres experimentations. Nous avons deux exemplaires vinyls à vous offrir, en nous envoyant un courrier électronique via contrebande@gmail.com avec votre adresse postale.

    Dans notre #errance, couleur saumon : Le duo Fred and luna et leur E.P Im Fünfminutentakt sur compost, Joyce Muniz, Ascendant Vierge qui seront le 24’ mai à l’ancienne belgique, le 26 mai à l’antipode à Rennes, le 23 septembre au bikini à toulouse, ou encore Cindy pooch sur infiné ou eva lucidity sur 8D.

    Weekly Broadcasted & hosted by Snooba on (...)

    #philosophie #poetry #mix #electro #trap #dj #chill #rap #afro #futurism #food #deep #down_tempo #drill #roman #trip #uk #cloud #amalgam #smooth #fm #mood #monday #no_boundaries #sunday #infiné #electricity #philosophie,pop,poetry,mix,electro,errance,trap,dj,chill,rap,afro,futurism,food,deep,down_tempo,drill,roman,trip,uk,cloud,amalgam,smooth,fm,mood,monday,no_boundaries,sunday,infiné,electricity,labelle
    https://www.radiopanik.org/media/sounds/ftp/1914-w-snooba_15693__1.mp3

  • [Fade to Pleasure ] #190.4 w/ Snooba
    https://www.radiopanik.org/emissions/ftp/1904-w-snooba

    Echapper à sa propre chronologie est une joie que donnent les rêves.

    Weekly Broadcasted & hosted by Snooba on Panik (Brussels-Be) Woot (Marseille) Grenouille (Marseille) Canal B (Rennes-Fr) C’rock (Vienne-Fr) Louiz Radio (Belgique-Louvain la neuve) You #fm (Mons-Be) Woot (Marseille) Campus FM (Toulouse-FR)

    Ftp 190

    The breakfast club Swim #deep

    Micatone Where Do You Belong [Sonar Kollektiv]

    Alina Bzhezhinska Fire [BBE Music]

    Alina Bzhezhinska Fire (We Are The Horsemen Remix) [BBE Music]

    Gledd Dada Ho (Original #mix) [Cacao Records]

    Hyenah x G-Wash10 Rain Queen (Masšh Remix) [RISE MUSIC]

    Hyenah & Ernesto & The Basement Gospel The Rite (Santiago Garcia Remix) [RISE MUSIC

    Moojo & Demayä lotus

    Grant Dell, Tennant Wicked People (Dub) [Only Good Stuff]

    Principleasure Nur Nur (...)

    #philosophie #poetry #electro #errance #trap #dj #chill #rap #afro #futurism #food #down_tempo #drill #trip #uk #cloud #amalgam #smooth #mood #monday #no_boundaries #sunday #philosophie,poetry,mix,electro,errance,trap,dj,chill,rap,afro,futurism,food,deep,down_tempo,drill,trip,uk,cloud,amalgam,smooth,fm,mood,monday,no_boundaries,sunday
    https://www.radiopanik.org/media/sounds/ftp/1904-w-snooba_15649__1.mp3

  • [Fade to Pleasure ] #198.4 w/ Snooba
    https://www.radiopanik.org/emissions/ftp/1984-w-snooba

    Il devait être plus facile d’accepter le rien que de jouer avec les infinis possibles du quelque chose. Insect O, Jackie Mendoza sur zzk, la compilation radio mawimbi, sous le soleil d’été avec Tryangle man, ou le phénix de Crécy et son boom bass concept. -

    FTP 189

    Felix Laband The Soft White Hand Remix EP Part 1-Seconds Ago Coldcut Just Say No Remix

    Pekojdinn Ch3eb

    Gabelo Wokunyeya (Midnight Ravers Remix)

    the alma negra live band alma negra san jon mehmet aslan soca dub remix

    De Mthuda Sino Msolo ft Ndoni Nodoli

    Thundercat Fair Chance Floating Points

    Anna Lunoe Genesis Owusu Back Seat (Chris Lorenzo Remix)

    WE DONT Outfinity

    Tryangle Man Lost Chronicles

    Tryangle Man Sous le Soleil d Été

    Boombass YYYOU DON T KNOW

    Reel People Dance In Her Eyes (feat. Chantae Cann & Dayne Jordan)

    Cool (...)

    #philosophie #poetry #mix #electro #errance #trap #dj #chill #rap #afro #futurism #food #deep #down_tempo #drill #trip #uk #cloud #amalgam #smooth #fm #mood #monday #no_boundaries #sunday #philosophie,poetry,mix,electro,errance,trap,dj,chill,rap,afro,futurism,food,deep,down_tempo,drill,trip,uk,cloud,amalgam,smooth,fm,mood,monday,no_boundaries,sunday
    https://www.radiopanik.org/media/sounds/ftp/1984-w-snooba_15605__1.mp3

  • [Fade to Pleasure ] #188.4 Ft Snooba
    https://www.radiopanik.org/emissions/ftp/1884-ft-snooba

    Le rêve est le reflet des ondulations de la vie inconsciente sur le plafond de l’imagination. ...

    Au sein de notre excursion, couleur saumon pour la traduction : Sharock dini sous compost, entre la californie et Tijuana avec Jackie mendoza, épaulée par les argentins de zzk, Bie brao revisité par Julian gomes, Planète euphorique avec Roza Terenzi & #dj Zozi ..

    Ftp 188

    Rachel Lyn Therefore the Time Stops Stay true vol V

    Jackie Mendoza Oh Cielos Zzk rec.

    B bravo lifted julian gomes remix

    Eddie chacon holy hell mndsgn remix

    Fred again headieone Gang

    Sleaford mods extnddntwrk little bits

    Toumba petals

    Mor elian diva test cicada #mix original

    dj Python be si to

    Roza Terenzi & DJ Zozi G step

    Gemi redders sam binga oh my gosh gemi rmx

    Fritz helder Shadow child wait shadow child remix (...)

    #philosophie #poetry #electro #errance #trap #chill #rap #afro #futurism #food #deep #down_tempo #drill #trip #uk #cloud #amalgam #smooth #fm #mood #monday #no_boundaries #sunday #philosophie,poetry,mix,electro,errance,trap,dj,chill,rap,afro,futurism,food,deep,down_tempo,drill,trip,uk,cloud,amalgam,smooth,fm,mood,monday,no_boundaries,sunday
    https://www.radiopanik.org/media/sounds/ftp/1884-ft-snooba_15558__1.mp3

  • [Fade to Pleasure ] #186.4 ft Snooba
    https://www.radiopanik.org/emissions/ftp/1864-ft-snooba

    Tastefully curated with Moresounds, Gerd Palm, Fred again, Yoofee, D Roots, Emeka ogboh , ...

    Weekly Broadcasted & hosted by Snooba on Panik (Brussels-Be) Woot (Marseille) Grenouille (Marseille) Canal B (Rennes-Fr) C’rock (Vienne-Fr) Louiz Radio (Belgique-Louvain la neuve) You FM (Mons-Be) Woot (Marseille) Campus FM (Toulouse-FR)

    Ftp 186

    Gen-y get off my d

    Moresounds soundclash style

    Moresounds we rule

    Skrillex Rumble Ft Fred again Flowdan

    Wiki & subjxct 5 mista

    Yoofee I know

    Wyatt marshall automatic system

    D roots down to the roots

    Padoa rba

    Emeka ogboh verbal drift.

    Toumba hazzeh

    Jhon Alejandro Vitam

    Gerd Palm Leaves Mr Fingers Afropsychojungledub #mix Larry Heard

    The Lahaar Doin’ It (feat. Mara (...)

    #philosophie #electro #errance #trap #dj #rap #afro #food #deep #drill #uk #amalgam #smooth #mood #philosophie,mix,electro,errance,trap,dj,rap,afro,food,deep,drill,uk,amalgam,smooth,mood
    https://www.radiopanik.org/media/sounds/ftp/1864-ft-snooba_15472__1.mp3

  • Longtemps tu as pensé que la cuisine libanaise était une des meilleures du monde. Et puis on t’a fait découvrir la vidéo Tiktok aux 11 millions de vues de « Dr Food ».
    https://www.tiktok.com/@drfood.worldwide/video/7184856715257449730?is_copy_url=1&is_from_webapp=v1&lang=fr

    (Après, pour être honnête, en dehors des lentilles de contact qui font les yeux bleu-électrique, il n’y a pas de trucs aussi choquant que ça dans les autres vidéos.)

  • Instagram : la foire aux vanités

    Deux milliards d’utilisateurs actifs chaque mois, 100 millions de vidéos et photos partagées quotidiennement : lancé à l’automne 2010, au cœur de la Silicon Valley, par Kevin Systrom et Mike Krieger, deux étudiants de l’université de Stanford, le réseau Instagram a connu une ascension fulgurante. Surfant sur le développement de la photographie sur mobile, l’application, initialement conçue pour retoucher (grâce à ses fameux filtres) et partager des clichés, attire rapidement des célébrités et attise la convoitise des géants du numérique. En 2012, Mark Zuckerberg, le patron de Facebook, qui flaire son potentiel commercial, la rachète pour la somme faramineuse de 1 milliard de dollars. La publicité y fait son apparition deux ans plus tard, favorisant l’explosion du marketing d’influence. Désormais, les marques se tournent vers les personnalités les plus suivies pour promouvoir leurs produits. Les stars aux millions d’abonnés, comme Cristiano Ronaldo ou Kim Kardashian, engrangent des revenus astronomiques, tandis qu’au bas de la hiérarchie, soumis à une concurrence impitoyable, les « nano-influenceurs » se contentent de contrats payés en nature ou d’avantages promotionnels. Transformé en gigantesque centre commercial, le réseau abreuve ses utilisateurs de visions modifiées de la réalité, entre corps jeunes et dénudés, spots touristiques aussitôt pris d’assaut et images esthétisées de nourriture, labellisées « food porn ». Conséquences : les opérations de chirurgie esthétique se multiplient chez les jeunes, enrichissant des praticiens peu scrupuleux, tandis que l’anxiété et la dépression progressent de façon inquiétante chez les adolescents, particulièrement perméables à ces idéaux standardisés.

    https://www.film-documentaire.fr/4DACTION/w_fiche_film/66132_0

    #film #documentaire #film_documentaire
    #réseaux_sociaux #Instagram #drogue #beauté #fanbook #Mark_Zuckerberg #esthétique #marketing_d'influence #influencer #foll-ow #mise_en_scène #fast_fashion #mode #corps #algorithme #nudité #misogynie #standardisation #dysmorphie #santé_mentale #chirurgie_esthétique #décès #food_porn #estime_de_soi #reconnaissance

  • Hécatombe dans la Tech : plus de 130.000 licenciements en 2022 Sylvain Rolland - La Tribune
    https://www.latribune.fr/technos-medias/internet/hecatombe-dans-la-tech-plus-de-130-000-licenciements-en-2022-940762.html

    Après des licenciements chez Meta (Facebook), Snap, Twitter, Stripe, Uber ou encore #Salesforce, Amazon pourrait lui aussi renvoyer plus de 10.000 salariés dans le monde, d’après la presse américaine. Si le plan social du géant du e-commerce était confirmé, plus de 130.000 emplois auront été supprimés dans le secteur de la tech en 2022.

    A eux seuls, les cinq Gafam - Google, Apple, Facebook devenu Meta, Amazon et Microsoft - ont perdu 1.500 milliards de dollars de valorisation cette année. (Crédits : DADO RUVIC)
    A chaque semaine son plan social massif dans la tech. Au début du mois, le nouveau Twitter dirigé par Elon Musk annonçait 3.700 licenciements dans le monde, soit plus de 50% des effectifs de l’entreprise. La semaine suivante, Meta ( #Facebook, #Instagram, #WhatsApp) lui a emboîté le pas avec 11.000 suppressions d’emplois (13% des effectifs). Cette semaine, c’est au tour d’Amazon de se joindre au cortège macabre : d’après le New York Times , le numéro un mondial du commerce et ligne et du cloud s’apprête à se séparer de 10.000 employés. A qui le tour la semaine prochaine ?

    Plus de 131.000 licenciements dans la tech en 2022
    Si les plans sociaux des géants de la tech font les gros titres, le phénomène touche tout le monde, jusqu’à la petite startup. Au 15 novembre, plus de 121.400 emplois ont été supprimés dans 789 entreprises tech, d’après le décompte du site Layoffs.fyi https://layoffs.fyi . Dès qu’Amazon confirmera son plan social, ce total dépassera les 131.400 suppressions d’emplois, pour 790 entreprises. Ce chiffre est même certainement sous-évalué, puisqu’il se base uniquement sur des chiffres annoncés par les entreprises, certaines n’ayant certainement pas communiqué sur leurs réductions d’effectifs.

    A titre de comparaison, le record de suppressions d’emplois lors de l’éclatement de la bulle internet de 2000-2001 est largement dépassé : cette première grosse crise du secteur technologique avait engendré le licenciement de 107.000 personnes. Toutefois, la taille du secteur en 2022 n’a rien de comparable. Comme les chiffres sur la situation de l’emploi mondial dans la tech en 2001 manquent, il faut prendre la comparaison avec des pincettes , et ne pas oublier que 131.400 emplois en 2022 représentent une part beaucoup plus faible du total des emplois tech que les 107.000 poste supprimés de 2001.

    Cette année, les entreprises qui ont le plus licencié sont Meta (11.000 emplois) puis Amazon (10.000), #Uber (7.300 en mai), #Gettir (4480 en mai), #Booking.com (3.775 en juillet) et Twitter (3.700 en novembre). D’après le décompte, 34 entreprises ont effectué des plans sociaux d’au moins 1.000 salariés, dont #Shopify (1.000), #Stripe (1.000), #Yelp (1.000), #Lyft (1.682), #Airbnb (1.900) ou encore #Salesforce (2.000). Près de 400 grosses startups ont supprimé entre 100 et 1.000 postes.

    Proportionnellement au nombre d’employés, plus de 300 entreprises ont perdu au moins 30% de leur force de travail cette année. Parmi les géants de la tech, #Twitter (50%), #Groupon (44%) ou encore #Magic_Leap (1.000 suppressions soit 50%) sont les plus touchés. Au niveau des secteurs, tous sont touchés mais ceux de la crypto et de la finance ont particulièrement dégusté : 30% des emplois supprimés pour #Crypto.com, 27% pour #Bitpanda, 25% pour #Blockchain.com et 20% pour #Coinbase, entre autres, du côté des crypto ; 90% pour #ScaleFactor, 50% pour #Renmoney, 42% pour #Fundbox, 27% pour #Bolt, 23% pour #Robinhood, 10% pour #Klarna, entre autres, du côté des #fintech. Les startups dans la #foodtech, l’éducation, la santé, les transports ou le marketing ont aussi été très impactées.

    La tech avait aussi du gras à couper *
    Cet hiver de la tech -cune référence à la série Game of thrones et son fameux "winter is coming"c-, est la preuve que le secteur n’est pas insensible à la conjoncture de l’économie mondiale. Si les startups ont été les grandes gagnantes de la crise du Covid-19, qui a accéléré la transformation numérique de tous les secteurs d’activité, comme le reste de l’économie, les voilà rattrapées par le retour de l’inflation, l’explosion des taux d’intérêts, la crise de l’énergie et de ravitaillement en matières premières, ou encore les conséquences de la guerre en Ukraine.

    Alors que les valorisations des entreprises tech avaient explosé depuis 2020, les géants du secteur subissent depuis quelques mois une forte correction en Bourse. A eux seuls, les cinq #Gafam - #Google, #Apple, #Facebook devenu #Meta, #Amazon et #Microsoft - ont perdu 1.500 milliards de dollars de valorisation cette année. Par effet ricochet, la valorisation des #startups, qui avait atteint des niveaux délirants, chute lors des levées de fonds, entraînant des difficultés nouvelles pour les entrepreneurs. De leur côté, les fonds d’investissement réalisent moins de deals, prennent davantage de temps pour clôturer ceux qu’ils mènent à bien, et se montrent plus frileux, d’autant plus que leurs propres investisseurs tendent à privilégier des investissements moins risqués que la tech avec le relèvement des taux d’intérêts.

    Pour certaines entreprises, notamment les très grosses startups et les géants comme Amazon, Meta ou Snap (1.200 employés licenciés soit 20%), la correction paraît particulièrement violente. Mais c’est aussi parce qu’il y avait du gras à couper. Chez #Snap comme chez #Meta, les dirigeants ont taillé dans les divisions annexes pour se concentrer sur le cœur du business.

    De son côté, Amazon, par exemple, avait embauché à tour de bras pendant la pandémie pour répondre à l’explosion de la demande : son personnel mondial a doublé entre début 2020 et début 2022. D’après le New York Times, les postes visés par les réductions d’effectifs seront situés dans le département Amazon Devices (les appareils électroniques équipés de l’assistant vocal #Alexa ou encore les liseuses #Kindle ), dans la division de vente au détail, ainsi que dans les ressources humaines.

    • Amazon : 18 000 licenciements annoncés
      https://journal.lutte-ouvriere.org/2023/01/11/amazon-18-000-licenciements-annonces_467573.html

      Après le milliardaire de Tesla, Elon Musk, #Jeff_Bezos a lui aussi subi une dégringolade du cours de ses actions et perd 100 milliards de dollars depuis le 1er janvier. Résultat : il vient lui aussi d’annoncer un plan de 18 000 #licenciements dans le monde.

      Il a suffi de l’annonce d’une légère baisse de ses activités, et donc ensuite d’une possible légère baisse des #dividendes, pour assister à cette dégringolade de plus de moitié du cours des actions d’Amazon en un an, soit 1000 milliards de dollars de capitalisation. Dans ces circonstances, Bezos recourt à l’annonce de licenciements massifs, qui devrait faire revenir vers lui l’argent des « investisseurs ».

      Les problèmes des salariés jetés à la rue ne sont pas un paramètre qui compte dans les calculs financiers des milliardaires. C’est le travail des centaines de milliers de salariés du groupe, mal payés, avec de conditions de travail exténuantes, qui fait monter jusqu’au ciel la fortune de Bezos, devenu l’homme le plus riche du monde. Aujourd’hui ceux qu’il menace de licenciement ont toutes les raisons de faire payer ce capitaliste qui possède encore en propre près de 100 milliards de dollars.

  • La Troisième révolution industrielle des Mulliez artificialise la vie (la vraie) Chez Renard - Tomjo
    https://chez.renart.info/?La-Troisieme-revolution-industrielle-des-Mulliez-artificialise-la-vie

    Après le textile et la grande distribution, la famille roubaisienne réunie autour de Gérard Mulliez investit fort dans le photovoltaïque. Sa multinationale Voltalia transforme déjà, dans vingt pays, la terre des paysans en champs de panneaux solaires. Partout où elle s’implante, du Brésil à l’Aveyron, des voix s’élèvent contre cette « transition énergétique » qui dévore et défigure forêts, bocages et pâturages. A l’artificialisation des terres par ses centres commerciaux et usines renouvelables, la Famille répond par des protéines de laboratoire et des serres automatisées. A chaque problème, sa fuite en avant, pilotée par le fonds d’investissements familial Creadev. Voilà la « Troisième révolution industrielle » initiée dans la région par les Verts il y a dix ans, amplifiée par Xavier Bertrand et Gérard Mulliez à leur suite.


    Centrale agrivoltaïque de Voltalia à Cabanon, France.

    Parmi les méfaits de l’Association familiale Mulliez (Auchan, Decathlon, Norauto, Leroy Merlin, etc), si on ne regarde que le climat, et pour celui-ci uniquement le carbone, le groupe émet trois millions de fois plus de CO2 qu’un ménage moyen [1]. Devant cette mauvaise presse, Auchan et Decathlon multiplient à la hâte les montages techniques et financiers pour ne consommer à terme que des énergies renouvelables, qu’ils font produire par la boîte de leur groupe familial, Voltalia.

    La grande famille de la Transition
    Née en 2005 en Guyanne française, rachetée en 2009 par Mulliez, Voltalia est aujourd’hui présidée par Laurence Mulliez et l’habile André-Paul Leclercq, membre de la Famille. Ce dernier, après trente années au service d’Auchan et Decathlon, est élu en 2015 au Conseil régional des Hauts-de-France près Xavier Bertrand. Il siège en son nom à « Picardie Énergie et Développement durable », un fonds d’investissements pour « l’émergence et le renforcement de filières régionales liées au secteur énergétique » ; il vote pendant six ans les budgets de la Troisième révolution industrielle, dont ceux pour le solaire [2] ; puis il quitte ses fonctions en 2021 pour rejoindre, dans une démarche « people and planet [3] », le conseil d’administration de Voltalia. Une affaire rondement menée.

    Avec la Troisième révolution industrielle, on vous parle d’un temps que les Jeunes pour le climat ne peuvent pas connaître. En ce temps-là, circa 2012, Jean-François Caron et les autres élus Verts de la Région invitent le prophète américain Jeremy Rifkin à élaborer un Plan de transition économique fondé sur le renouvelable et les réseaux électriques intelligents. Libération le présente alors comme le « trait d’union entre les écolos chevelus et les patrons », et le dégarni Caron, toujours maire de Loos-en-Gohelle (62), ajoute que « Ce n’est pas un écolo avec du persil dans les oreilles. Il y a avec lui un effet de séduction et d’efficacité. Il crée du désir. Quand Bouygues fait de l’écoconstruction et EDF des énergies renouvelables, ça me va [4]. »

    Dix ans plus tard, si désir il y a, ce n’est pas dans les campagnes et les forêts où Voltalia pose ses panneaux solaires. En France ou au Brésil, les populations s’élèvent systématiquement contre leurs destructions. En Angleterre, Voltalia parvient presque à se mettre la reine à dos.

    Vendre et partir


    Centrale photovoltaïque Voltalia de Sierra Branca, Brésil

    Voltalia vient d’annoncer la construction de la plus grande usine photovoltaïque et éolienne du monde, dans l’État de Rio Grande do Norte, au Brésil. Cet État au bord de l’océan Atlantique, couvert de 530 000 hectares de forêt primaire, et peuplé de ces communautés autochtones qui font sa richesse, est depuis cinq siècles la proie des colonisateurs. D’abord les Portugais, puis les Français, puis les Hollandais, puis encore les Portugais. C’est pourquoi les paysans dénoncent le « racisme écologique », quand ils voient débarquer Voltalia [5]. L’entreprise arrive d’abord en missionnaire du développement durable. Son cinéma solaire et itinérant trimballe dans les villages sa promotion des énergies renouvelables, et projette Le Roi lion aux gamins. Plus tard, les machines écrasent les champs, éventrent les forets, menacent les oiseaux déjà menacés, en dépit des protestations. « Un homme a parlé à mes frères et m’a demandé si nous voulions vendre. Nous ne pouvons pas vendre parce que c’est là que nous vivons. Si nous vendons, où irions-nous ? », demande une habitante de l’État de Bahia, confrontée à un autre projet de Voltalia [6]. Plusieurs associations tentent aujourd’hui de suspendre les travaux, « indignés par l’attitude et le manque de respect de l’entreprise et de l’agence environnementale de l’État [7]. »

    Autre hémisphère, mêmes pratiques. Voltalia vient d’obtenir en Angleterre un marché des plus symboliques : alimenter en énergie solaire la « City », le quartier d’affaires de Londres, avec ses banques, ses salles de marché, sa bourse, ses compagnies d’assurance. Pour ce faire, 200 km plus au sud, Voltalia s’apprête à défigurer la région paisible et bocagère du Dorset avec 150 000 panneaux solaires étalés sur l’équivalent de 140 terrains de foot. Tant pis pour les cultivateurs. « Les agriculteurs récoltaient autrefois la lumière pour faire pousser des céréales, maintenant ils récoltent la lumière pour produire de l’électricité », analyse un conseiller municipal de Spetisbury [8]. C’est qu’il faut se mettre au niveau des exigences de la #COP26 qui vient de se clôturer à Glasgow ! Le Conseil régional du Dorset a reçu des centaines de lettres pour sauver cette « vallée des petites laiteries », comme on la surnomme depuis le XIX° siècle. Parmi elles, celle de l’honorable Campaign to protect rural England, association de défense des campagnes patronnée par Sa Majesté la Reine elle-même. Elle dénonce le « paysage industriel » qui remplacera la bucolique Blackmore Vale, la privatisation et la destruction des chemins, et la fin de l’agriculture sur la zone. Sans doute n’a-t-elle pas intégré les intérêts supérieurs de la « Transition énergétique ».

    En Aveyron, sur le très calcaire causse Comtal, Voltalia est parvenu à se mettre à dos une quarantaine d’associations, des amis de la Terre et des oiseaux, des défenseurs des paysages et monuments, des paysans, des écolos, des opposants aux nuisances renouvelables. Auchan et Decathlon ont promis d’alimenter leurs magasins depuis des centrales du sud-est de la France. Ils ont déjà trouvé 80 hectares sur ce causse, en partie cultivés par un paysan en fermage, prêt à se faire exploitant agro-électrique. Loïc Santiago, opposant au projet et membre de la Confédération paysanne, nous résume la situation des agriculteurs :
    Un fermage agricole se négocie entre 100 et 150 € l’hectare. Les terres louées pour de l’agrivoltaïsme se négocient jusqu’à 2 500 €, vingt-cinq fois plus. L’ ADEME avance qu’il faudra 120 000 hectares de photovoltaïque en France, ce qui correspond à peu près aux annonces de Macron d’installer 100 Gw. Vu le taux d’endettement général des agriculteurs d’un côté, et la rentabilité des installations électriques de l’autre, ils n’auront pas de difficultés à trouver les terres nécessaires. Sachant que cette solution est plus rentable que d’installer les panneaux sur des toits.

    Le syndicat agricole majoritaire, la productiviste #FNSEA, a donné sa bénédiction au modèle « agrivoltaïque », qui prétend faire paître des ruminants sous des panneaux. Reste a savoir si l’herbe y sera aussi verte, ensoleillée et hydratée. Voltalia prétend que l’ombre des panneaux limite l’évapotranspiration et améliore le bien-être des animaux – ce qu’un arbre fait tout aussi bien. D’autres études démontrent plutôt la perte d’un tiers de la biomasse sous les panneaux [9]. Quoi qu’il en soit, la question demeure du genre de travail agricole, de terres, de paysage, de vie, que l’on souhaite.

    Ce modèle est une attaque de l’agriculture paysanne et de notre autonomie. Avec ces panneaux, tu ajoutes à ta dépendance envers les centrales d’achat une autre envers des industriels de l’énergie. L’ironie est qu’ici, ce sont les mêmes ! », note encore Loïc.

    La Foodtech, ou la malbouffe artificielle


    Piscines de protéines de l’entreprise Kingfish, Pays-Bas

    En résumé de la Troisième révolution industrielle des Mulliez : pour sauver la Terre, il faut détruire des terres. La grande distribution sait mieux que quiconque les tensions qui pèsent sur celles-ci, entre stérilisation chimique, canicules, sécheresses, et artificialisation, sous l’effet de ses zones commerciales et parkings. Mais elle a sa solution aux pénuries qu’elle provoque. La société d’investissements Creadev, propriété des Mulliez, multiplie les prises d’intérêts dans les industries de l’alimentation artificielle - et les Hauts-de-France, grâce aux investissements conjoints du groupe régional #Roquette et aux subventions du Plan « France Relance », dominent déjà le marché des substituts protéiniques [10]. La start-up lilloise NxtFood commercialise des steaks saignants à base de légumineuses ultra-transformées. Ynsect, rachetée en 2018 par Mulliez, bâtit près d’Amiens la plus grande ferme verticale du monde, entièrement automatisée, pour y élever des scarabées communs destinés à devenir des croquettes de protéines pour animaux d’élevage. La boîte vient de racheter le néerlandais Protifarm qui propose des recettes aux humains. A quelques kilomètres de là, leur principal « concurrent » est lui aussi une émanation de Creadev : Innovafeed, à Nesle dans la Somme, produit avec l’américain #Cargill des protéines d’insectes pour poissons d’élevage.

    Cette malbouffe s’accompagne d’investissements dans l’agriculture automatisée, urbaine, hors-sol et sous serre. Mulliez a investi, en 2018, 29 millions de dollars dans la firme new-yorkaise Gotham_Greens. Celle-ci avait posé sa première serre hydroponique sur un toit de Brooklyn en 2011, puis dans le Queens, puis à Chicago, Providence, San Francisco, etc. Ces serres urbaines sont « pilotées par les données et climatisées », toujours plus productives grâce aux progrès de « l’apprentissage automatique et de l’analyse des données » pour offrir au consommateur « un produit plus frais et plus délicieux » [11]. Mulliez investit comme ça dans une dizaine d’entreprises de « Foodtech », la malbouffe high tech, que ce soit pour des steaks végétaux ( Growthwell à Singapour, Jackfruit dans le Colorado), ou les usines de poissons et crevettes ( Kingfish aux Pays-Bas, Noray_Seafood en Espagne), nourris aux farines d’insectes qu’il produit par ailleurs.

    Que ce soit avec des centrales renouvelables ou des entreprises de techno-bouffe, la Troisième révolution industrielle des Mulliez leur permet toujours de s’accaparer les terres et détruire les savoir-faire. Qu’en disent les écologistes ? Rien.

    L’enfer vert des Mulliez
    Il est fréquent d’entendre des leaders écologistes déplorer le manque de « prise de conscience » des élus et patrons, et leur « inaction » face aux enjeux climatiques – scénarios et plans de transition à l’appui. L’action de la famille Mulliez, sixième fortune française, prouve pourtant qu’elle agit en conscience.
La Lettre que Voltalia envoie à ses actionnaires deux fois par an leur rappelle le leitmotiv de l’entreprise : « Améliorer l’environnement mondial en favorisant le développement local ». Puis le démontre, chiffres à l’appui : +10 % de gigawatts renouvelables installés au premier semestre 2021 dans le monde, et +78 % de revenus à se partager.

    Le virage écologique ne sera pas le fait d’une opposition très minoritaire, dépourvue de moyens, mais de la bourgeoisie dirigeante, le jour où elle ne pourra faire autrement. Ce seront les divers responsables de la ruine de la terre qui organiseront le sauvetage du peu qui en restera, et qui après l’abondance géreront la pénurie et la survie. Car ceux-là n’ont aucun préjugé, ils ne croient pas plus au développement qu’à l’écologie ; ils ne croient qu’au pouvoir, qui est celui de faire ce qui ne peut être fait autrement.

    Ce constat de Bernard Charbonneau fut maintes fois cité et réédité depuis 1980 [12]. L’inconscience des leaders écologistes devant la Troisième révolution industrielle du Conseil régional et de la famille Mulliez indique que l’on pourra continuer à rééditer Le Feu vert encore quelques années.

    Tomjo
    Notes
    [1] Selon le rapport de Greenpeace et Oxfam « Les milliardaires font flamber la planète et l’État regarde ailleurs », février 2022.
    [2] 27 millions en 2018, par exemple, dont 12 pour les énergies renouvelables. En 2022, le budget de la « T.R.I. » s’élève à 21 millions. Cf. délibérations « FRATRI » du Conseil régional.
    [3] Eco121, 30 avril 2021.
    [4] Libération, 24 décembre 2012. Cf. L’Enfer vert, Tomjo, L’échappée, 2013.
    [5] Rota de Colisão, racismoambiental.net, 30 mars 2022.
    [6] Idem.
    [7] Ibid.
    [8] The Telegraph, 31 décembre 2021.
    [9] « Combiner panneaux solaire photovoltaïque et cultures pour optimiser les surfaces disponibles : vers des systèmes agrivoltaïques », INRA Montpellier, 2011.
    [10] « Le marché des protéines en Hauts-de-France », Nord France Invest, non daté, vérifié le 7 juillet 2022.
    [11] Voir le site de Gotham Greens.
    [12] Le Feu vert, réédité par L’Échappée, 2022.

    groupe #Mulliez #voyoutocratie #Foodtech #malbouffe #Voltalia #Creadev #Pimkie #Kiloutou #Loxam #décathlon #auchan #decathlon #kiabi #capitalisme #norauto #cultura #jules #oosterdam-pimkie #acadie #maison-familiale #happychic #brice #boulanger #agapes #flunch #mobivia #en_vedette #innovation #André-Paul_Leclercq #xavier_bertrand #Brésil #Dorset #Aveyron #ADEME #NxtFood #Ynsect #Protifarm #Innovafeed #Gotham_Greens #Growthwell #Jackfruit #Kingfish #Noray_Seafood

  • Food Timeline: #food #history research service
    https://www.foodtimeline.org/index.html

    Food Timeline Ever wonder how the ancient Romans fed their armies? What the pioneers cooked along the Oregon Trail? Who invented the potato chip...and why? So do we!!! Food history presents a fascinating buffet of popular lore and contradictory facts. Some experts say it’s impossible to express this topic in exact timeline format. They are correct. Most foods are not invented; they evolve. We make food history fun.

  • Quand les présidences tournantes de l’Union européenne sont sponsorisées par des multinationales
    https://multinationales.org/Quand-les-presidences-tournantes-de-l-Union-europeenne-sont-sponsor

    Des réunions entre ministres européens avec des bouteilles de #Coca-Cola bien en évidence. Des sites web officiels où les symboles de l’Union européenne se mélangent avec les logos de #sponsors. Des diplomates baladés en #BMW ou en #Renault devant les caméras. Inconcevable, mais vrai : depuis quelques années, l’habitude s’est installée de faire sponsoriser la présidence tournante de l’Union européenne par des grandes entreprises. La France, qui s’apprête à prendre cette présidence pour 6 mois en janvier 2022, n’a pas exclu d’avoir recours elle aussi à des #mécènes privés. L’Observatoire des multinationales s’associe à une pétition lancée par #Foodwatch et #Corporate_Europe_Observatory pour exiger qu’elle y renonce.

    Le 1er janvier prochain, la France prendra pour six mois la Présidence tournante de l’Union européenne. La dernière présidence française remonte à 2008, et le président Emmanuel Macron ne cache pas sa volonté d’en faire une plateforme en vue de sa réelection, dans le cadre de la campagne électorale du printemps prochain.

    Entre-temps, une étrange pratique s’est installée : les États membres qui assurent tout à tour, tous les six mois, le leadership de l’Union européenne ont pris l’habitude faire sponsoriser leur présidence par des grandes entreprises.

    En 2017, la présidence de l’Estonie était sponsorisée par #Microsoft, #Mercedes et BMW, et celle de Malte par les mêmes BMW et Microsoft, plus la compagnie aérienne nationale #Air_Malta. En 2018, la présidence autrichienne de l’Union était sponsorisée par #Porsche, #Audi, Microsoft et quelques autres. En 2019, la Roumanie a fait appel à Coca-Cola, Renault et Mercedes, et la Finlande à BMW. En 2020, la Croatie a accepté les cadeaux de #Peugeot #Citroën et d’une compagnie pétrolière, INA. En 2021, le Portugal a fait sponsoriser sa présidence par plusieurs entreprises nationales, dont l’entreprise papetière The Navigator Companies. Seule exception : l’Allemagne, qui a renoncé en 2020, sous pression de la société civile, de recourir à ce type de sponsorship pour sa présidence.

    Les présidences de l’Union européenne doivent-elles être réduites au même triste sort que les grands événements sportifs ou culturels dans le monde d’aujourd’hui : celui de support pour les #logos de grandes #multinationales ? Au-delà de la publicité offerte à bon marché à leurs produits pas toujours très vertueux (boissons sucrées, voitures individuelles, pétrole), le #sponsoring privé des présidences de l’UE offre à des entreprises comme Renault ou Coca-Cola un accès privilégié aux décideurs, pour mieux faire passer leurs idées et leurs priorités et imposer leur agenda politique.

    La pratique du sponsoring des présidences est décriée de toutes parts : par la société civile, par la Médiatrice de l’Union européenne, et jusque dans les rangs des députés européens macronistes, qui ont demandé au gouvernement français de ne pas y avoir recours. Pourtant, l’option est clairement à l’étude. Au printemps dernier, le secrétaire d’État aux affaires européennes Clément Beaune déclarait à Mediapart : « Il n’y aura pas de financement privé de la présidence, pas de ’sponsorship’. Le seul débat que l’on ouvre, et qui sera mené de manière transparente, c’est de savoir si, sur des sujets ponctuels, il peut y avoir un soutien matériel. Je prends un exemple très concret : qu’un constructeur automobile français prête des voitures électriques pour un événement, parce que cela rentre par ailleurs dans nos priorités pour le climat. C’est le maximum que l’on s’autoriserait, en termes d’implication du monde de l’entreprise. »

    Cette distinction entre soutien financier et soutien en nature est parfaitement hypocrite : la plupart des sponsors passés des présidences tournantes de l’UE ont eux aussi apporté leur soutien en nature. C’est précisément ce qui les intéresse : pouvoir placer leurs produits.

    Toute forme de sponsoring privé des présidences de l’Union européenne est inacceptable. L’#Observatoire_des_multinationales s’associe à Foodwatch et à l’ONG bruxelloise Corporate Europe Observatory pour lancer une pétition en ligne demandant à la France d’être exemplaire et d’envoyer un message fort aux citoyen.nes et aux autres États membres en refusant ces accords douteux, qui n’ont pas leur place dans notre démocratie.

    -> Pour signer la pétition c’est ici : https://www.foodwatch.org/fr/sinformer/nos-campagnes/politique-et-lobbies/lobbies-et-multinationales/presidence-francaise-UE-non-aux-cadeaux-des-entreprises

    #ue #union_européenne #publicité

  • Plus d’une centaine de livreurs licenciés du jour au lendemain à Genève Delphine Gianora et Céline Brichet/aes
    https://www.rts.ch/info/regions/geneve/12149924-plus-dune-centaine-de-livreurs-licencies-du-jour-au-lendemain-a-geneve.

    Suite à un litige entre deux sociétés, plus d’une centaine de livreurs viennent d’être licenciés à Genève, un épisode qui démontre la vulnérabilité de ce type d’emplois en ces temps de pandémie.

    Pour répondre à la demande qui explose depuis le début de la pandémie, plusieurs centaines de livreurs ont été engagés en masse, avec des contrats souvent temporaires.

    Mais il y a trois semaines, une centaine d’entre eux ont été licenciés du jour au lendemain, victimes d’un litige entre les sociétés qui les emploient. Ils étaient en effet engagés par le sous-traitant AlloService pour le compte de la plateforme Smood.

    Interrogé au 19h30, l’un d’entre eux témoigne des conditions précaires rencontrées dans cet emploi : « Il y a beaucoup de questions sans réponses, au niveau des heures travaillées, du paiement des pourboires. On a essayé de faire des retours, mais sans avoir reçu de réponse ».

    Litige lié à l’introduction du salaire minimum.
    AlloService adapte alors ses contrats, mais aucun accord n’est trouvé avec Smood. Le sous-traitant paie donc la différence. Estimant ses pertes à plus de 120’000 francs, il rompt alors le contrat qui le lie à Smood. Une procédure de licenciement collectif est lancée.

    Smood dément toutefois l’existence de tout litige. L’entreprise a répondu par écrit à la RTS : « AlloService est un prestataire de transport qui semble connaître des difficultés. Des discussions sont en cours et Smood est dans l’attente d’un retour de ce prestataire. S’agissant des pourboires, ceux-ci sont intégralement reversés aux livreurs et une clarification est en cours ».

    Les syndicats inquiets
    Ce cas de licenciement collectif est symptomatique des problèmes de la branche. Les syndicats s’inquiètent de cette précarisation du monde du travail.

    « Notre crainte, c’est qu’en sortant de la pandémie, on ait tout une catégorie d’emplois précaires qui se soient créés au détriment d’emplois protégés par des CCT. Si c’est ça le bilan de la pandémie, il y a des catastrophes sociales qui se préparent pour l’avenir », regrette ainsi le responsable communication de l’Union syndicale suisse Benoît Gaillard.

    Dans le cas de ce licenciement collectif, les syndicats SIT et UNIA ont prévu d’ouvrir une consultation du personnel pour tenter de préserver les emplois.

    En octobre dernier, Genève adopte une nouvelle législation qui oblige tout employeur à verser un salaire minimum de 23,14 francs de l’heure.

    #deliveroo #travail #salaire #salaire_minimum #sous-traitance #licenciements #prestataire #uber #gigeconomy #ubereats #foodtech #amazon #précarité #conditions #livreurs #ubérisation #conditions_de_travail #exploitation #alloService #smood

  • #DuFauxPourDeVrai : plus de transparence sur les fraudes alimentaires !
    https://www.foodwatch.org/fr/sinformer/nos-campagnes/transparence-et-scandales/scandales-alimentaires/petition-fraude-alimentaire

    Poulet gonflé à l’eau, thon avarié injecté d’additifs pour avoir l’air frais, faux miel, tomates espagnoles étiquetées françaises… la fraude alimentaire est partout et ces produits contrefaits, contaminés ou illégaux se retrouvent dans votre assiette.

    L’enquête que mène #foodwatch depuis plusieurs années révèle un business d’ampleur, qui rapporte gros et que les autorités, l’industrie #agroalimentaire et la #grande_distribution connaissent bien.
    Pourtant, le sujet reste tabou en France. Impossible de savoir quels sont précisément les produits concernés, où ils sont vendus, en quelle quantité. Pratiquement aucune information ne transparaît sur les sanctions prises à l’encontre des tricheurs… qui ne sont jamais exposés au grand jour.

    Or nous avons le droit de savoir. Vous avez le droit de savoir.

    Avec nous, exigez ce droit à plus de la transparence. Les ministres de l’économie et de l’agriculture en charge de la qualité de notre alimentation doivent s’engager concrètement contre ces fraudes alimentaires et contre l’opacité : signez et partagez la pétition !

    foodwatch a lancé cette pétition le 25 mars 2021

    Et un #livre

    Manger du faux pour de vrai
    par Ingrid KRAGL


    https://www.babelio.com/livres/Kragl-Manger-du-faux-pour-de-vrai/1312773

    #alimentation #fraude #contamination

  • Couriers say Uber’s ‘racist’ facial identification tech got them fired
    https://www.wired.co.uk/article/uber-eats-couriers-facial-recognition

    BAME couriers working for Uber Eats and Uber claim that the company’s flawed identification technology is costing them their livelihoods Uber Eats couriers say they have been fired because the company’s “racist” facial identification software is incapable of recognising their faces. The system, which Uber describes as a “photo comparison” tool, prompts couriers and drivers to take a photograph of themselves and compares it to a photograph in the company’s database. Fourteen Uber Eats couriers (...)

    #UberEATS #algorithme #Uber #biométrie #racisme #facial #reconnaissance #discrimination #FoodTech #GigEconomy (...)

    ##travail

  • Statut des livreurs : partout en Europe, les plates-formes lâchent du lest
    https://www.alternatives-economiques.fr/statut-livreurs-partout-europe-plates-formes-lachent-lest/00098429

    En France, en Espagne et au Royaume-Uni, plusieurs décisions récentes ont pour effet d’améliorer les droits sociaux des livreurs. La Commission Européenne doit désormais se pencher sur le sujet. Just-Eat annonce vouloir salarier ses coursiers en France, le gouvernement espagnol impose le salariat aux plateformes de livraison et Uber consent à qualifier ses travailleurs de workers au Royaume-Uni… Il semble bien que la bataille initiée par les plateformes de travail contre la législation sociale ne (...)

    #JustEat #Uber #conducteur·trice·s #FoodTech #GigEconomy #travail

  • Contre les géants Deliveroo ou Uber Eats, des livreurs en liberté
    https://www.lemonde.fr/m-le-mag/article/2021/03/12/contre-les-geants-deliveroo-ou-uber-des-livreurs-en-liberte_6072909_4500055.

    A Amiens, Antoine Hosin et ses associés ont créé BeeFast, leur propre plateforme. Une façon pour eux de s’émanciper des cadences infernales imposées par les multinationales. Partout, des initiatives similaires fleurissent. Un vendredi soir à Amiens, par temps d’épidémie. La nuit et le couvre-feu ont vidé depuis 18 heures les rues de la préfecture de la Somme. Sous l’éclairage public, seules quelques ombres, à vélo ou à scooter, battent encore le pavé, le dos bossué par un sac cubique. Au pied de la (...)

    #Deliveroo #UberEATS #FoodTech #GigEconomy #travail

  • Les grands gagnants de « l’économie du confinement »
    https://www.lemonde.fr/economie/article/2021/02/06/covid-19-les-grands-gagnants-de-l-economie-du-confinement_6068977_3234.html

    La crise planétaire a détruit des emplois et asséché des secteurs entiers. Mais elle en a aussi dopé d’autres, enrichissant les actionnaires de multinationales comme Apple, Netflix et Amazon.

    Non, le nouveau coronavirus n’a pas tout asséché ni appauvri. La crise économique est sans nul doute planétaire et historique. L’économie française a plongé de 8,3 % en 2020, selon l’Insee. De surcroît, la récession a détruit 255 millions d’emplois dans le monde, d’après l’Organisation internationale du travail. Le marché de l’automobile est exsangue, et accuse un recul de 15 % aux Etats-Unis et de 25,5 % en France. Les avions sont immobilisés au sol, les salles de restaurant et de cinéma, vides.

    Toutefois, l’année 2020 aura aussi été celle d’une boulimie de dépenses de loisirs numériques et d’une fièvre acheteuse en ligne, à la suite de profonds « changements de modes de consommation », observe Simon Borel, chargé de recherches à l’ObSoCo, société d’études et de conseil en stratégie. Cela tient d’abord aux modes de vie casaniers, à cette injonction de rester à la maison, dans ce « refuge » qui préserve et protège. « L’ultime champ de repli » où nos concitoyens « ont pu agir », relève le sociologue.

    Le domicile est devenu un bureau, une école, un gymnase, une salle de cinéma, mais aussi un restaurant ouvert matin, midi et soir. Partout, le télétravail a dopé les ventes d’ordinateurs (+ 4,8 % en 2020, soit la plus forte croissance annuelle depuis dix ans dans le monde) et asséché les stocks de fauteuils de bureau chez Ikea.

    Les hypermarchés ont été pris d’assaut. Cela a été « une année exceptionnelle », marquée par « une accélération inédite », reconnaît Didier Duhaupand, président du groupement Les Mousquetaires, à la tête d’Intermarché. Dans l’Hexagone, la vente de produits de grande consommation a progressé de 7,7 %, selon Kantar Worldpanel. Du jamais-vu.

    Car la crise a mis hommes et femmes aux fourneaux. Ils ont confectionné des gâteaux et des pains (+ 57 % pour les ventes de levure), à l’aide d’un robot flambant neuf (+ 34 % pour les ventes de modèles multifonctions), et investi dans une boîte Pyrex (+ 30 %) pour transporter leur « gamelle » au bureau. Privés de salles de spectacles, les ménages se sont rabattus sur les téléviseurs. Des grands formats, surtout. Aux Etats-Unis, leurs ventes ont bondi de 19 %.

    Le désœuvrement a aussi été le meilleur ami des éditeurs de bande dessinée (+ 9 % en France), de puzzles (+ 63 % entre janvier et novembre 2020 dans l’Hexagone), des fabricants de skateboard (+ 31 % aux Etats-Unis) et de consoles de jeux. Entre avril et décembre 2020, Nintendo a écoulé 24,1 millions de sa Switch et 31 millions d’exemplaires du jeu Animal Crossing : New Horizons, exutoire favori de nombreux confinés.Retour ligne automatique
    Marchés dopés

    Les adultes se sont, eux aussi, offert de nouveaux jouets. Les ventes de machines à coudre se sont envolées de 70 % chez Singer, atteignant 380 000 unités en France, fin 2020. Black & Decker a également profité de cette petite victoire du « C’est moi qui l’ai fait pendant le confinement » : le chiffre d’affaires du spécialiste de la perceuse était en hausse de 19 % au quatrième trimestre 2020.

    ManoMano, plate-forme de vente de produits de bricolage, a généré 1,2 milliard d’euros de chiffre d’affaires l’an passé, soit 20 % de plus que prévu. Les enseignes de bricolage (+ 4,8 %) et les jardineries (+ 8,1 %) ont bénéficié du « repli sur soi », analyse Laurence Paganini, présidente de la fédération du commerce spécialisé, Procos.

    Les consommateurs ont passé plus de temps sur leur smartphone. Pour trouver l’amour (les revenus de Match Group, propriétaire de Tinder et de Meetic, ont crû de 17 % en 2020), prendre des nouvelles et rire, en dépit de l’actualité. Plus de 2,6 milliards de personnes utilisent quotidiennement Facebook, WhatsApp et Instagram, soit 15 % de plus que fin 2019. L’activité du groupe de Mark Zuckerberg a augmenté de 33 % de septembre à décembre.

    En ville, la crainte d’être contaminé dans un métro ou un bus a soutenu les ventes de vélo, électriques surtout (+ 20 % prévus en 2020)

    Le confinement, la peur, l’angoisse d’être emporté par la pandémie de Covid-19 ont dopé nombre de marchés. A l’automne, 1,7 million de traitements supplémentaires d’anxiolytiques ont été prescrits par rapport aux prévisions initiales, d’après le rapport Epi-Phare en France rendu public à la mi-décembre 2020.

    La mysophobie (crainte extrême de la saleté et des microbes) a, quant à elle, accéléré l’usage du sans-contact lors des paiements par carte bancaire et… les ventes de détergent et lessive chez Procter & Gamble (+ 12 %). En ville, la crainte d’être contaminé dans un métro ou un bus a soutenu les ventes de vélo, électriques surtout (+ 20 % prévus en 2020).

    « Le développement était déjà exponentiel, rappelle Virgile Caillet, délégué général de l’Union Sport & Cycle. La pandémie a accéléré la transition. » Car notre mode de vie à l’ère du Covid-19 a validé des marchés déjà jugés prometteurs.

    Les jeux de hasard en ligne progressent de 40 %, note la Française des Jeux. Et la livraison de repas à domicile aurait « gagné deux à trois ans de développement sur ses plans de marche initiaux », d’après Just Eat en France.Retour ligne automatique
    Plusieurs valeurs boursières battent des records

    Le commerce en ligne a aussi été placé sur orbite. Faute de pouvoir faire du lèche-vitrines, les consommateurs se sont rués sur Internet. En France, le Web représente désormais 13,4 % des ventes, rapporte la Fédération du e-commerce et de la vente à distance, grâce au bond de 32 % des achats de produits physiques. Soit 112 milliards d’euros au total.

    La Toile a recruté partout de nouveaux adeptes : au Brésil (+ 66 %), au Mexique (+ 54 %), en Russie (+ 45 %), mais aussi en Inde (+ 28 %), observe Euromonitor International. Les transporteurs, les fabricants de carton et, bien sûr, Amazon en ont fait leur miel. Pour la première fois depuis sa création, en 1994, le site de Jeff Bezos a généré plus de 100 milliards de dollars de chiffre d’affaires au cours d’un trimestre. L’américain a clos l’exercice 2020 sur 320 milliards d’euros de ventes (+ 38 % par rapport à 2019).

    Les mesures de confinement ont fait « tomber des barrières » sur le marché de la visioconférence, juge Gilles Bertaux, cofondateur de Livestorm, le spécialiste français. Ce média s’est imposé aux employeurs, aux salariés, aux écoliers et aux étudiants. Résultat : la société organise 40 000 événements par mois. Son concurrent, Zoom, revendique près de 400 000 entreprises clientes de plus de dix employés. Son chiffre d’affaires devrait quadrupler, à plus 2 milliards d’euros en 2021.

    La « visio » payante entre aussi dans les mœurs, pour un cours de yoga ou une consultation médicale. Pas moins de 19 millions d’actes réalisés en téléconsultation ont été remboursés par la Sécurité sociale en 2020, dont 8 millions par le biais de Doctolib. Le verrou psychologique de l’abonnement en ligne à un service a sauté.

    Apple revendique désormais 620 millions d’abonnements, soit 140 millions de plus que fin 2019. Netflix, lui, en affiche plus de 200 millions dans le monde (+ 31 % en un an), avec des revenus avoisinant 25 milliards de dollars (20,8 milliards d’euros, + 24 %). Vingt-trois ans après sa création, le site de films et séries approche du seuil de rentabilité.

    Aucun de ces phénomènes n’a échappé à la Bourse. En dépit de la crise économique, plusieurs valeurs, soutenues par la politique très accommodante des banques centrales, battent des records. A commencer par Apple. L’américain a réalisé le plus gros bénéfice trimestriel jamais enregistré par une entreprise privée : 23,8 milliards d’euros fin 2020. La firme pèse dorénavant 2 300 milliards de dollars en Bourse.Retour ligne automatique
    De nombreux investisseurs se sont enrichis

    Le contexte pandémique n’a pas non plus empêché les levées de fonds. Fin 2020, Livestorm a levé 25 millions d’euros. Chez Deliveroo, le montant est encore plus spectaculaire : après avoir bouclé un tour de table de 180 millions de dollars mi-janvier 2021, le britannique vaut désormais 7 milliards de dollars. La plate-forme de livraison se délecte de la fermeture des restaurants : elle a décroché le référencement de 46 000 restaurants, dont la plupart ont été privés d’activité. L’entreprise qui fait rouler 110 000 livreurs file tout droit vers une entrée en Bourse, dès avril. Ce sera au bénéfice de ses actionnaires, des fonds d’investissements, surtout, et… d’Amazon.

    Les sociétés pharmaceutiques ont tiré le meilleur parti de 2020. Du moins celles qui se sont positionnées avec succès sur le vaccin contre le Covid-19

    De fait, la crise a déjà enrichi moult investisseurs, à l’image des actionnaires de Spotify. La capitalisation boursière du champion du streaming musical a doublé, pour atteindre 65 milliards de dollars, à la faveur de la hausse du nombre d’abonnés (+ 24 %, à 155 millions).

    DocuSign fait aussi partie des gagnants. Le leader mondial de la signature électronique (solution sécurisée lors de la conclusion de contrats à distance) a vu son activité franchir le cap du milliard de dollars. Son cours de Bourse a explosé : + 188 % en un an.

    Sans surprise, les sociétés pharmaceutiques ont également tiré le meilleur parti de l’année écoulée. Du moins celles qui se sont positionnées avec succès sur le vaccin contre le Covid-19. Moderna, dont le vaccin est autorisé dans l’Union européenne depuis le 6 janvier, dépasse les 60 milliards de dollars de capitalisation boursière. Lonza, son sous-traitant suisse, en profite : son bénéfice net a connu une hausse d’environ 35 % en 2020.

    Au fil de l’année, le cours de la firme allemande BioNTech, qui a développé avec Pfizer un vaccin à ARN messager, a bondi de 250 %. La fortune de son PDG, Ugur Sahin, s’élève aujourd’hui à plus de 5 milliards de dollars, à en croire Bloomberg. Albert Bourla, directeur général de Pfizer, s’est aussi largement enrichi, lors de la vente de 5,6 millions de dollars d’actions du laboratoire, le 9 novembre 2020, jour de l’annonce de bons résultats préliminaires de son vaccin. Depuis, le groupe estime que celui-ci devrait générer 15 milliards de dollars de ventes en 2021.Retour ligne automatique
    Décryptage : Les 90 % d’efficacité du vaccin de Pfizer, un « résultat extraordinaire » qui pose des questions

    Si les actionnaires de ces entreprises se frottent les mains, qu’en est-il de leurs salariés ? Ont-ils aussi bénéficié de la crise ? Chez Black & Decker, le PDG a adressé un message de remerciement à « chacun » des 53 000 employés pour leur « performance héroïque » et leur a accordé… un jour de congé, lundi 1er février. « On l’a pris », déclare Pierre Rousseau, représentant CFDT au comité européen du groupe, et délégué central des usines françaises, en soulignant qu’« il est certain que les salariés auraient préféré une prime ou une augmentation de salaire ». Un sentiment largement partagé, après une année si particulière.Retour ligne automatique
    Multiples controverses

    Car les représentants du personnel sonnent régulièrement l’alarme. En entrepôt, par exemple, les cadences ont été infernales. Le syndicat SUD note combien les postiers ont été « rincés » par l’explosion du nombre de livraisons assurées par La Poste fin 2020, avec près de 4 millions de colis par jour en France. Depuis l’irruption de la pandémie, l’emballement de la « gig economy », cette économie de petits boulots précaires que symbolisent les livreurs Deliveroo ou Uber Eats, soulève de multiples controverses.

    Just Eat, qui jure prôner un modèle social plus responsable, annonce vouloir recruter 4 500 livreurs en CDI en 2021 dans l’Hexagone. Amazon veille aussi à son image. Accusé au printemps 2020 de ne pas avoir suffisamment protégé ses employés, le site américain a augmenté leur salaire de 2 euros de l’heure, d’avril à juin, puis distribué une prime d’été de 500 à 1 000 euros, et, enfin, reconduit une prime de fin d’année liée au pic d’activité des fêtes.

    Chez Seb, la prime dite Macron a été versée en deux fois à près de 3 900 des 6 000 employés français. Et pour faire face à la hausse d’activité dans ses usines hexagonales et l’envolée de la demande de yaourtières (+ 26 %) et de machines à pain (+ 39 %), le groupe a accordé une prime de 15 euros par jour à ses salariés, entre mars et juin 2020. Au premier trimestre 2021, une « centaine d’intérimaires seront embauchés en contrat à durée indéterminée », précise son directeur des ressources humaines, Dan Abergel.

    Le secteur de la vente en ligne embauche aussi à tour de bras. En France, ManoMano va signer 350 recrutements en 2021, après 200 en 2020. Fin 2021, le site emploiera plus de 1 000 personnes. Amazon, lui, a déjà recruté 400 000 personnes entre janvier et octobre 2020, soit plus de 1 300 par jour en moyenne, dans le monde. L’e-commerçant, qui fait travailler 1,15 million de salariés, figure parmi les premiers employeurs des Etats-Unis, aux côtés de Walmart (2,2 millions). Signe que le Covid-19 n’a pas fini de bousculer le monde de l’entreprise.

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